Fragilità e bisogni in un piccolo territorio: l’esperienza della Caritas di Alghero-Bosa
ALGHERO – Un territorio di circa 100 mila abitanti, con un centro principale come Alghero – enclave catalana in terra sarda, città turistica per eccellenza – e poi altri 39 comuni nel lembo di terra che unisce le province di Sassari, Nuoro e Oristano: Bosa e Macomer sono gli altri due centri più popolosi, in una diocesi che conta 61 parrocchie e si estende su poco più di 2.000 chilometri quadrati. In questo pezzo di Sardegna, costa nord occidentale, la Caritas diocesana agisce, come ovunque in Italia, per aiutare quanti, per i motivi più disparati, vivono una condizione di fragilità. E l’organizzazione di un corso di formazione per giornalisti del ciclo “Raccontare il territorio”, promosso da Ordine dei Giornalisti della Sardegna con Caritas Sardegna, Ucsi Sardegna e Redattore Sociale, è l’occasione per provare a capire, insieme alla Caritas diocesana di Alghero-Bosa, come il bisogno sia presente in questi luoghi e quali risposte arrivano.
“In seguito alla pandemia da Covid 19 – ci racconta Franco Deiana, ex militare in pensione, diacono, oggi direttore di questa Caritas diocesana – abbiamo avvertito nei numeri un immediato aumento del bisogno, che si è mantenuto alto per circa due anni prima di vivere un calo significativo. E’ probabile che questa minore intensità sia stata dovuta all’avvento e all’entrata in funzione a regime del Reddito di cittadinanza, che ha effettivamente fornito un aiuto importante ad una parte di popolazione. Con il risvolto negativo, purtroppo, di allontanare però molte persone, compresi anche giovani, dal cercare lavoro, e non favorendo dunque una corretta ricerca di un impiego”.
Oggi lo strumento del Reddito di cittadinanza non esiste più in quei termini, rimodulato nell'attuale Reddito di inclusione a beneficio di una platea decisamente inferiore. Il tasso di bisogno chiaramente ne risente, ma indipendentemente da come ciò influirà poi a consultivo sui dati statistici che raccontano la povertà in Italia, la percezione che se ne ha qui è che “il livello di povertà sia molto più alto di quello che viene rilevato dai dati dell’Istat”. Anche perché tanti interventi che pure vengono effettuati sfuggono alle rilevazioni e alle statistiche. “Fino ad un terzo del totale”, dice Deiana.
Ad Alghero la mensa Caritas eroga circa 18 mila pasti all’anno, cui si aggiungono i pacchi alimentari e tutti gli interventi attuati dalle singole Caritas parrocchiali. In un territorio che sente viva l’esigenza di dare risposta ad un’emergenza educativa che si manifesta in dispersione scolastica e carenza di formazione, l’intervento della Caritas algherese con il servizio di doposcuola, attivo ormai da lungo tempo, promuove relazioni sociali e un’attenzione specifica ai giovanissimi.
“Il Centro d’ascolto, qui ad Alghero ma anche a Macomer, è una forma non solo di ascolto ma di accompagnamento per le singole persone: è un’attività importante che come operatori Caritas stiamo cercando di rendere sempre più profonda. Le persone vengono a presentarci i loro bisogni e noi le abbiamo sempre considerate proprio come persone alle quali noi possiamo dare qualcosa: ci siamo accorti in realtà che la loro fragilità e voglia di riscatto insegnano molto a noi e l’impostazione che stiamo provando a dare è quella di coinvolgerle sempre di più in uno scambio di relazione reciproco fra noi e loro”.
Anche in questa diocesi la realtà cittadina è sinonimo di maggior bisogno, o almeno di un bisogno che emerge più nettamente: “A Macomer non emerge la fragilità consistente che registriamo ad Alghero, e a Bosa, dove anche a causa del fatto che il centro abitato è molto più piccolo, è più difficile, per una supposta esigenza di riservatezza, che emerga un bisogno forte; stiamo pensando a nuove modalità tramite le quali far capire che la fragilità non deve procurare vergogna e che è possibile fidarsi della Caritas e presentare le proprie sofferenze e le proprie fragilità”.
Anche rispetto all'impegno dei volontari c’è un prima e un dopo Covid. Fino alla pandemia i volontari erano circa 250, calati fino all'ottantina attuali: persone tendenzialmente di età avanzata, molti pensionati. Eppure, laddove coinvolti, anche i giovani e i giovanissimi riconoscono la bontà di un impegno volontario in Caritas: i progetti attuati con due scuole di Alghero e Bosa lo scorso anno, che hanno portato i ragazzi a momenti di formazione generale (il fenomeno della povertà, le sue cause, le modalità per contrastarla) e a momenti di servizio concreto (il servizio in mensa con la condivisione del pasto con gli ospiti, oltre che con altri volontari) dimostrano come il coinvolgimento possa esserci anche per le nuove generazioni.
Una realtà, quella della Caritas, strettamente connessa al territorio che abita, con buoni rapporti con le istituzioni locali e la possibilità di lavorare in rete con assistenti sociali, mondo della scuola, mondo delle imprese e altri enti di terzo settore. Anche sul versante lavorativo, con la presa in carico di utenti che vengono accompagnati in un percorso di avvicinamento al lavoro, a partire da un’analisi dei bisogni formativi: un progetto figlio anch’esso dalla grande rivisitazione portata dal Covid-19 e giunto ormai alla quarta annualità, e che ha portato ad una media annuale di 15 inserimenti lavorativi. Persone che hanno iniziato a provvedere da soli alle proprie esigenze, arrivando perfino – traguardo significativo - all’acquisto della prima casa. Storie di riscatto, storie di relazioni che rendono più unito e coeso un territorio.