Frontex, Hein (Cir): "Risultati se Italia saprà negoziare con governi forti"
Pattuglia Frontex. Pithio - Ogni notte il confine è tenuto sotto controllo dai militari di Frontex: forza multinazionale costituita dall’Europa per controllare il “perimetro“ dell’Unione Europea
ROMA – Molta confusione e polemiche sterili: nella giornata dell’incontro tra il ministro dell’Interno Angelino Alfano e il Commissario europeo agli Affari interni Cecilia Malmström a Bruxelles sul futuro di Mare Nostrum e Frontex, per Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati il dibattito, il dibattito è minato soprattutto da una scarsa volontà politica dei paesi europei di giungere ad un punto comune. “Non si intravede niente di nuovo e non si vede una risposta unitaria europea – spiega Hein -. Ci sono polemiche sull’identificazione, il fotosegnalamento e sull’applicazione del regolamento di Dublino ma sono polemiche molto sterili. Ogni stato accusa l’altro di non fare a sufficienza o di non rispettare appieno i trattati”.
A complicare le cose, secondo Hein, la mancanza di chiarezza su più fronti. “C’è molta confusione nel dibattito. Frontex è un’agenzia di coordinamento e non dispone di per sé di proprie navi, elicotteri o infrastrutture. Coordina operazioni congiunte di forze di vari stati membri. Per questo la risposta della Commissione europea sul budget insufficiente lascia perplessi. Non si capisce perché un’operazione di salvataggio non possa seguire questa stessa linea seguita dal 2006 per il contrasto dell’immigrazione clandestina”. Eppure, tra i documenti ufficiali qualcosa è cambiato. “Col nuovo regolamento Frontex, approvato a primavera - spiega Hein -, c’è un mandato esplicito per quanto riguarda le operazioni di soccorso in mare. C’è la base giuridica. La base finanziaria bisogna trovarla, ma prima di qualunque considerazione operativa bisogna avere la consapevolezza della responsabilità congiunta su quel che succede”. Una risposta unitaria ad una emergenza che tarda ad arrivare, spiega Hein, ma che non è impossibile e lo ha dimostrato l’intervento militare in Libia di tre anni fa e che ha gettato il paese nel caos.
Ma se più nessuno si azzarda a suggerire di aprire campi di prima accoglienza in Libia, in questi giorni è balenata l’ipotesi di poter coinvolgere nella gestione degli arrivi anche Tunisia ed Egitto. Una possibilità che per Hein è abbastanza remota. “Come idea non è sbagliata – afferma Hein -, il problema è che la Tunisia ha paura di infiltrazioni di tipo terroristico dalla Libia. Sappiamo che in questo momento la Tunisia non ha interesse di aprire le porte come fatto nel 2011. Anche l’ipotesi di aprire un corridoio umanitario dalla parte occidentale della Libia per istituire campi di raccolta non sembra trovare accoglienza dalla Tunisia”. Non va meglio in Egitto. “Hanno talmente tanti problemi...- spiega Hein-. Poi non mi sembra che ci siano le condizioni per il rispetto dei diritti”.
La svolta potrebbe arrivare soltanto da decisioni condivise e per Hein non servono neanche nuovi strumenti. “Basta semplicemente avere la volontà politica di dare una risposta europea e quindi di interessare più stati membri a partecipare ad una operazione del tipo Mare Nostrum con un riconoscimento politico di una responsabilità condivisa e quindi anche un finanziamento condiviso”. Al governo italiano, il compito di negoziare gli accordi, soprattutto per quanto riguarda il mutuo riconoscimento dei richiedenti asilo. “Dubito molto che ci possa essere un consenso politico facilmente raggiungibile – chiosa Hein -. Possiamo intravedere un risultato solo se l’Italia sarà in grado di negoziare, non tanto attraverso dibattiti pubblici, soprattutto con i governi forti come quello britannico, tedesco e francese”.(ga)