Giornata della Memoria, i bambini con disabilità furono le prime vittime
I prescelti, copertina
ROMA - “Chi non è sano e degno di corpo e di spirito, non ha diritto di perpetuare le sue sofferenze nel corpo del suo bambino. Qui lo Stato nazionale deve fornire un enorme lavoro educativo, che un giorno apparirà quale un’opera grandiosa, più grandiosa delle più vittoriose guerre della nostra epoca borghese”: sono le parole con cui Adolf Hitler, nel “Mein Kampf”, enuncia il piano di “eugenetica” che avrebbe portato all'eliminazione di circa 300 mila persone con disabilità. A partire dai bambini, appunto: furono loro le prime vittime dell'operazione “T4”, così chiamata dal nome della strada di Berlino ("Tiergartenstrasse 4"), in cui si trovava l'ente pubblico nazista per la salute e l'assistenza sociale. Da un lato, la sterilizzazione degli “imperfetti” - per evitare appunto che le loro “sofferenze” proliferassero -; dall'altra, l'isolamento e la segregazione dei bambini – poi anche gli adulti - “non sani”, con il triplice obiettivo di allontanarli dalla società, impiegarli in studi ed esperimenti scientifici e, successivamente, eliminarli. A questa operazione e a questo scopo il nazismo destinò risorse, strutture e personale (medici, infermieri e inservienti). Quando tuttavia le notizie di quanto accadeva in questi presunti luoghi di “ricovero” e di “cura” trapelarono, lo sdegno e la condanna generali – e della Chiesa in particolare - costrinsero il regime a interrompere l'operazione, almeno ufficialmente. Il programma di sterminio tuttavia continuò, lontano dagli occhi e dai proclami, tanto che l'ultimo paziente – riportano alcune fonti – fu ucciso nel 1945, a guerra ormai finita.
A raccontare questo che fu un vero e proprio eccidio, meno nota ma non meno drammatico di quello di tante altre vittime del nazismo, c'è il romanzo di Steve Sem-Sandberg, “I prescelti” (Marsilio, 2018), che porta allo scoperto quanto avvenne, in particolare, all'interno di “Spiegelgrund”, l'ospedale viennese in cui, tra il 1940 e il 1945, furono internati migliaia di bambini – e poi anche adulti - “non sani” o semplicemente orfani o piccoli delinquenti: “degenerati razziali”, insomma, di cui il regime voleva disfarsi.
E sempre per non dimenticare questa pagina di storia, che fa parte integrante del tragico capitolo dell'olocausto, c'è a Verrone (Castello Vialardi), in provincia di Biella, la mostra “Perché non accada mai più, ricordiamo”, inaugurata da Anffas il 25 gennaio e aperta fino al 29. “Proponendo questa mostra, intendiamo onorare la memoria di quelle vittime innocenti e stimolare una riflessione sulle motivazioni culturali, scientifiche, politiche ed economiche che portarono prima alla sterilizzazione , poi all'uccisione dei disabili nella Germania nazista – spiega Anffas - Il programma di eutanasia delle persone disabili nacque molto tempo prima dei campi di sterminio – ricorda l'associazione - di fu una sorta di mostruosa prova generale. Per i disabili furono inventate le camere a gas, i disabili furono le prime cavie dei barbari esperimenti medici su esseri umani, per i disabili furono messi a punto i macabri rituali delle camere a gas camuffate da docce, della spoliazione dei condannati, del recupero dei loro effetti personali, dell'estrazione dei denti d'oro dai cadaveri. La particolare connotazione di questo sterminio, per le basi scientifiche da cui partì, per la sua accurata preparazione attraverso anni di martellante propaganda, per la tipologia dei suoi esecutori ( non fanatiche SS, ma medici ed infermieri trasformati in aguzzini dei loro pazienti), pone domande inquietanti sul presente e sul futuro e spinge ad una approfondita riflessione sui grandi temi che da sempre accompagnano la convivenza umana”. (cl)
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