12 febbraio 2024 ore: 15:44
Società

Gaza. L’allarme di Amnesty International: “Rischio concreto di genocidio”

Secondo l’organizzazione per i diritti umani, ci sarebbero nuove prove di attacchi illegali nella Striscia di Gaza. L’indagine su quattro attacchi tra il 2023 e il 2024. “Le forze israeliane continuano a ignorare il diritto internazionale umanitario”
© ActionAid Gaza, donna tra le macerie - Foto ActionAid
ROMA – “Le nostre ricerche stanno fornendo prove evidenti delle raccapriccianti conseguenze degli incessanti e illegali attacchi israeliani nella Striscia di Gaza. A quattro mesi dall’inizio dell’offensiva israeliana, sono stati uccisi oltre 28.000 palestinesi e oltre 60.000 sono rimasti feriti in mezzo a una catastrofe umanitaria senza precedenti. Alla luce dell’agghiacciante livello di morte e distruzione, tutti gli stati hanno il chiaro obbligo di agire per prevenire il genocidio. Invece, continuano a non fare richieste esplicite di un cessate il fuoco e ad alimentare crimini di guerra fornendo armi a Israele”. Così in una nota Erika Guevara-Rosas, direttrice delle ricerche di Amnesty International che negli ultimi mesi ha svolto un’indagine su quattro attacchi israeliani (tre nel dicembre 2023, dopo la fine della “pausa umanitaria”, e uno nel gennaio 2024). 
“Gli attacchi hanno colpito il governatorato di Rafah, all’estremità meridionale della Striscia di Gaza e asseritamente la zona “più sicura” – si legge in una nota -, dove tuttora le forze israeliane stanno accelerando i preparativi per un’operazione da terra, che avrà conseguenze devastanti per oltre un milione di persone stipate in un'area di 63 chilometri quadrati a seguito di successive ondate di sfollamenti di massa. In tutti e quattro gli attacchi, non è stata trovata alcuna indicazione che gli edifici colpiti potessero essere considerati legittimi obiettivi militari e ciò ha sollevato preoccupazioni che si sia trattato di attacchi diretti contro civili e obiettivi civili, da indagare come crimini di guerra”.
Secondo Amnesty International, “anche se le forze israeliane avessero voluto colpire legittimi obiettivi militari nelle vicinanze – continua la nota -, è evidente che quegli attacchi non abbiano fatto distinzione tra obiettivi militari e obiettivi civili: in questo caso, si tratterebbe di attacchi indiscriminati, a loro volta crimini di guerra. Le prove raccolte da Amnesty International hanno inoltre portato alla conclusione che l’esercito israeliano non abbia dato preavviso degli attacchi o alcun avviso efficace per lo meno alle persone residenti negli edifici colpiti”.  
“Intere famiglie sono state spazzate via dagli attacchi israeliani, persino dopo che avevano cercato scampo in zone definite ‘sicure’ e senza che avessero ricevuto alcun preavviso. Questi attacchi seguono un costante schema di violazione del diritto internazionale umanitario e contraddicono le affermazioni delle autorità di Israele, secondo le quali le loro forze stanno prendendo maggiori precauzioni per ridurre al minimo i danni ai civili - ha dichiarato Erika Guevara-Rosas -. Tra le persone uccise in questi attacchi illegali c’erano una neonata di neanche tre settimane di vita, un noto medico di 69 anni in pensione, un giornalista che aveva accolto in casa persone sfollate e una madre che divideva un letto con la figlia di 23 anni. Le dolorose testimonianze dei sopravvissuti dovrebbero ricordarci che questi crimini di atrocità nella Striscia di Gaza rappresentano una macchia sulla coscienza collettiva del mondo”, ha aggiunto Guevara-Rosas.
 
“Dopo che, nella sua sentenza provvisoria, la Corte internazionale di giustizia ha affermato che il rischio di genocidio è concreto e imminente, le orribili descrizioni di questi quattro attacchi ribadiscono quanto sia urgente che tutti gli stati premano per un immediato e duraturo cessate il fuoco, che è il mezzo più efficace per attuare le misure cautelari ordinate dalla Corte, e quanto sia importante imporre un embargo totale sulle armi dirette a tutte le parti in conflitto”, ha sottolineato Guevara-Rosas.
 
Amnesty International ha visitato i luoghi dei quattro attacchi, ha fatto foto e video delle distruzioni e ha intervistato 18 persone: 14 sopravvissuti e quattro parenti che avevano preso parte alle operazioni di soccorso. Il Crisis Evidence Lab dell’organizzazione ha analizzato immagini satellitari, foto e video per geolocalizzare e verificare gli attacchi e le distruzioni provocate.
 
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