Giusy, la detenuta che ama scrivere lettere ai carcerati
PIACENZA – “Quanti anni ha? A chi glielo chiede, risponde ‘dai 42 ai 62, a seconda dell’interlocutore’. In realtà lei di anni ne ha 64, portati con grande spirito”. ‘Lei’ è Giusy, detenuta emiliana del carcere di Piacenza, trasferita pochi giorni fa alla Dozza di Bologna dopo la sentenza definitiva. A raccontare la storia di questa donna, per tutte le compagne detenute finita in carcere per un enorme errore giudiziario, è Bruno Contigiani, direttore di Numero Zero, giornale dell’istituto penitenziario Torre del Gallo di Pavia. “Giusy è stata una delle prime donne a partecipare ai nostri gruppi di lettura ad alta voce. Non è mai mancata una volta, era una delle nostre animatrici. Il suo passato non è semplice, ma sorride sempre, e non fa mai mancare una parola buona a chi ne ha bisogno”. Giusy, racconta Contigiani, è buona, ingenua, genuina. Si cura molto, è simpatica e partecipativa. E ha una particolarità: “Ama scrivere lettere: intrattiene una corrispondenza molto frequente con 21 detenuti di 12 carceri italiane. Lo fa con estremo affetto, si occupa degli altri mettendoci il massimo impegno”. Così, ogni volta che arriva la posta, lei riceve sempre 2 o 3 lettere: “Sono di vario tipo: alcune affettuose e di conforto, altre con qualche particolare piccante. Ama soprattutto la corrispondenza con la casa circondariale di Napoli. Lì c’è anche un detenuto con cui sta programmando una vita una volta fuori. E quando deve ammettere l’età, la definisce ‘variabile in base al destinatario’ della missiva”.
Ma come conosce i nomi delle persone a cui scrivere? “Su Numero Zero, in fondo, mettiamo i nomi dei detenuti che hanno collaborato all’edizione, già quello è un primo spunto. Poi, c’è Cronaca Vera”, rivista di culto per un pubblico popolare, il giornale più letto negli istituti penitenziari, che ospita la rubrica Lettere dalle Carceri. “Si trovano veri e propri annunci: lì i detenuti – italiani e stranieri – si descrivono apertamente in cerca di un’anima gemella. Senza timori si dichiarano etero, gay, trans. E tra loro si scambiano regali. Giusy ne riceve molti, e parecchi vuole tenerli segreti…”, spiega Contigiani sorridendo.
In fondo, chi si scrive le lettere oggi? “I detenuti sono gli unici che ancora intrattengono rapporti epistolari. Quali altre categorie lo fanno? Forse le persone sofisticate, nessun altro”. Il carteggio dalle carceri, insomma, si alimenta di scambi tra le mura: “Si scrive a persone libere solo se non hanno la possibilità di fare i colloqui, e oggi capita molto raramente”. E proprio da questo spunto, Contigiani affronta un altro tema: quello delle difficoltà tra detenuti e detenuti e tra detenuti e familiari: “In nessuna casa circondariale italiana è permessa la cosiddetta ‘ora d’amore’. È una chimera. Così molte famiglie, molti fidanzamenti, falliscono”. Porta come esempio la storia di una coppia di ragazzi danesi, entrambi detenuti nel carcere di Piacenza; lei, 30 anni, deve scontare qualche anno, mentre il marito è condannato all’ergastolo: “Vorrebbero solo stare un po’ insieme, non avere un vetro tra di loro. Ma non possono. E pensare che tenersi qualche minuto per mano potrebbe salvare tantissimi rapporti, messi in crisi dalla detenzione”. (Ambra Notari)