1 marzo 2016 ore: 16:26
Immigrazione

Hotspot "luoghi di illegalità". La denuncia del Tavolo asilo: "Violazioni continue"

Le associazioni criticano quanto avviene a Lampedusa, Trapani e Pozzallo. "Il governo italiano chieda con voce chiara di rivedere il pacchetto dell’agenda immigrazione che non ha risolto nessuno problema ma ha solo aggravato la situazione"
© Mashid Mohadjerin / Redux / CONT Migranti portati in uno dei centri per rifugiati in Sicilia

Foto di Mashid Mohadjerin

ROMA - Respingimenti arbitrari, trattenimenti coatti (senza alcun controllo giudiziario e per oltre 48 ore), negazione dell’accesso alla procedura d’asilo e uso della forza per l’identificazione delle persone in arrivo: gli hotspot, istituiti in Italia nell’ambito dell’agenda europea sull’immigrazione sono “luoghi di illegalità”. A denunciarlo oggi in Senato, sono state le associazioni che fanno parte del Tavolo Asilo ( Acli, Arci, Caritas, Casa dei diritti sociali, Centro Astalli, Cir, Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche , Medici per i diritti umani, Medici senza frontiere e Senza confine) esprimendo “forte preoccupazione per questa deriva fortemente negativa che rischia di determinare la politica di asilo in Italia, a seguito delle decisioni assunte a livello europeo per contenere il numero dei richiedenti asilo in arrivo nei paesi di prima frontiera”.

Nel concreto il Tavolo asilo parla di “gravissime prassi e violazioni dei diritti fondamentali” nei tre hotspot finora attivi, quello di Lampedusa, Trapani e Pozzallo. Nelle prossime settimane dovrebbero essere attivi come hotspot anche i centri di Porto Empedocle, Augusta e Taranto, e questo – sottolinea – “non potrà che aggravare la situazione”. Le associazioni ricordano che gli hotspot sorgono all’interno di centri già esistenti (ex centri di primo soccorso e accoglienza o Cie) “invece di migliorarne la capienza e le condizioni per garantire una vera prima accoglienza, i fondi dell’Unione europea vengono spesi per creare muri e recinti”. In questi luoghi, dove attualmente si trovano 1.200 persone, e nel futuro ne potranno essere trattenuto fino a 2.100, l’obiettivo è “realizzare il fotosegnalamento e completare la distinzione arbitraria tra “richiedenti asilo e migranti economici”.

A preoccupare, in particolare sono le modalità con cui viene applicata la procedura di identificazione prevista dalla legge. Secondo le associazioni di fatto ai migranti non viene data la possibilità di chiedere asilo, come previsto dalla legge ma vengono selezionati sulla base di un questionario “ingannevole”, rigorosamente scritto solo in italiano, e quindi non comprensibile da tutti.

“Secondo la normativa europea e italiana ogni cittadino ha diritto a chiedere protezione sulla base di una condizione personale, a seguito di tale richiesta deve essere ammesso alla procedura e temporaneamente accolto sul territorio. Non è ammessa alcuna discriminazione per motivi di nazionalità – spiega Christopher Hein del Consiglio italiano per i rifugiati-. La normativa è chiarissima e nessuna deroga è prevista. Ma tutto questo viene violato da 4 mesi in Sicilia".

Lo ha sottolineato anche una circolare del Dipartimento libertà civili del ministero dell’Interno in cui un esponente del Viminale è stato costretto a richiamare le prefetture e a chiedere di applicare la legge”.

Secondo il Tavolo asilo sono, infatti, già centinaia le persone che nonostante abbiano manifestato la volontà di chiedere asilo hanno ricevuto un respingimento differito con l’obbligo di lasciare il paese entro 7 giorni. “Sono stati lasciati per strada, senza cibo, senza vestiario, senza assistenza – aggiunge Hein – Una circostanza che riguarda soprattutto coloro che arrivano dall’Africa, da paesi come Gambia, Senegal, Nigeria e che determina una discriminazione in base alla nazionalità. Tutto questo obbedisce alla logica che si sta facendo strada in Europa e che tende a introdurre una distinzione tra possibili rifugiati e migranti economici solo sulla base del paese di provenienza. Ma questa prassi secondo la legge italiana  è illegale, anche secondo la convezione di Ginevra il riconoscimento della protezione deriva da condizioni personali”.

Sulla stessa scia anche Filippo Miraglia, responsabile immigrazione di Arci: “l’Hotspot è un sistema che tende a limitare il diritto d’asilo – sottolinea -. Abbiamo seguito centinaia di casi di persone che sono state sottoposte a un foglio di informazioni in base al quale i poliziotti li hanno messi sulla lista dei cattivi e le hanno indirizzate al respingimento. Non hanno fatto eccezione i minori, perché questo è un sistema che non consente di tutelare le categorie protette. Anche in questi giorni, nonostante le tante denunce che abbiamo fatto, alle frontiere italiane continuano le violazioni e gli abusi. Una parte delle persone respinte vive ormai per strada”.

Per questo in un documento congiunto il Tavolo asilo chiede che negli hotspot “la legge italiana torni a essere applicata” e che le persone arrivate abbiano accesso a un’accurata informativa dopo lo sbarco. “Questa informativa deve essere fatta da una voce indipendente – sottolinea ancora Hein - i rappresentanti dell’Unhcr non sempre hanno accesso immediato alle persone, spesso il contatto avviene dopo che il danno è  già stato fatto”. Secondo le organizzazione serve un organico coinvolgimento degli enti di tutela affianco all’Unhcr, una sorta di ripristino del vecchio programma Presidium anche per monitorare il fenomeno.  Inoltre, alla vigilia dei prossimi appuntamenti a Bruxelles, si chiede che “il governo italiano chieda con voce chiara di rivedere il pacchetto dell’agenda immigrazione che non ha risolto nessuno problema ma ha solo  aggravato la situazione in Grecia e nei Balcani. Siamo portavoce di una grande inquietudine – aggiunge Hein – l’approccio è insufficiente, la solidarietà intraeuropea è rimasta solo sulla carta”. Infine si chiede di accelerare le procedure di ricollocamento e che si rinunci alla distinzione in base alla nazionalità. 

La conferenza del Tavolo asilo è stata ospitata a palazzo Madama dalla Commissione diritti umani del Senato che di recente ha prodotto una prima indagine sugli hotspot. “Ieri abbiamo assistito alla seconda tappa di un’iniziativa che ha visto giungere nel nostro paese attraverso viaggi legali e sicuri 93 persone di nazionalità siriana, tra essi numerosi minori – ha sottolineato il senatore Luigi Manconi – un’iniziativa che fa toccare con mano la distanza tra ciò che virtuosamente si riesce a fare e ciò che si dovrebbe fare. Anche se il numero delle persone che ne hanno usufruito è esiguo, si tratta di un fatto positivo: far funzionare i corridoi umanitari è possibile anzi è la più ragionevole delle strategie. Non siamo di fronte a una catastrofe naturale ma a un fenomeno che può essere affrontato”. (ec) 

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