Giornata dell'insegnante, voci e auspici di chi fa il sostegno
ROMA – Sostenere per includere: è il suo compito, la sua competenza, la sua professionalità. Nella Giornata mondiale degli insegnanti, non può mancare la voce dell'insegnante di sostegno, forse una delle figure meno comprese e meno valorizzate nelle nostre scuole. Eppure, in quella che si proclama la scuola dell'inclusione, proprio questi insegnanti dovrebbero essere i cardini nel processo e la fatica di “non lasciare indietro nessuno”. Così, abbiamo scelto di dare la parola ad alcuni di loro: tutti insegnanti di sostegno non per caso, né tanto meno per ripiego, ma per scelta, per vocazione, per professione. Tutti formati, di più: specializzati. Come dovrebbero essere, nella scuola dell'inclusione, tutti gli insegnanti di sostegno. Abbiamo chiesto a cinque di loro di raccontarci, in poche parole, il loro mestiere. E di formulare un augurio a se stessi e ai loro colleghi per il prossimo futuro.
Evelina Chiocca (scuola primaria): “Il lavoro del docente incaricato su posto di sostegno rende ancor più pregnante il significato di corresponsabilità e collegialità, che il processo inclusivo richiede. Purtroppo, però, in molte (troppe) scuole ciò non sempre si realizza. Troppe volte è difficile persino parlare con i colleghi su posto comune o su posto disciplinare, i quali avvertono come 'invasione di campo' i nostri suggerimenti o le nostre sollecitazioni. E così, nella classe, si crea un’altra classe, non dichiarata, ma tangibile e visibile. Il docente incaricato su posto di sostegno è vissuto come risorsa, nel momento in cui, entrando in classe, 'preleva' l’alunno con disabilità e si allontana, in uno spazio diverso, magari portando con sé anche altri alunni, quelli scolasticamente fragili. Difficile coinvolgere i curricolari in una reale progettualità inclusiva (chi fa che cosa, come e quando): 'loro' si percepiscono i docenti, andando a consolidare nella pratica e nella cultura l’immagine di 'due sedie e un banco'. È una sottrazione all’inclusione. Manca un serio, concreto e reale percorso formativo iniziale e manca un costante e rigoroso percorso formativo in servizio: chi entra nella scuola italiana deve obbligatoriamente possedere oltre alle competenze disciplinari, psico-pedagogiche, linguistiche, informatiche, ecc., anche le competenze didattiche indispensabili per lavorare con “ogni” alunno della classe (quindi anche con l’alunno con disabilità). Il mio augurio oggi va a tutti i docenti, indistintamente, affinché sappiano guardare a ogni alunno, spogliato dall’etichettamento che, ancora oggi, ne cela l’unicità e la preziosità, e, insieme ai colleghi contribuiscano, attraverso il loro lavoro, alla realizzazione di una scuola e di una società fattivamente inclusiva”.
Maria Luisa Falsone (scuola primaria, Padova): “Come docenti di sostegno abbiamo il compito di costruire ponti per permettere un'inclusione vera delle diversità, tutte le diversità. Mediatori e portatrici di prospettive innovative. L'augurio nella giornata mondiale degli insegnanti è di essere sempre propositivi, trovare il meglio in ogni alunno e di non perdere mai la capacità di emozionarsi”.
Vincenzo Antonio Gallo (scuola secondaria di secondo grado, Bisceglie, BT): “Essere docenti di sostegno significa innanzitutto avere la grande possibilità di osservare studenti e studentesse da un punto di vista privilegiato, quello delle relazioni tra pari e con i diversi docenti curricolari. Pertanto cerco sempre di cogliere gli umori della classe, i loro pensieri, le loro paure e di incanalarli in un percorso che celebri la diversità come risorsa e che li faccia sempre sentire in contatto con se stessi, a prescindere dalla disciplina o, più in generale, dalla situazione contingente. In occasione della giornata dell'insegnante auguro a tutti noi di non perdere mai il coraggio di osare, di contribuire alla pienezza dei nostri alunni nel grande teatro del mondo che è la vita”.
Lisa Cecchi (scuola secondaria di primo grado, provincia di Lucca): “Ho la fortuna di poter lavorare come insegnante di sostegno ed essere a fianco di quello che oggi è un ragazzino, qualche anno fa era un bambino, che mi ha spinto oltre i confini della comunicazione, mi ha fatto capire quanti modi abbiamo di entrare in relazione e mi ha insegnato che esiste sempre una strada alternativa, ci sono sempre strade impensabili. La cosa che mi ha aiutato di più e può essere il mio augurio per tutti i colleghi è imparare a fermarmi, ascoltare e osservare, perché spesso le risposte che cerchiamo intorno a noi, nei corsi, nei manuali, in realtà sono davanti a noi, nei nostri bambini e nei nostri ragazzi. Le risposte le hanno loro, tutto sta a saperle cogliere”.
Silvia Portigliatti (scuola primaria, Torino): “Ho a che fare con la diversità da più di vent’anni, quando per caso iniziai a seguire alcuni bambini che presentavano diverse difficoltà e disabilità. L’esperienza che ho maturato in diversi contesti multiculturali ed eterogenei mi ha portato a sperimentare il valore aggiunto dato dalla didattica di tipo laboratoriale che, per le sue caratteristiche, permette di valorizzare le risorse di ciascun alunno e di sviluppare le loro potenzialità nel rispetto delle differenze individuali e del diritto di eguaglianza e di partecipazione. Da quattro anni lavoro in una classe in cui è presente una alunna con pluridisabilità: sindrome di Down e sordità. Intersecando l’esperienza teorica a quella laboratoriale, secondo il principio del learning by doing, in questi anni io e le mie colleghe abbiamo cercato di far vivere ai bambini esperienze di apprendimento autentiche, realizzando prodotti concreti come ad esempio, lapbook, plastici, libri multisensoriali, in classe e all’aperto, anche perché la nostra scuola si trova in un paese pedemontano, e sarebbe un peccato non valorizzare ciò che ci regala la natura. Per favorire una maggiore inclusione tra noi docenti, io e le mie colleghe abbiamo condiviso la necessità dell’interscambio dei ruoli, posto comune e specializzato per il sostegno, pur mantenendo però la nostra titolarità. Questa scelta è stata operata anche per favorire nei bambini una cultura positiva della diversità, rappresentata anche dalla presenza della loro compagna, A.,che non comunica attraverso il linguaggio verbale. Pertanto abbiamo promosso per tutta la classe un laboratorio di propedeutica alla Lingua dei Segni denominato 'SegnAmo' che, grazie a me in quanto docente di sostegno e all’assistente alla comunicazione, è stata inserito trasversalmente all’interno delle discipline scolastiche per arricchire nei bambini il lessico della lingua dei segni e per favorire in A. l’acquisizione e l’uso dei segni relativi all’autonomia personale”.
Monia Ricotta e Rosanna Cameli (scuola secondaria di primo grado, Macerata) ci inviano una testimonianza scritta a quattro mani: “Come docente incaricata su posto di sostegno ho sperimentato che questo lavoro educa ad avere un continuo cambio di prospettiva: pensare azioni inclusive avendo in mente la cura ed i bisogni speciali dell'alunno e contemporaneamente il contesto classe, fatto di altrettante specificità. Questo può realizzarsi solo attraverso un lavoro di progettazione continua con i docenti incaricati sulle discipline e di confronto con la famiglia e gli altri soggetti interessati alla crescita e alla formazione dell'alunno.
Auguro a tutti noi docenti di entrare in classe ogni giorno con la voglia di mettersi in discussione, ascoltando i bisogni degli alunni”.