28 novembre 2023 ore: 11:51
Società

Giornata internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese. Verso la marcia

Il 29 la ricorrenza promossa dall'Onu, Mentre si prepara la Marcia per la pace che si svolgerà ad Assisi il prossimo 10 dicembre, Marco Mascia (Centro diritti umani Papisca) e Flavio Lotti (Fondazione Perugiassisi) ricordano il diritto internazionale a una pace giusta e duratura. “Senza diritti non c'è pace”
Bandiera Pace

ROMA – Ricorre domani, 29 novembre, la Giornata internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese: una giornata che, quest'anno, assume un significato e una forza particolari. Mentre si prepara la Marcia della pace che si svolgerà ad Assisi il prossimo 10 dicembre, Marco Mascia (Centro diritti umani Papisca) e Flavio Lotti (Fodazione Perugiassisi) ricordano cosa stabilisce la normativa internazionale per il riconoscimento dei diritti inalienabili del popolo palestinese e per la costruzione di una pace giusta e duratura in Medio Oriente. “Questa Giornata ci ricorda che, dei due Stati previsti nella Risoluzione 181 (II) del 1947, conosciuta come Partition Resolution, finora è stato creato solo lo Stato di Israele, mentre il popolo palestinese continua ad essere sottoposto ad una violenta occupazione militare”, si legge nel documento diffuso, dall'evocativo titolo “Riprendiamo in mano la bussola dei diritti umani”.

Lotti e Mascia ricordano che “la Risoluzione 3236 del 1974 dell’Assemblea Generale indica espressamente, tra gli inalienabili diritti del popolo palestinese, il diritto all’autodeterminazione” e che tuttavia “su questo punto si è pronunciata anche la Corte Internazionale di Giustizia, organo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite preposto a risolverepacificamente i conflitti. Nel parere sul 'muro israeliano' del 9 luglio 2004, la Corte al paragrafo 118 afferma che 'per quanto riguarda il principio di autodeterminazione dei popoli, l'esistenza del 'popolo palestinese' non può essere oggetto di discussione'. Il popolo palestinese esiste ed esisteva prima dell’occupazione inglese e prima della partizione del 1948”, si rammenta dunque nel documento. Eppure, questo diritto fatica drammaticamente ad affermarsi.

“A partire dal 1993, la Commissione e poi il Consiglio Diritti Umani ha nominato sette 'Relatori speciali sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967'. Nel Rapporto 2022 della Relatrice speciale in carica, Francesca Albanese, si afferma che 'per oltre 56 anni, l'occupazione militare israeliana ha impedito la realizzazione del diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese, violando ogni componente di tale diritto e perseguendo intenzionalmente la depalestinizzazione del territorio occupato. (…) L'occupazione israeliana viola la sovranità territoriale palestinese sequestrando, annettendo, frammentando e trasferendo la popolazione civile nel territorio occupato. L'occupazione mette in pericolo l'esistenza culturale del popolo palestinese cancellando o appropriandosi dei simboli che esprimono l'identità palestinese e viola la capacità dei palestinesi di organizzarsi come popolo, libero dal dominio e dal controllo alieno, reprimendo l'attività politica, la difesa e l'attivismo dei palestinesi'. Il Rapporto stabilisce altresì che 'l’occupazione è illegale ed è diventata uno strumento per attuare discriminazione razziale, conquista e annessione e trasformarsi in un regime di apartheid. L'apartheid è una conseguenza naturale di questo sistema'”.

Ancora, nel suo secondo Rapporto, presentato all’Assemblea generale il 24 ottobre 2023, la Relatrice speciale afferma che “mentre consolidava la sua presenza nei Territori Palestinesi Occupati, Israele ha fatto un uso versatile della forza contro la popolazione sotto occupazione, offuscando la distinzione legale tra le operazioni di applicazione della legge e la conduzione delle ostilità. Oltre alla macro-violenza della forza letale e delle punizioni collettive contro i palestinesi, i palestinesi sopportano anche atti persistenti di micro-violenza, tra cui le incursioni militari e la violenza dei coloni, la distruzione e il saccheggio di proprietà e risorse, l'umiliazione, l'arresto e la detenzione a prescindere dalla loro età. I bambini palestinesi vivono in spazi segregati e in comunità colpite dall'ostilità. Il sostentamento delle loro famiglie, l'accesso al lavoro, l'assistenza sanitaria, le opportunità di svago, le prospettive future e la mobilità sono tutte controllate da Israele”.

Per questo, “mentre rinnoviamo il nostro appello per fermare le stragi e fare pace a Gerusalemme, vogliamo ricordare a tutti che la 'Questione Palestinese' è innanzitutto una questione di diritti umani e che gli inalienabili diritti del popolo palestinese sono sanciti dal diritto internazionale dei diritti umani e da numerose risoluzioni dell’Assemblea generale e del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”.

Israele sta violando, nei territori occupati, gli obblighi previsti da diverse norme internazionali, tra cui: “sospendere la costruzione di insediamenti nei Territori Palestinesi Occupati”, “rispettare la Quarta Convenzione di Ginevra (1949) e assicurare la protezione di tutti i civili, bambini, donne, ammalati, anziani”, “demolire il muro costruito all’interno dei territori occupati in quanto contrario al diritto internazionale”, “riparare tutti i danni causati con la costruzione del muro nel territorio palestinese occupato”.

In conclusione, Lotti e Mascia ricordano e rilanciano quanto è stato scritto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: “Il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità”. Dunque, “è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione”.

E affermano: “Senza diritti umani non c’è pace”.

Qui il testo integrale del documento

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