25 febbraio 2010 ore: 09:50
Immigrazione

I capoverdiani in Italia scommettono sulle seconde e terze generazioni

Nell'anno scolastico 2008/2009 quasi 600 studenti erano sui banchi delle scuole italiane. Antonita Santos Fermino: "Sono le associazioni capoverdiane ad adoperarsi per la loro educazione e integrazione"
Stefano G. Pavesi / Contrasto Scuola: Alunni della prima classe durante la lezione

Foto di Stefano G. Pavesi

PRAIA (CAPO VERDE) - Il futuro dei capoverdiani in Italia? Sta nelle seconde e terze generazioni, che si stanno formando: nell'anno scolastico 2008/2009 un drappello di quasi 600 studenti erano sui banchi delle scuole italiane di ogni ordine e grado, soprattutto nelle regioni centrali, dove si concentra oltre la metà (52,6%) dei ragazzi. Ben 206, poco più di 1/3, frequentano la scuola primaria, mentre 103 sono alla scuola per l'infanzia. "Sono le associazioni capoverdiane ad adoperarsi per la promozione umana, culturale, sportiva e ricreativa dei nostri ragazzi, attente a farli entrare in relazione con altri per gettare le basi della loro integrazione". Lo ha riferito Antonita Santos Fermino, capoverdiana di origine ma italiana d'adozione: è arrivata nel nostro paese nel 1970 e oggi fa la pedagogista e la formatrice, con una seconda laurea in psicologia quasi raggiunta e tanto amore per la sua terra. La docente è intervenuta alla settimana di studio sulle migrazioni in Africa promossa dal Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes. Ben 168 i ragazzi di origine capoverdiana che frequentano le secondarie di 2° grado, optando nella maggioranza dei casi per un indirizzo turistico. L'esperienza di una giovane capoverdiana, arrivata in Italia nel 1981 a soli 8 anni, è stata raccontata da Maria José Mendes Evora, di Italia-Lavoro, nel nostro paese da circa 31 anni, laureata in Scienze sociali alla Pontificia università gregoriana.

La giovane intervistata da Mendes Evora riferisce di aver raggiunto la madre, già emigrata in Italia quando lei aveva appena 4 anni "per cercare di migliorare le condizioni della famiglia. L'obiettivo principale era quello di costruire nel giro di qualche anno una casa e rientrare a Capo Verde". Ma la famiglia vive un'autentica diaspora: un fratello a Lisbona e poi anche lui in Italia, un altro che andrà a lavorare in Angola. I primi 6 anni la ragazza vive in collegio con il fratello: sua madre viveva presso le famiglie dove lavorava come domestica. Solo dopo la terza media madre e figlia saranno sotto lo stesso tetto; la giovane si laurea e ottiene un master in "general management". Ma durante gli anni di università - riferisce - "ho cambiato numerose case, svolto vari lavori, frequentato un corso di mediazione interculturale, tardando così il completamento degli studi".

"La vita di una seconda generazione? Tutt'altro che facile - confida -. Basterebbe pensare alla frustrazione di dover rinnovare in continuazione i documenti, sapendo che la tua vita è appesa a un foglio di carta. Ho perso tante occasioni perché non ho ancora la cittadinanza italiana". Non solo: "Bisogna praticare una continua negoziazione con la propria identità. La nostra vita è una sorta di maratona, in cui il passaggio del testimone rende responsabili e fa sentire fieri di portare il 'fuoco' consegnato dai propri genitori". Ora la ragazza vive a casa sua ("che può ospitare due anime: Capo Verde e l'Italia"), mentre sua madre - pensionata - è rientrata in patria, per "godersi la propria abitazione e il nostro sole". (lab)
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