I capoverdiani in Italia scommettono sulle seconde e terze generazioni
Foto di Stefano G. Pavesi
La giovane intervistata da Mendes Evora riferisce di aver raggiunto la madre, già emigrata in Italia quando lei aveva appena 4 anni "per cercare di migliorare le condizioni della famiglia. L'obiettivo principale era quello di costruire nel giro di qualche anno una casa e rientrare a Capo Verde". Ma la famiglia vive un'autentica diaspora: un fratello a Lisbona e poi anche lui in Italia, un altro che andrà a lavorare in Angola. I primi 6 anni la ragazza vive in collegio con il fratello: sua madre viveva presso le famiglie dove lavorava come domestica. Solo dopo la terza media madre e figlia saranno sotto lo stesso tetto; la giovane si laurea e ottiene un master in "general management". Ma durante gli anni di università - riferisce - "ho cambiato numerose case, svolto vari lavori, frequentato un corso di mediazione interculturale, tardando così il completamento degli studi".
"La vita di una seconda generazione? Tutt'altro che facile - confida -. Basterebbe pensare alla frustrazione di dover rinnovare in continuazione i documenti, sapendo che la tua vita è appesa a un foglio di carta. Ho perso tante occasioni perché non ho ancora la cittadinanza italiana". Non solo: "Bisogna praticare una continua negoziazione con la propria identità. La nostra vita è una sorta di maratona, in cui il passaggio del testimone rende responsabili e fa sentire fieri di portare il 'fuoco' consegnato dai propri genitori". Ora la ragazza vive a casa sua ("che può ospitare due anime: Capo Verde e l'Italia"), mentre sua madre - pensionata - è rientrata in patria, per "godersi la propria abitazione e il nostro sole". (lab)