Giustizia minorile, “investire di più nelle misure alternative”
Foto di Davide Monteleone
ROMA – “Il problema non è più quello di una cella di tre metri, ma di incentivare misure per la tutela dei diritti umani. Dobbiamo investire di più nell’area penale esterna. Nel caso dei minori, per esempio, sappiamo che quando la giustizia funziona aiuta a fare prevenzione. Il nostro obiettivo ora è rendere sempre più centrale il progetto educativo, tutelare i minori che escono dal circuito minorile ed entrano nell’età adulta. Su questo dobbiamo avere il coraggio di fare anche scelte legislative coraggiose”. A sottolinearlo è il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, nel corso della presentazione, oggi a Roma, del secondo rapporto sulla devianza minorile in Italia. Nel corso del suo intervento Ferri ha ricordato la decisione del ministro Orlando (annunciata dopo la visita all’istituto minorile di Nisida) di allungare i tempi di permanenza nelle carceri minorili fino ai 25 anni ma ha sottolineato che il ministero si occuperà anche di altri ambiti come il lavoro, la scuola e la famiglia. “Per il lavoro ai condannati c’è ancora troppa burocrazia, e questa va eliminata. Le imprese spesso non sanno neanche come fare. – sottolinea – Ma è vogliamo lavorare anche sulla scuola, attraverso protocolli con il Miur per un modello adattato ai minori che prevenga la devianza. Su questi temi l’impegno del ministero è massimo. Importante è anche fare un lavoro sulla famiglia, i cui conflitti sono spesso alla base dei casi di devianza”.
Anche per Giacomo Guerrera, presidente di Unicef Italia il progetto di recupero educativo dei minori non può escludere la famiglia e la società. “Il governo deve mettere in atto tutte le misure necessario perché il minore venga considerato soggetto prevalente – afferma – Inoltre bisogna attivare politiche più appropriate e incisive, in particolare bisogna ricorrere sempre di più a misure alternative alla detenzione, che danno ottimi risultati in fatto di abbassamento della recidiva”. Ma anche se i dati dicono che l’affidamento ai servizi sociali disincentiva il minore dal commettere altri reati, il numero degli assistenti sociali che si occupano del reinserimento è ancora troppo basso. “A fronte di oltre ventimila minori in affido sono solo 350 gli assistenti sociali che se ne occupano – spiega Isabella Mastropasqua, dirigente del ministero che ha curato il rapporto sulla devianza minorile – Il lavoro di queste persone ha del miracoloso, ma è arrivato il momento di affrontare la questione perché la presa in carico è un fattore di protezione che non può essere ignorato”. (ec)