20 maggio 2014 ore: 15:05
Società

Fuoristrada, successo a Roma per il film su una famiglia transgender

La storia d’amore un meccanico romano diventato Beatrice e di sua moglie Mariana. Una coppia anticonvenzionale che vive con le regole e i ruoli di qualsiasi famiglia italiana. La regista: “Le istituzioni le ostacolano, ma chi le conosce percepisce la loro grande umanità”- Dopo il successo di pubblico inaspettato nella capitale, ora arriva anche a Milano
Fuoristrada, locandina
Fuoristrada, locandina

ROMA - Una storia d’amore oltre tutti gli stereotipi, anche quelli sul mondo transgender, che colpisce soprattutto per la sua semplicità. È quella che vede protagonisti Beatrice (al secolo Pino) e Marianna nel documentario Fuoristrada, di Elisa Amoruso. Un film che a Roma sta riscuotendo un successo di pubblico inaspettato: previsto in cartellone al cinema L’Aquila per una sola settimana a marzo, da due mesi è in sala registrando ogni sera il tutto esaurito. Ora il film sbarca anche a Milano, al museo del Cinema fino al 31 maggio, mentre le proiezioni nella capitale continueranno fino al 26, per poi riprendere a metà giugno. Merito del successo il passaparola, che ha premiato quest’opera indipendente che fa un affresco di una coppia anticonvenzionale, che vive con le regole e i ruoli di una qualsiasi famiglia italiana.  

Al centro della storia c'è Pino, meccanico romano, che un giorno decide di cambiare sesso e diventare Beatrice. Ma se gli ormoni la fanno diventare donna, di certo non cambiano le sue passioni: da sempre patita di motori ( il “mitico Terrano” è la macchina dei suoi sogni) continua a lavorare nella sua officina nel centro di Roma e a partecipare alle gare di rally di 4x4, dove per tutti resta semplicemente “Girello”. “Ero stufa di appartenere a un corpo non mio. Così sono andata dal dottore per spiegargli le mie esigenze mi è stato riscontrato un numero molto elevato di ormoni femminili.– racconta – Di notte ho iniziato a vestirmi da donna, vagavo per strada e spesso frequentavo le trans, non per prostituirmi, non l’ho mai fatto, ma perché loro  erano le mie uniche amiche, le uniche che non mi giudicavano”. Poi un giorno Pino prende coraggio, e con un caschetto biondo apre la sua officina, decidendo di essere soltanto Beatrice. L’inizio non è facile, non tutti comprendono la sua scelta. “Molti clienti li ho persi, non riuscivano ad accettare la mia nuova vita, per bigottismo credo – spiega - Ma non mi importa, penso che ci abbiano rimesso loro, perché hanno perso un buon meccanico”. 

Con la  nuova vita arriva anche l’amore: Beatrice perde la testa per la badante di sua madre, Marianna, di origine rumena. “Non pensavo che potesse esistere una cosa del genere: un uomo che si può trasformare in una donna – spiega Marianna –, ma poi mi sono abituata. Per amore passi su tutto. Oggi lei per me è semplicemente mio marito”. Le due riescono ad unirsi legalmente. Il rito civile lo celebra, obtorto collo, il sindaco di un piccolo paese alle porte di Roma, che non può rifiutare il matrimonio a queste due signore bionde vestite di rosa shocking, perché la legge dice che sono uomo e donna. Una volta sposate portano in Italia anche il figlio di lei, Daniele, che viveva in Romania con il padre in una situazione di forte disagio: picchiato e lasciato senza le cure adeguate. Con lui, con l’anziana madre di Beatrice, che ha sempre desiderato una figlia femmina e con la loro cagnetta Kira, formano tuttora una famiglia unita, che cerca di combattere contro le discriminazioni di un paese ancora non del tutto pronto a questo nuovo modello familiare. Lo raccontano alcuni episodi della vita dei protagonisti: a cominciare dagli atti di bullismo che subisce Daniele, figlio di Marianna, preso in giro dagli altri compagni perché “dicevano che mio padre andava con tutti” e incompreso dalle stesse maestre che lo bollano come “un ragazzo con problemi”. 

Fuoristrada, foto 2

Ma al centro del lavoro di Amoruso c’è soprattutto la quotidianità di questa coppia sui generis e al tempo stesso del tutto normale, che va avanti tra piccole discussioni domestiche, profonda complicità e momenti di allegria. Il film, infatti, volutamente non si sofferma sulla tematica della discriminazione delle persone trasgender, scegliendo di mostrare senza drammatizzare un aspetto della società italiana. “E’ una scelta che ho fatto a monte – spiega la regista- perché quello che ho trovato di straordinario in Beatrice e Marianna è proprio questo loro grande sentimento d’amore che le lega e si estende a tutti i membri della famiglia. Ovviamente il  pregiudizio sociale esiste. Le istituzioni, in particolare, fanno di tutto per ostacolarle: dalla suola al sindaco che non le voleva sposare, fino agli ospedali. Mentre chi le conosce e le frequenta non ha problemi, perché sente e percepisce la loro grande umanità”. La produzione del film è del tutto indipendente né il ministero della Cultura né Rai cinema hanno accordato il finanziamento. (ec)

 

 

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