Hotel 6 Stelle, Contardi (Aipd): è per dire a tutti che “sappiamo lavorare”
I protagonisti della I edizione
ROMA – Nessun elemento competitivo, nessuna eliminazione, ma anzi uno spirito di squadra e il senso di “parlare anche a nome degli altri”: con questo spirito,“Hotel 6 stelle” (in onda a partire dal 17 febbraio, in seconda serata su RaiTre) racconterà il tirocinio formativo di sei ragazzi con sindrome di Down. Le riprese si sono concluse a novembre, “durante le prime sei settimane di stage, ma il tirocinio è ancora in corso e si concluderà a marzo”, ci spiega Anna Contardi, coordinatrice nazionale di Aipd (Associazione italiana persone down), che ha collaborato con la produzione Magnolia per la realizzazione del programma.
Com’è nata l’idea di portare sugli schermi il tirocinio di questi ragazzi?
Il format arriva dalla Spagna: ce lo ha proposto Magnolia e ci è piaciuto. Abbiamo rivisto alcuni aspetti, chiedendo, per esempio, la partecipazione anche di tutor dell’associazione, oltre che dei tutor aziendali. Alla fine, dopo qualche aggiustamento, siamo arrivati a concretizzare la proposta: un tirocinio formativo di 4 mesi per 6 persone, che durante le prime sei settimane sarebbero state seguite dalle telecamere. Sulla base di queste riprese, sarebbe stato costruito il programma. Non ci sarebbe stata alcuna competizione: l’obiettivo dei ragazzi è imparare a lavorare.
E l’obiettivo del programma?
Da un lato, offrire un’opportunità a questi giovani, dall’altro fare informazione e sensibilizzazione sulle potenzialità delle persone Down, quando si offrano loro condizioni adeguate. E poi, contiamo anche che dal programma possa arrivare una sollecitazione alle aziende: Aipd ha una rete di 47 sedi e quindi può collaborare con le aziende su tutto il territorio nazionale. L’inserimento lavorativo è uno dei nostri temi principali.
Come sono stati scelti i ragazzi?
Secondo un criterio misto tra noi e Magnolia: dovevano essere tutti in una fase di transizione scuola-lavoro, in cerca di occupazione. Ragazzi tra i 20 e i 30 anni che potessero essere messi alla prova. Noi abbiamo sottolineato l’importanza che svolgessero mansioni diverse tra loro e seguissero quindi sei percorsi indipendenti. I ragazzi, per ragioni logistiche, sono tutti di Roma.
E la scelta dell’albergo com’è avvenuta? C’è la possibilità che i ragazzi siano assunti, alla fine del tirocinio?
Non in quell’albergo, che al momento non ha posti di lavoro vacanti. Ma il direttore si è impegnato ad aiutarci per promuovere presso altre strutture le competenze acquisite dai ragazzi. La scelta della struttura è stata fatta da Magnolia: dopo aver sondato varie ipotesi, è stato scelto questo, che ha dato subito la sua disponibilità.
Perché è stato scelto proprio il settore alberghiero come luogo del tirocinio?
La scelta è di Magnolia, ma noi l’abbiamo sposata in pieno, perché questo settore offre molte mansioni differenti. Per questo da anni, grazie a finanziamenti europei, organizziamo tirocini in una struttura alberghiera di Barcellona.
La trasmissione affronta un tema cruciale dell’integrazione sociale: l’inserimento lavorativo. Qual è la situazione oggi, per le persone disabili e, in particolare, con sindrome di Down?
Oggi in Italia ci sono circa 40mila persone Down, di cui il 60% sopra i 18 anni. Ci risulta che meno del 13% di questi abbia un lavoro. Eppure, se è vero che non tutti sono in grado di lavorare, è vero anche che la maggior parte di loro potrebbero farlo con successo. Le difficoltà maggiori sono la mancanza di servizi di mediazione, orientamento e accompagnamento (a cui provvediamo quindi in molte delle nostre sedi) e la sopravvivenza di troppi pregiudizi: le aziende sono più propense ad assumere una persona con disabilità motoria, piuttosto che una con disabilità intellettiva. Per questo, noi cerchiamo di lavorare anche sul fronte delle aziende, attraverso azioni di informazione e sensibilizzazione.
Verso i tirocini formativi, c’è una maggiore disponibilità da parte delle aziende?
Sicuramente è più facile procurare un tirocinio piuttosto che un inserimento, ma credo che anche il precorso formativo debba essere finalizzato all’assunzione: collezionare tirocini può essere frustrante, sia per il singolo ragazzo che per il gruppo di cui fa parte. Le difficoltà esistono, però, anche nel caso del tirocinio: per esempio, una recente normativa impone all’azienda l’obbligo del compenso, nel caso in cui il percorso sia “formativo”: questo aumenta sicuramente le resistenze delle aziende. Spesso si ricorre all’escamotage del tirocinio riabilitativo, che invece resta gratuito. Comunque, non è un momento facile.
Qualche anticipazione sulle puntate?
Ciascuna di queste racconterà le storie di tutti, saltellando dall’uno all’altro. Ad ogni ragazzo è assegnata una mansione, che resta la stessa durante tutto il periodo formativo: aumentano però le richieste e il livello di autonomia. Ci sarà uno speaker, ma solo in pochi momenti, perché ci saranno le immagini e le voci dei ragazzi, dei tutor e dei familiari a raccontare tutto.
Partecipate anche al montaggio?
Il contratto di collaborazione lo prevede: abbiamo visto le prime puntate, abbiamo fatto alcune osservazioni, C’è molta disponibilità da parte della produzione.
La visibilità che avranno questi sei ragazzi non rischia di rappresentare un “privilegio” rispetto agli altri?
Certamente avranno una maggiore visibilità, ma alcuni di loro hanno detto chiaramente, durante le riprese, di portare avanti non una causa personale, ma collettiva: il messaggio che hanno trasmesso – e che abbiamo chiesto che sia mantenuto in fase di montaggio – è: “noi sappiamo lavorare, ma ci sono tanti altri che, come noi, saprebbero e vorrebbero fare lo stesso”. È questo lo spirito con cui hanno partecipato al progetto. Ed è questo il messaggio che, anche come associazione, ci auguriamo di trasmettere. (cl)