Giovani disabili vanno a vivere insieme: così i genitori accettano l'indipendenza
BOX GRANAROLO DELL’EMILIA (Bologna) – “I progetti di convivenza fanno rinascere sia i giovani disabili che i loro genitori. Per le famiglie sono una boccata d’ossigeno, non tanto per il sollievo dall’impegno quotidiano, quanto perché capiscono che il figlio è andato a vivere da solo e il mondo non è crollato addosso né a loro né a lui”. A parlare è Daria Casali, responsabile comunicazione e raccolta fondi per la Fondazione Le chiavi di casa, creata nel 2005 da 14 famiglie con figli disabili. Già riunite nell’associazione Idee ed esperienze con cui organizzano attività per il tempo libero, le famiglie, a un certo punto, hanno pensato di andare oltre, di pensare al futuro dei propri figli che stavano diventando adulti. Da qui sono nati i progetti di vita indipendente con la collaborazione dei servizi sociali e dell’Ausl e il supporto delle istituzioni, in primis i Comuni di Granarolo e Castelmaggiore, quelli dove risiedono le famiglie. E per gestirli è stato scelto di creare una fondazione. “Grazie a questi progetti i figli acquisiscono competenze che permettono loro di diventare più indipendenti – continua Casali – E non è che prima non le avessero, è solo che, come per tutti noi, a lavare i piatti, fare la lavatrice o le pulizie ci pensava la mamma. Ma casa tua lo fai tu e anche questi ragazzi lo sanno fare. È bellissimo vedere che diventano grandi e se la cavano da soli. E poi grazie alla fondazione, in cui tutte le decisioni sono prese dalle famiglie, c’è il monitoraggio continuo da parte degli altri genitori, anche nel momento in cui i propri dovessero venire a mancare”.
Attualmente la fondazione gestisce 3 appartamenti, uno a Castelmaggiore e due a Granarolo. A Castelmaggiore convivono da 10 anni tre ragazze con disabilità diverse, figlie di tre fondatori, e un’età che va dai 30 ai 40 anni “vivono con una badante che le aiuta senza sostituirsi a loro e, per alcune ore alla settimana, con loro c’è un’educatrice – spiega Casali – Le ragazze lavorano, prendono l’autobus, si gestiscono e sono molto autonome tanto che il mese scorso quando la badante è andata in ferie non l’abbiamo sostituita e loro sono rimaste da sole, con l’educatrice al pomeriggio”. L’appartamento (per cui la Fondazione paga un affitto) è in una zona centrale, vicino alla stazione, e comodo ai servizi. Anche a Granarolo gli appartamenti (che il Comune ha dato in comodato d’uso gratuito alla fondazione per 20 anni) sono in centro, vicino al Borgo dei servizi dove c’è l’Ausl, la biblioteca, la Coop, e sono accessibili. “In uno vivono due ragazze e un ragazzo, hanno disabilità diverse ma una buona autonomia e lavorano – continua Casali – Si tratta sempre di disabilità lievi, un limite a cui siamo vincolati lavorando con il pubblico”. Da aprile poi è partito un altro progetto nell’appartamento accanto, ristrutturato dalla fondazione in modo da essere accessibile anche a persone con disabilità più gravi, “ci abita Alberto, che è in sedia a rotelle ma con un’ottima autonomia, al momento è in vacanza con la famiglia ma speriamo che a settembre possa rientrare – continua Casali – Ci piacerebbe trovare altre due persone che vadano ad abitare con Alberto perché l’obiettivo del progetto è ricreare un nucleo familiare in cui i giovani disabili possano vivere insieme e condividere le spese”.
Quasi tutti i ragazzi che vivono negli appartamenti della Fondazione Le chiavi di casa hanno ancora i genitori, anche se alcuni sono molto anziani. “Una delle ragazze li ha persi mentre già era andata a convivere e, al di là del lutto e del dolore, per lei è stato più facile perché non ha dovuto lasciare la sua casa, non ha dovuto cambiare abitudini perché già viveva da sola, aveva la sua stanza a cui ritornare – racconta Casali – Andare via di casa è un passaggio delicato, cambi le tue abitudini, lasci le tue cose, banalmente non vai più al supermercato dove ti conoscono tutti o all’edicola sotto casa che frequenti da sempre. Non è semplice”. Alcuni dei ragazzi nel fine settimana ritornano in famiglia, “ma le ragazze di Castelmaggiore spesso rimangono insieme anche nel weekend e organizzano, insieme all’educatrice, le attività da fare. Vanno al cinema, a teatro o a mangiare fuori”.
Non è facile per una famiglia decidere di far intraprendere al proprio figlio disabile un progetto di autonomia.“Anche se i genitori idealmente sanno cosa vogliono per il futuro dei loro figli, quando arriva il momento non sono pronti – spiega Casali – Va bene se stanno da soli per il weekend o per andare al cinema ma andare ad abitare da soli è un’altra cosa, perché per loro non c’è nessuno che li nutre, veste o capisce come i genitori. Per questo stiamo pensando di avviare dei percorsi di formazione per le famiglie per aiutarle ad affrontare il distacco”. (lp)