11 febbraio 2016 ore: 10:05
Immigrazione

Hotspot, Mauro Palma: "la detenzione dei migranti è la questione più urgente"

Intervista al primo Garante nazionale dei detenuti, che inizierà a lavorare nelle prossime settimane “dagli anelli più deboli della catena”. “La priorità sono gli hotspot in Sicilia”
Hotspots. Mano con numeretto

- ROMA - “Comincerò il mio mandato dagli anelli più deboli della catena”. A sottolinearlo è Mauro Palma, nominato da pochi giorni primo Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Dopo aver fondato l’associazione Antigone e aver visitato i luoghi di detenzione di tutta l’Ue, come presidente del Comitato per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti del Consiglio d'Europa, ora il suo compito è tutelare non solo le persone che vivono nelle carceri italiane ma anche coloro che sono in custodia nei luoghi di polizia, che vivono nei Centri di identificazione ed espulsione, o nelle strutture sanitarie in seguito a trattamenti sanitari obbligatori e a misure di sicurezza psichiatriche (Opg e Rems). Ed è proprio da queste ultime strutture che  ha intenzione di iniziare a vigilare, come spiega in questa intervista a Redattore sociale.

Lei è il primo Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, istituito in Italia. Quali saranno le priorità del suo mandato?
La fase iniziale sarà prodromica all’attività diretta. Cercheremo di far conoscere l’istituzione anche per stabilire un rapporto. La nostra attività, di monitoraggio e di analisi, è totalmente indipendente, noi facciamo visite non annunciate nei luoghi. Ma è necessario anche che l’interlocutore si senta riconosciuto e rispettato nel suo lavoro, e che capisca che questo non aiuta soltanto le persone che stanno dentro ma anche il sistema nel suo complesso a essere più rispettoso de i diritti delle persone. Dopo questa fase iniziale, seguirà una fase di coordinamento delle realtà dei garanti regionali che già esistono. Inizialmente nel nostro mandato ci rivolgeremo di più a quelle regioni dove la figura del garante non esiste. Questa è una priorità geografica. Da un punto di vista tematico, invece, la prima cosa da esaminare è la questione massiccia della detenzione dei migranti, un’ area su cui dobbiamo intervenire con una certa urgenza. Cioè sui cosiddetti hotspot, che vengono richiesti dall’Unione europea. Su questi centri bisogna capire e vigilare con attenzione. Alcuni sono in Sicilia, una regione dove non c’è il garante: in questo caso, dunque, urgenza geografica e urgenza tematica coincidono.

Negli hotspot, diverse violazioni sono state denunciate dalle associazione, in particolare riguardo alla procedura utilizzata. Vi concentrerete su questo?
Sì, andremo a verificare se è stato negato l’accesso ai tre diritti fondamentali che devono essere sempre presenti. Innanzitutto, quando una persona è privata libertà è in una posizione giuridica che prevede la presenza di un magistrato, non può essere solo trattenuto. C’è poi il diritto a comprendere, dove è stato collocato e perché, il soggetto deve cioè capire la procedura, quindi va adeguatamente informato. Il terzo aspetto discende da questa informazione e cioè al soggetto deve essere data la possibilità, nel concreto, di fare richiesta per essere riconosciuto come rifugiato. Oltre a questo, non deve essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, o addirittura a violenza. Questi diritti, nella foga degli alti numeri delle persone che arrivano, spesso non sono realmente tutelati. Dopo aver insediato l’ufficio, quindi, cominceremo a muoverci in coordinamento con i garanti regionali per coprire tutto il territorio nazionale, e in particolare le zone che attualmente non sono coperte. Inizieremo la funzione di garanzia dagli anelli più deboli della catena.

Oltre agli hotspot, l’altra questione aperta riguarda gli Opg, che dovevano essere chiusi già da un anno. Ci sono ancora quattro strutture superstiti, andrete a visitarle?
Sì, gli opg non sono  tutti chiusi: in alcune regioni non sono state ancora attivate le Rems, e così le persone sono rimaste negli ospedali psichiatrici giudiziari. Si tratta di circa 170 persone. E’ una detenzione che non ha base legale, ma mi auguro che nel tempo in cui noi ci insedieremo, diciamo quindici giorni circa, si trovi una soluzione Dopodiché ritengo che anche le Rems vadano visitate.  (ec)

L'intervista completa su Rs, L'agenzia di Redattore sociale

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