7 settembre 2015 ore: 11:32
Economia

Funky Tomato, l’azienda caporalato-free che vende il pomodoro in anticipo

Tra Puglia e Basilicata, una piccolissima impresa unisce italiani e migranti e produce il “Pomodoro a filiera partecipata” grazie a 15mila bottiglie di salsa vendute online. “Basterebbe alzare di poco il prezzo del prodotto all’origine per garantire un lavoro dignitoso anche ai braccianti”
Funky Tomato, l’azienda caporalato-free 1
Funky Tomato, l’azienda caporalato-free 1

Walim, chinato sulle piante, taglia i pomodori un grappolo alla volta, con il coltello. Walim ha un contratto di lavoro regolare, e la passata che nascerà da quei pomodori è quasi tutta già venduta, anche da prima che i frutti maturassero sulle piante. Siamo nei campi di San Ferdinando e Palazzo San Gervasio, tra Puglia e Basilicata, la cui produzione è destinata al progetto “Funky Tomato. Pomodoro a filiera partecipata”.

- Grazie alle 15mila bottiglie di salsa, pelati o pomodoro a pezzi acquistate in anticipo da ristoranti, gruppi di acquisto o singole persone, il progetto ha potuto assumere a tempo determinato quattro lavoratori: Yakouba e Walim, entrambi burkinabé, che si occupano prevalentemente della raccolta, insieme ad Anita, una giovane mamma di Cancellara e a Mamadou, senegalese, che lavorano nel laboratorio di trasformazione.

“Speriamo che la sperimentazione di quest’anno possa continuare e ampliarsi, consentendoci di dare stipendi anche alle altre persone che hanno contribuito al progetto. La nostra intenzione non è ricavare profitti, ma nemmeno fare, semplicemente, volontariato o solidarietà. Noi vorremmo mostrare che un’economia diversa del pomodoro è possibile”. Parla con decisione Giulia Anita Bari, che per il progetto Funky Tomato coordina la gestione e la comunicazione, e che al momento è tra coloro che a questa idea hanno lavorato volontariamente.

Giulia conosce bene la filiera del pomodoro in Puglia e Basilicata e lo sfruttamento dei braccianti agricoli, soprattutto africani, impegnati nella raccolta e reclutati attraverso il caporalato. Per Medu - Medici per i diritti umani coordina la campagna Terragiusta, iniziativa di monitoraggio, presidio e assistenza medica con unità mobili nei luoghi in cui vivono i lavoratori agricoli stagionali: dalla Capitanata in Puglia, al territorio di Venosa in Basilicata, fino a Rosarno e alla piana di Gioia Tauro per la stagione invernale delle arance calabresi.

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L’idea dei “pomodori funky”, per quanto piccola, è un’alternativa allo sfruttamento che ha messo in rete realtà e persone impegnate da anni: agricoltori, agronomi, braccianti, ma anche artisti (con la serie di concerti “Fuori dal Ghetto” di Sandro Joyeux, una tournée negli insediamenti informali di braccianti) e cuochi, come Stefano Carucci che ha dato consigli per la preparazione della salsa e l’organizzazione del laboratorio.

E mentre in Puglia e Basilicata molti braccianti lavorano anche per dieci ore al giorno a cottimo, e il grosso dei contratti sono fittizi, i quattro dipendenti di Funky Tomato ricevono per ogni giornata di lavoro i circa 47 euro netti previsti dalla legge. E grazie ai loro contratti stagionali riescono a maturare i giorni necessari per usufruire, quando non lavorano, degli ammortizzatori sociali spettanti ai lavoratori dell’agricoltura.

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Il pomodoro si raccoglie a mano, in modo che la pianta possa rifiorire e produrre per tutta la stagione, e si colloca in cassettine da dieci chili, anziché nei cassoni da 4 quintali delle produzioni industriali. Una qualità, e una piccolissima dimensione, che portano il costo della materia prima intorno ai 40 centesimi al chilo, contro gli 8-12 centesimi di prezzo medio del pomodoro lucano destinato alla trasformazione industriale. “Forse basterebbe portare il prezzo a 15 o 20 centesimi al chilo per poter garantire un lavoro dignitoso anche ai braccianti che raccolgono per le grandi imprese”, commenta Giulia Anita Bari. “O forse – prosegue - basterebbe che qualcuno rinunciasse a una parte anche piccola di profitto per dare una paga giusta ai lavoratori”.

Ai primi di ottobre, le bottiglie vendute cominceranno ad arrivare a casa degli acquirenti, che con il loro preacquisto sono diventati di fatto co-produttori. E l’idea per il prossimo anno è di espandersi anche all’estero. Magari in Francia, se i braccianti, francofoni, avranno voglia di mettersi alla prova nella comunicazione o nel commercio online. “Per noi, i contatti più interessanti sono con ristoranti e negozi, che siano interessati a un prodotto di alta qualità, possano garantire una certa costanza e dimensione degli ordini e ci permettano quindi di fare programmi per la prossima stagione”, spiega Paolo Russo, responsabile di un’azienda agricola in Puglia e coordinatore della commercializzazione e trasformazione di Funky Tomato. Intanto, cinquemila bottiglie da 600 ml della produzione 2015 sono ancora in vendita sul sito, con scaglioni di prezzo diversi a seconda delle quantità acquistate. (Giulia Bondi)

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