13 febbraio 2014 ore: 15:55
Disabilità

Hotel 6 Stelle, Vianello: “Ecco la prima docuexperience della tv italiana”

Molta ironia, qualche lacrima e una riflessione seria sul tema del lavoro per i ragazzi con sindrome di Down. Guerra: “E' una trasmissione vera e importante”. Aipd: “Indirizzata ai datori di lavoro, devono capire che questi ragazzi sono una risorsa”
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ROMA – Non un reality, almeno nel senso classico di come lo conosciamo né tantomeno una docufiction, perché di recitato non c'è niente, ma la prima “docuexperience” della televisione italiana che vuole portare all'attenzione del grande pubblico, “l'esperienza documentata di sei fantastici ragazzi all'interno di un albergo”. Definisce così Andrea Vianello, direttore di Raitre, il programma “Hotel 6 stelle”, pronto a debuttare il prossimo lunedì in seconda serata su Raitre: una trasmissione in sei puntate che racconterà passo per passo, lo stage di sei ragazzi con sindrome di Down presso l'hotel Melià di Roma. “Questa trasmissione per noi rappresenta una grande sfida e un'avventura – spiega Vianello, nella presentazione ufficiale alla stampa oggi a Roma – Abbiamo voluto fare un pezzo vero di servizio pubblico, raccontando l'inserimento lavorativo di queste persone che hanno sì un cromosoma in più, ma anche una marcia in più”.

E dalle prime immagini, mostrate in anteprima, il programma sembra non deludere le aspettative: non c'è pietismo o commiserazione, ma piuttosto una buona dose di ironia nel racconto quotidiano delle fatiche dei ragazzi per conquistare un posto di lavoro:in particolare di Livia, che mentre cerca di diventare una perfetta cameriera di sala, subisce gli sfottò di Paolo (il collega dell' hotel) che la “ pinguino-lumaca”. Così come non si può restare seri nel vedere Nicolas specchiarsi per la prima vota nella sua divisa da receptionist e autodefinirsi “bello, elegante e fenomenologico”. Ma non mancano neanche i momenti di seria riflessioni su un tema urgente per le persone disabili come il lavoro. A introdurlo è Martina, aspirante cameriera ai piani: “non capisco perché non facciamo un corteo tutti insieme per dire che vogliamo lavorare, è un nostro diritto – dice – Io non mi sento una down, ma una donna, e credo che anche noi dobbiamo far sentire la nostra voce”. E alla fine ci scappa anche qualche momento di commozione, in particolare quando sono le persone dell'albergo a raccontare come è stato lavorare con questi sei ragazzi speciali: Paola, per esempio, non trattiene le lacrime quando parla del suo scambio con Martina, un rapporto “che mi ha dato tanto,– racconta - mi ha fatto pensare al rapporto con mia figlia. E' stata davvero un'esperienza importante per tutti noi”.

Si tratta di una “trasmissione vera e senza falsificazioni” per la viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Cecilia Guerra. “Avevo due perplessità rispetto a questa trasmissione: che fosse troppo paternalistica e che si trattasse di un reality. Ma guardando le immagini le mie paure sono state fugate – sottolinea – Le telecamere non condizionano questi ragazzi che si raccontano con naturalezza. Non c'è falsificazione di nessun tipo e questo è importane così come quello che ci dice, e cioè che l'inserimento lavorativo è possibile anche per persone con altre specificità, ma serve innanzitutto una rivoluzione culturale per far incontrare domanda e offerta. Queste persone sono una risorsa anche in termini economici: non possiamo permetterci di mantenere in inattività persone che invece potrebbero mantenersi da sole, è un segnale di cecità”. Guerra ha ricordato che il tema del lavoro è una parte importante del Piano nazionale per le persone con disabilità in cui “ abbiamo deciso di considerare la persona nella sua interezza e specificità – spiega -un aspetto fondamentale per l'incontro tra domanda e offerta, ma bisogna anche rimettere mano alla legge 68 che ha maglie troppo larghe”.

L'obiettivo lavoro per le persone disabili è centrale anche per Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell'Aipd. “Con questa trasmissione abbiamo voluto mostrare che una persona con sindrome di Down con più di diciotto anni non è un eterno bambino ma un adulto semplice – spiega -In questo senso il tema del lavoro è fondamentale– spiega – più del 60 per cento dei down sono maggiorenni, bisogna far capire che sono persone che attraverso un impiego riescono, come tutti, ad avere una maggiore dignità. Speriamo quindi che la vedano soprattutto i datori di lavoro, per capire che tipo di risorsa per loro questi ragazzi possono rappresentare”.

Il programma ha ricevuto il patrocinio del Segretariato sociale Rai ed è prodotto da Magnolia, per la regia di Claudio Canepari. “La base per lavorare bene è creare un rapporto di fiducia reciproca tra chi riprende e chi e ripreso– spiega il regista – con questi ragazzi questo rapporto si è creato in maniera molto veloce, e il programma è il risultato di questo scambio reciproco”. (ec)

 

 

 

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