22 giugno 2015 ore: 15:07
Immigrazione

Giovani e “multinazionali”: così crescono le associazioni di immigrati in Italia

Operano in prevalenza nella mediazione culturale, ma lamentano la scarsa apertura delle organizzazioni italiane. Uno studio di Fondaca e Iprs analizza una realtà poco conosciuta, in genere nata meno di 18 anni fa e che in un caso su quattro fa capo a diversi paesi
Giovani immigrati per strada

Nella maggior parte dei casi hanno meno di 18 anni - la metà è stata costituita negli anni 2000, mentre quasi un terzo di esse è nata dopo il 2010 – e in un caso su quattro sono “multinazionali”: sono le principali caratteristiche delle associazioni di migranti in Italia analizzate da Fondaca (Fondazione per la Cittadinanza Attiva) e da Iprs (Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali) nell'ambito di una ricerca finanziata dal Fondo europeo per l’integrazione (Fei) dei cittadini di paesi terzi della Commissione Europea. L'indagine, intitolata “La partecipazione delle associazioni di immigrati alle attività dei consigli territoriali dell'immigrazione”, ha raccolto i dati di 318 associazioni di migranti, in 17 regioni e 49 province italiane, attraverso questionari telefonici e l'organizzazione di specifici workshop che le hanno coinvolte. Un campione più che rappresentativo di una platea di cui – dice il presidente di Fondaca Giovanni Moro – nessuno conosce le dimensioni aggiornate, ma che si compone di non meno di 2.000 associazioni”.

I paesi di provenienza e le associazioni “multinazionali”
I promotori delle organizzazioni censite provengono da 56 paesi extracomunitari e da 5 paesi attualmente membri dell'Unione Europea, Italia inclusa. I paesi dai quali proviene il maggior numero di fondatori sono Senegal, Marocco, Perù, Ecuador, Albania, Moldavia, Filippine, Ucraina, Burkina Faso, Costa d’Avorio. Solo metà di questi paesi (Albania, Marocco, Ucraina, Filippine, Perù) sono tra i primi dieci in termini di numerosità delle comunità straniere presenti in Italia. In quasi quattro casi su dieci i promotori delle associazioni provengono dall’Africa, mentre uno su cinque viene dall’America Latina e Centrale e circa il 16 per cento da paesi europei extra-comunitari. Quasi una organizzazione su quattro è “multinazionale”, nel senso che è stata promossa da persone provenienti da paesi diversi.

Dove operano: livello comunale e cooperazione internazionale
Quasi il 60 per cento delle associazioni opera al livello comunale o provinciale, il 38 a quello regionale e il 18 a quello nazionale. Quasi il 9 per cento delle organizzazioni ha come campo di azione anche il proprio paese di origine con programmi di cooperazione e di aiuto. Il 67,9 per cento delle organizzazioni coinvolte opera nel nord Italia (il 21,1 per cento al centro e il 10,9 nelle isole), anche se lo studio sottolinea che “questo dato non significa che la gran parte delle associazioni di immigrati si trovi in questa zona”, “esso ci dice soltanto che quelle presenti al Nord sono state raggiunte in quantità decisamente maggiore di quelle presenti in altre aree del paese utilizzando i canali di contatto e comunicazione esistenti”.

Chi ne fa parte e chi le finanzia
Più della metà delle associazioni raccoglie fino a 50 partecipanti (56,4 per cento), anche se quelle di grandi dimensioni (oltre 100 aderenti), sono più di un quarto del totale (25,9 per cento). Il 64,2 per cento delle associazioni è composta nella sua totalità da immigrati, mentre negli altri casi essi sono la maggioranza degli aderenti. L’autofinanziamento risulta la fonte principale di risorse per le associazioni (56 per cento dei casi) e solo un quarto di esse accedono a fondi pubblici. “Le associazioni dimostrano un rilevante grado di autonomia nel provvedere alle proprie necessità – sottolinea lo studio - per quanto la scarsità di risorse finanziarie, soprattutto in un momento di crisi in cui le necessità di intervento sarebbero massime, sia un ostacolo largamente segnalato”.

Attività: più integrazione che antidiscriminazione
Le principali finalità delle associazioni sono l'integrazione degli immigrati, che comprende anche il mantenimento e la valorizzazione delle culture di origine (circa 7 organizzazioni su 10); la mediazione, la formazione, l’educazione, che ha un grado di diffusione medio (4 su 10): l’advocacy connessa alla lotta alla discriminazione, ha una diffusione più bassa (circa 1 ogni 4) e viene generalmente lasciata a organizzazioni italiane che si occupano di immigrazione. Le associazioni di immigrati preferiscono concentrarsi in azioni che possono produrre risultati tangibili a breve termine. Per questo le attività svolte in prevalenza (almeno da un terzo delle associazioni) sono la mediazione culturale, l’accoglienza, l’apprendimento sia della lingua italiana che della lingua madre, l’assistenza per il disbrigo di pratiche e atti amministrativi.

Aiuto nelle emergenze
Lo studio sottolinea il ruolo delle associazioni di immigrati nel supporto per le autorità, in particolare nella gestione dell'emergenza sbarchi, in cui numerose associazioni che hanno partecipato ai workshop sono state impegnate. Le associazioni coinvolte hanno dato inoltre informazioni su numerosi progetti realizzati negli ultimi tre anni che riguardano l'intercultura, l'educazione, la formazione, la valorizzazione delle culture di origine, le attività ricreative, l'informazione, la sensibilizzazione, l’assistenza, la consulenza e la mediazione. Tra i molti progetti segnalati vi sono anche, in misura significativa, progetti finanziati da fondi europei e nazionali, progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo e progetti realizzati nel campo della promozione e dell’esercizio dell’attivismo civico su temi non direttamente connessi all’immigrazione. (lj)

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