I detenuti realizzano un cortometraggio e diventano operatori della pet therapy
PALERMO – Due laboratori realizzati con lo scopo di alleviare i giorni di reclusione in carcere. Un’iniziativa che ha visto protagonisti 15 detenuti dai 25 ai 60 anni, di cui due immigrati, i quali si sono dapprima cimentati nel ruolo di cine-operatori nel cortometraggio dal titolo "La lettera, missiva scritta e mai spedita da un detenuto del carcere Pagliarelli", e poi hanno partecipato ad un corso di addestramento di cani per la pet therapy. I due laboratori sono stati realizzati dal centro Padre Nostro di Brancaccio, rispettivamente dentro le case circondariali Pagliarelli e Ucciardone. Nel corto si narra la storia di un detenuto scritta in una lettera che poi viene recuperata fuori dal carcere e diventa un pretesto per fare rincontrare un gruppo di ex detenuti.
L'opera è il prodotto finale del corso operatori del cinema, che ha coinvolto 15 cittadini detenuti con la partecipazione dell’associazione Seven Communication, S.A.C.T. Scuola d’Arte per il Cinema guidata da Paolo Brancati. Il cortometraggio è stato premiato l'anno scorso a Roma in occasione di Medfilm festival nella sezione ‘corti dal carcere’.
Kira e Sara sono invece due cani labrador che hanno incontrano 10 detenuti della casa di reclusione "Ucciardone" di Palermo per la formazione in incontri settimanali di pet terapy. Nel pomeriggio di oggi a tutti i corsisti verranno consegnati gli attestati di competenza acquisita dalla d.ssa Nadia Adragna, volontaria del Centro di Accoglienza Padre Nostro e operatrice specializzata in Pet Therapy, dalla dott.ssa Avara Mariapia, vicepresidente del Centro di Accoglienza Padre Nostro Onlus e dallo staff educativo e dalla direzione del carcere Ucciardone.
"Da diverso tempo lavoriamo con i detenuti - dice Maurizio Artale presidente del centro Padre Nostro - per una doppia finalità che da un lato è quella di riuscire a fare trascorrere il loro tempo in maniera sana e dall'altro quello di fare acquisire delle competenze che potrebbero sfruttare fuori una volta usciti dal carcere. Il cortometraggio ha permesso ai detenuti di usare una telecamera e di fare gruppo sperimentando le loro capacità. Purtroppo ancora il carcere è un posteggio forzato in cui c'è chi si lascia andare e si scoraggia. Proprio per questo il laboratorio è una possibilità di conoscersi scommettendo sulle loro potenzialità. Naturalmente da questi corsi non escono attori ma l'esperienza serve per attivare percorsi culturali e relazionali che per loro sono molto significativi".
"Un nostro operatore è entrato in carcere con due cani che fanno pet terapy per insegnare ai detenuti come addestrarli - aggiunge Maurizio Artale -. L'anno prossimo abbiamo intenzione, invece, di far fare pet terapy proprio ai detenuti perché la presenza di questi cani è terapeutica anche per allontanare una serie di patologie di cui soffrono. Tra l'altro, in cantiere, c'è anche l'idea, di riconoscere al detenuto la possibilità di portare un proprio animale in carcere in aree appositamente adibite. Questa possibilità, che per il momento verrà valutata dalla direzione del carcere Ucciardone sulla base delle normative vigenti, permetterebbe al detenuto di accudire nelle ore consentite un proprio animale, cosa che sarebbe molto importante dal punto di vista affettivo- relazionale". Ma se tali laboratori cercano in qualche modo di alleviare i giorni di reclusione, il grande problema, come ci tiene a sottolineare il presidente del centro Padre nostro, resta il dopo carcere.
"Sicuramente siamo soddisfatti dei risultati che riusciamo ad avere con i diversi laboratori - continua Artale - ma il vero problema resta per il detenuto quello che farà una volta fuori dal carcere. Lo Stato ancora non crea quelle condizioni per cui chi è stato un detenuto riesce a lavorare regolarmente. Chi ha compiuto reati contro il patrimonio non può fare neanche il commerciante ambulante. Ci sono tante persone che una volta liberi, manifestano la buona volontà di cambiare vita ma non possono lavorare e rimangono bollati per sempre come 'ex detenuti' senza essere dei cittadini come tutti noi. Nel caso in cui hanno una famiglia da sfamare la situazione diventa pure molto complicata. Bisogna spingere allora lo Stato a cambiare le regole per favorire il reinserimento sociale dell'ex detenuto altrimenti la recidiva resta ancora molto alta. Se chi esce dal carcere si sente solo e abbandonato dalla società è molto più facile che cada di nuovo in giri malavitosi. Il salto di qualità il nostro Paese lo farà soltanto quando l'ex detenuto verrà considerato persona come noi con il diritto di fare una vita dignitosa come tutti a partire dal lavoro".
Il centro Padre Nostro ha inoltre sei cittadini detenuti in esecuzione di pena esterna presso le proprie strutture. "Nella nostra esperienza, oggi alcuni ex detenuti che avevano scontato la pena alternativa da noi, non solo non hanno commesso più reati ma, i più meritevoli li abbiamo pure assunti all'interno del centro. Certamente queste buone esperienze che si sono realizzate diventano nel tempo dei buoni esempi da seguire per tutti gli altri".