19 giugno 2014 ore: 14:25
Immigrazione

I milleduecento rifugiati "invisibili" di Selam, il palazzo dei fantasmi

La denuncia nel rapporto di Cittadini del mondo: i migranti, quasi tutti titolari di protezione internazionale vivono senza assistenza in uno stabile occupato vicino al raccordo anulare di Roma. Difficile l’accesso ai servizi anche sanitari. “Luogo simbolo della mancata integrazione”
Immigrazione: palazzo Selam

ROMA – Milleduecento persone, quasi tutte richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, che vivono senza servizi e assistenza in uno stabile abbandonato a sud di Roma, a poca distanza dal Grande raccordo anulare. Selam è il "palazzo dei fantasmi", dice  Deslane, eritreo, che lì vive da anni insieme a tanti altri migranti, arrivati nel nostro paese per chiedere asilo politico e oggi “invisibili” alle istituzioni.

La storia dello stabile dei rifugiati, uno dei luoghi simbolo della mancata accoglienza nel nostro paese, è oggi raccontata nel rapporto “Palazzo Selam, la città invisibile” realizzato dall’organizzazione di volontariato “Cittadini del mondo”, che dal 2006 ha attivato uno sportello socio sanitario presso l’edificio occupato per far fronte a una situazione di abbandono quasi totale. Il documento denuncia in particolare le condizioni di vita all’interno di questo palazzone, fantasma nei fatti, ma in realtà ben visibile a tutti i cittadini romani che quotidianamente percorrono il raccordo di Roma. Quella di Selam, spiegano, è una strana storia di occupazione, “prima legale poi divenuta illegale e quindi completamente abbandonata a se stessa insieme all’edificio che negli anni è diventato sempre più fatiscente”.

L’occupazione del palazzo, che prima era sede di una facoltà dell’università Tor Vergata, nasce dallo sgombero di un’altra famosa occupazione romana, quella dell’Hotel Africa. Nel 2006 le 400 persone che vivevano lì divise in gruppi più piccoli occuparono altre strutture nella periferia della capitale e nacquero così il centro di via Scorticabove a San Basilio, dove attualmente vivono circa 120 sudanesi, e Selam Palace. Le 250 persone entrate nell’ex facoltà di lettere e filosofia furono immediatamente sgomberate e portate in un tendone adibito a centro di accoglienza di fortuna. Tuttavia le proteste dei rifugiati furono tali che l’amministrazione fu costretta a trovar loro una sistemazione negli ultimi due piani del Palazzo Selam, mentre il resto della struttura fu murata. Nel 2007 furono destinati fondi per il trasferimento degli ospiti nelle strutture di accoglienza, ma dopo il rifiuto dei migranti di spostarsi l’occupazione divenne illegale, l’amministrazione smise di pagare le utenze e di occuparsi di qualunque questione legata al palazzo. Questo fu l’inizio del degrado strutturale dell’edificio mentre al suo interno continuavano ad insediarsi nuovi gruppi di persone, al punto che ad oggi vi abitano circa 1200 persone.

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“Per gli abitanti essere completamente abbandonati dalle istituzioni ha significato tra le altre cose non poter prendere la residenza nel luogo di reale domicilio e quindi di non poter usufruire dei servizi pubblici vicini come la scuola o come il sistema sanitario – spiega l’associazione -. Grazie all’intervento di cittadini del mondo e dell’Unhcr e solo dopo 6 anni dall’occupazione è stato possibile sbloccare la situazione, ma a oggi tutto ciò è nuovamente messo in discussione dal decreto Lupi che non consente di prendere le residenze in luoghi occupati abusivamente”.

Il report denuncia la difficoltà di accesso ai servizi territoriali, sociosanitari e sociali: “spesso la burocrazia non prevede complesse situazioni famigliari con la conseguenza che pratiche importanti rimangono bloccate negando l’accesso a servizi fondamentali, come nel caso dell’esenzione per la mensa scolastica. Gli operatori di tali servizi pubblici – aggiungono - non sono formati per accogliere questo tipo di richieste e spesso per stupidi errori, ai rifugiati politici è precluso l’accesso ad un servizio, un esempio è il non riconoscere il cedolino di richiedente asilo come documento” .

Il palazzo è allo stremo avendo raggiunto una popolazione di circa 2000 persone
Palazzo Selam -  interno

Quello che desta maggiore preoccupazione è “che il 95 per cento delle persone assistite dai volontari dell’associazione è titolare di un tipo di protezione internazionale – sottolinea ancora Cittadini nel mondo - il 76 per cento di queste persone vive in Italia da più di 5 anni, il 21 per cento da più di un anno e solo il 3 per cento da meno di un anno. C’è di fatto  la mancata integrazione dei rifugiati politici sul territorio e l’assenza di politiche volte ad una seconda accoglienza che permetta il graduale inserimento dei migranti nel tessuto sociale”. L’unica differenza la fa il fattore umano: l’intervento degli operatori o delle associazioni. “Queste ultime si pongono come interfaccia tra l’utente e i serviziterritoriali, venendo a colmare di fatto, le profonde lacune dell’accoglienza italiana”.

Gli invisibili di Selam, il “palazzo di vetro” dei rifugiati. Vai al video
Palazzo Salam. per video

Nel report si spiega inoltre, che negli ultimi anni il palazzo è diventato meta di migranti che in Italia non vogliono restare: eludendo i controlli alla frontiera, arrivano qui per riprendersi dal viaggio e continuare il cammino verso altre mete europee. Ma il continuo arrivo di nuove persone complica ancora di più la situazione di degrado dello stabile, in cui le condizioni igieniche sono pressoché disumane. (ec)

Su RS, l'agenzia di Redattore sociale, tutti i dati del rapporto "Palazzo Selam, la città invisibile"

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