Gli auguri "stonati" e il presepe vivente a Matera animato dai migranti
- MI unisco volentieri agli auguri "stonati" di Valerio, volontario della Caritas diocesana di Agrigento: "Forse questo augurio suonerà un po’ stonato, ma sento di dovervi fare una confessione: questa atmosfera natalizia mi convince sempre meno, purtroppo. Mentre la città e le case si riempiono di luci e regali, quello che vedo intorno mi dà la misura di quanto questo periodo dell’anno possa essere per alcuni persino doloroso. Uomini e donne marginali, scarti umani, esuberi sociali… per i quali questo Natale sarà un giorno come un altro, se non fosse che la gente intorno a loro apparirà stranamente – e forse persino fastidiosamente – più gioiosa e amabile, ma sempre affannata dietro a regali e preparativi. Mi fa molto riflettere il fatto che in questi giorni siano in tanti a chiedere di far festa con i migranti, i disabili, i bambini della nostra ludoteca multietnica… Chiedono di portare panettoni e doni per condividere un’ora di questa attesa insieme a loro, per poi tornare con più serenità a rimetterli alle periferie della propria vita per il resto dell’anno. Dietro c’è indubbiamente – lo riconosco – un desiderio di dare un senso a questa festa, perché in fondo sentiamo tutti che il Natale vero è un altro: è un Dio che si è fatto uomo per condividerne la vita, sostenerne il cammino, dando un senso alle gioie come ai dolori, per illuminare tutto con la luce della sua Risurrezione che vince ogni cosa. È un mistero prorompente che stravolge il senso della nostra quotidianità, riempiendola di gioia incontenibile perché “Dio è con noi”, dalla parte nostra, ed è Padre misericordioso, Figlio salvatore e Spirito di vita. Credo che da questo desiderio dobbiamo ripartire".
In questa linea è significativo contemplare, fino al 7 gennaio a Matera, il più grande presepe vivente del mondo: circa 450 i figuranti (150 in scena), tra cui numerosi migranti coordinati dai volontari delle associazioni locali, con percorsi guidati per i disabili sensoriali. Oltre 80 costumi di scena, messi a disposizione dalla cooperativa “Made in Carcere” e realizzati con tessuti riciclati destinati al macero, sono stati realizzati per la prima volta dalle detenute di Borgo San Nicola e Trani. Per ricordare che Gesù si è fatto carne fra gli umili di Betlemme per farsi vicino a tutti, soprattutto agli ultimi e agli “scartati”, usando un’espressione di papa Francesco.