22 giugno 2015 ore: 15:00
Economia

Grecia, da Caritas appello alla ragionevolezza. "6,3 milioni a rischio povertà"

Mentre a Bruxelles si discutono le proposte di Alexis Tsipras l’organo Cei richiama l’attenzione sui tanti di greci in gravi difficoltà economiche. “I poveri non possono pagare per l’incapacità dei potenti a trovare un accordo”
Grecia. Crisi e povertà

ROMA - “Oggi, forse, si decide il destino di un paese, la Grecia, ma soprattutto di milioni di persone, i greci, che versano in condizioni di grave difficoltà economica, abitativa, sanitaria”. Mentre a Bruxelles si discutono le proposte di Alexis Tsipras, Caritas lancia un appello all’Unione, denunciando i dati forniti dall’Ufficio Bilancio del Parlamento greco, per cui 6,3 milioni di greci, pari al 58% della popolazione, sono ormai esposte al rischio povertà. Sostenuta dalle parole di Giovanni Paolo II e dalle riflessioni di Papa Francesco, la Caritas Italiana invita le istituzioni a praticare il bene comune, laddove le priorità economiche hanno preso il sopravvento su quelle sociali.

“Una situazione di grave impoverimento generale, le cui conseguenze ricadono principalmente su giovani e bambini”, come già evidenziato da Caritas Italiana nel Dossier “Gioventù ferita” e che denuncia come la classe politica del vecchio continente non sappia trovare soluzione alle drammatiche crisi che stanno minando le basi dell’Unione Europea. Seppure nata “per affermare la tutela della dignità materiale e morale dell’esistenza di ogni singolo cittadino, l’Unione è attraversata da sussulti di egoismi e dall’incapacità di affrontare l’enorme problema delle crescenti disuguaglianze”, si afferma.

Un appello in cui si attribuiscono le responsabilità del perdurare della crisi che stanno attraversando molti paesi europei, a quella classe politica che ha permesso alle priorità economiche di prendere il sopravvento su quelle sociali, così che a pagarne il prezzo fossero le categorie sociali più povere. “In Grecia e negli altri paesi colpiti dalla crisi economica, le politiche messe in atto finora hanno riguardato esclusivamente l’ambito economico, fiscale e finanziario, decidendo di investire solo sul salvataggio delle banche e non delle scuole, delle università, dei centri di ricerca, delle fabbriche, degli ospedali o più semplicemente delle famiglie”.
Parole che acquistano ulteriore spessore se associate alle riflessioni riportate da Papa Francecso nell’enciclica "Laudato Sì". “Ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti” -  e ancora - “Il salvataggio a ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura”.

E Caritas nel suo appello continua: “La risposta alla crisi ha ignorato 'l’Europa sociale' e ha segnato l’inizio dello smantellamento di molti di quei meccanismi che finora avevano protetto le fasce più vulnerabili della popolazione. Il degrado o la scomparsa della solidarietà ha prodotto il dilagare di egocentrismi, la perdita del senso dell’interesse collettivo. I ricchi sono diventati più ricchi, e i poveri sempre più poveri. Si è persa l’occasione, come sottolinea ancora il Papa nell’ Enciclica – “per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici”. Bisogna tornare a guardare al benessere di una comunità nel suo complesso; c’è bisogno di un’alternativa all’approccio attuale, nella quale la coesione e l’inclusione sociale assumano un ruolo altrettanto significativo rispetto alla dimensione economica”.

Argomentando la necessità di riattivare la solidarietà tra popoli, paesi, città e persone, non manca un riferimento alle parole di Giovanni Paolo II quando esortava L'Europa a “farsi parte attiva nel promuovere e realizzare una globalizzazione nella solidarietà. (..) una sorta di globalizzazione “della” solidarietà e dei connessi valori di equità, giustizia e libertà, nella ferma convinzione che il mercato chiede di essere opportunamente controllato dalle forze sociali e dallo Stato, in modo da garantire la soddisfazione delle esigenze fondamentali di tutta la società”.

E conclude: “La Grecia assieme all’emergenza profughi e alla guerra in Ucraina può distruggere il progetto politico dell’Europa, oppure proprio da queste emergenze può partire un cambiamento, l’inizio di un’inversione di rotta che rimetta la solidarietà, la democrazia, i diritti al centro della politica europea. I diritti di tutti, non i privilegi di pochi. Bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana e non c’è spazio per la globalizzazione dell’indifferenza. Non è ammissibile che una nazione europea non abbia la solidarietà degli altri stati europei; vuol dire che l’Europa non è una comunità. Non è in gioco il destino della Grecia ma quello dell’intera Europa”.

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