Gli "alberi del migrante" spuntano ogni giorno, per dare dignità alle vittime
ROMA - Dare dignità, ma non solo: far nascere dalla morte una nuova vita. E, soprattutto, non dimenticare. E' questo il senso e lo scopo dell'iniziativa “L'albero del migrante”, lanciata all'indomani della strage del 20 aprile, in cui oltre 800 migranti persero la vita nel mar Mediterraneo, in seguito all'ennesimo naufragio. A promuoverla, Alessia Arcolaci, Karole Di Tommaso e Angela Maria Laudato, che hanno lanciato l'idea in rete pochi giorni dopo il naufragio.
- “L’albero del migrante – spiegano - vuole ricordare ogni persona che ha perso la vita in mare, darle una degna sepoltura piantando un albero. Per ricordarli uno ad uno e generare vita dal loro sacrificio”. L'obiettivo è 900, per celebrare ciascuna delle vittime dell'ultimo sbarco, ma tanto meglio se gli alberi piantati saranno di più: “saremo tutti parte di un memoriale verde che vivrà con noi e crescerà con noi”.
L'idea ha fatto presto a diffondersi, complici i social network, in testa Twitter e Facebook: gli alberi piantati sono ancora pochi, ma i “like” aumentano di ora in ora. A sporcarsi le mani con la terra, finora, sono stati sopratutto giovani, singole persone ma anche scuole e associazioni. I primi due albero è stato piantati al Parco delle Energie, Ex Snia-Viscosa, luogo di incontro e di accoglienza: sono due ulivi, auspicio di pace. Poco dopo, un altro piccolo olivo è spuntato in Molise, per celebrare il 25 aprile. Poi, a Caltanissetta, è stata una delegazione di migranti che ha piantato un albero nel cortile di un liceo. E' toccato poi agli studenti del Csf di Orvieto seminare il proprio ulivo, mentre qualcuno, giorno dopo, ha scelto un albero di amarene, per ricordare le vittime del mare.
Negli ultimi giorni, sono spuntati ancora alberi: noccioli, ciliegi, nespoli, tutti fotografasti e condivisi in rete, a volte accompagnati da un testo che spiega le ragioni dell'adesione all'iniziativa. “E' solo un semplice gesto – racconta Maria, che proprio due giorni fa ha piantato in terra il suo ciliegio - non mi ha fatto sentire migliore perché nessuno ci potrà assolvere delle morti che concediamo, che non vogliamo impedire, o che vorremmo tanto poter impedire ma che non riusciamo a fermare. Piantando questo piccolo arbusto non mi sono sentita migliore ma garantisco che farlo mi ha fatto riflettere sul fatto che basterebbe poco per esserlo almeno un po’. Per me un albero è dignità”. (cl)