Giornata lasciti, “un testamento è un progetto sociale che rispecchia i propri valori”
BOLOGNA – “Un testamento è un progetto sociale ampio. Scegliere di farlo nel pieno della propria vita, quando si può decidere lucidamente come indirizzare le proprie scelte, ti offre la possibilità di portare avanti nuovi progetti di vita anche quando il tuo tempo si sarà esaurito. È questa la prospettiva importante, è questo il cambiamento culturale da sostenere”. A parlare è Francesca Testoni, direttrice generale di Ageop Ricerca, associazione bolognese che, dal 1982, si impegna nell’assistenza e nell’accoglienza dei bambini malati di tumore e delle loro famiglie e contribuisce alla ricerca scientifica nella lotta al cancro infantile e alla diffusione di una buona cultura sanitaria. Punto di riferimento del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, ha sostenuto la realizzazione del reparto di Oncologia pediatrica, progettando e realizzando un reparto all’avanguardia e a misura di bambino. L’occasione è la Giornata internazionale del lascito solidale che, per il secondo anno di fila, Ageop celebra con un incontro in calendario oggi alle 18 durante il quale si affronteranno i vari aspetti legati alla scelta del lascito solidale, tra cui quelli burocratici, legali e notarili. Ma il punto di partenza di Testoni è profondamente ‘sociale’: “Quello che noi cerchiamo di fare con questi incontri è far capire alle persone che il testamento non è solo la possibilità di decidere all’ultimo a chi dare i nostri beni materiali affinché i parenti non litighino, bensì un progetto sociale molto più ampio in grado di rispecchiare i propri principi, cultura, valori e background che consente di andare oltre il proprio tempo, facendo durare la vita per sempre attraverso un concreto gesto di sostegno”. Ma cos’è un lascito solidale? Il testamento, quando comprende tra i beneficiari una causa di interesse collettivo, viene definito solidale e rappresenta una scelta che si fa oggi, ma si realizza nel futuro.
Per promuovere questo cambiamento culturale Testoni chiama in causa il Terzo settore perché sostenga attività di ‘educazione sociale’. “Sociologi ed economisti, tra cui Stefano Zamagni – sottolinea – hanno cominciato a impostare un discorso di sollecito alle fondazioni bancarie affinché non offrano finanziamenti spot al Terzo settore ma si muovano in maniera più strutturata per costruire collaborazioni durature. Lo stesso atteggiamento può essere caldeggiato tra i donatori: la donazione mensile, i banchetti nelle piazze. Ecco, la propria solidarietà e la propria attenzione al prossimo possono continuare anche oltre il nostro passaggio sulla vita terrena, proprio attraverso un lascito solidale”.
È possibile lasciare ad Ageop ricerca in eredità beni mobili (quadri, gioielli, fondi di investimento); beni immobili (appartamenti, terreni, locali commerciali); denaro; polizze assicurative. “Sostenere Ageop Ricerca con un lascito non danneggia gli eredi poiché essi, per legge, hanno sempre diritto a una quota dell’eredità. Molto spesso i familiari condividono questa scelta, nella quale riconoscono un gesto di nobiltà e valore”, si legge nella pagina dedicata del sito. Una scelta che non ha costi nel presente, ma permette all’associazione di pianificare il suo lavoro nel lungo periodo, per promuovere la ricerca scientifica e offrire le migliori cure ai bambini ammalati di cancro. “Tendenzialmente – continua Testoni – se non ci sono richieste esplicite i lasciti li destiniamo alla ricerca: ci sempre il modo più bello per trasformare in futuro l’azione del donatore, per dare più vita possibile. La ricerca è speranza di vita per le generazioni future”.
Ricerca, cura, manutenzione delle case d’accoglienza, acquisto di strumenti scientifici, inserimento di personale specializzato nelle strutture: “Per il non profit – che non ha un bilancio preventivo né una catena di produttività perché produce ‘bene’ – un momento quello del lockdown ha creato uno sconvolgimento non da poco. Nel primo semestre del 2020 abbiamo registrato una contrazione delle entrate ordinarie di oltre il 50 per cento rispetto all’anno precedente, una situazione dovuta alla crisi economica causata dalla pandemia da Covid-19. Sempre a fare i conti con entrate contingentate, per noi la resilienza non è stata una novità – sorride –. Le entrate straordinarie da lasciti sono state la nostra ancora di salvezza. Se non avessimo avuto due lasciti non avremmo saputo che fare: certamente non avremmo sospeso i progetti di cura e ricerca – piuttosto ci saremmo indebitati accendendo un nuovo mutuo – ma avremmo rischiato, per esempio, di perdere la Casa Gialla. Non solo: grazie a questo fondamentale tesoretto abbiamo potuto prolungare di altri 5 anni l’impianto dell’accordo quadro con il Sant’Orsola, che prevede 17 progetti di ricerca e il conseguente mantenimento del rapporto con tutti i contrattisti. Ricevere una donazione ti permette, in un’epoca di ‘normalità’, di fare cose straordinarie, ovvero fuori dell’ordinaria amministrazione. In periodo come il 2020, invece, ti permette di proseguire l’attività. In entrambi i casi si tratta di un supporto vitale”.
I lasciti in vita, fino a pochi anni fa, erano rarissimi. Oggi lo sono meno, complice anche le campagne di comunicazione che, in questo periodo ogni anno, molte associazioni portano avanti. Oggi l’età media dei testatori (la persona che dispone o ha capacità giuridica di disporre per testamento delle proprie sostanze, ndr) è di circa 50 anni. “Questo ha sviluppato un altro aspetto: quello della riconoscenza in vita. I testatori che scelgono un lascito solidale possono toccare con mano le nostre attività, venire nelle nostre case, visitare il laboratorio di ricerca. Respirare e condividere le speranze dei genitori dei piccoli ammalati. Speranze alimentate anche dai loro contributi”.
Questa possibilità sempre più diffusa e nota, fa notare Testoni – richiama le associazioni a una presa di responsabilità: “I donatori devono capire cosa e come progettano le associazioni. È necessaria una visione chiara a medio-lungo termine; spiegare cosa si voglia costruire, dove si vuole arrivare. Cosa ci aspettiamo dalla ricerca? Cosa dalla società? Perché scegliamo di sostenere un progetto e un altro no? Solo con la massima trasparenza e progettazione potremo sostenere quel cambio culturale che tanto auspico”.