I poveri in Campania sono soprattutto italiani, in misura rilevante donne
NAPOLI - La povertà in Campania riguarda le famiglie più che le persone singole, gli italiani più degli stranieri e in misura rilevante le donne, anche se la percentuale di incidenza maschile/femminile si sta avvicinando rispetto agli altri anni. È quanto emerge dal “Dossier Regionale sulle Povertà 2016 in Campania”, realizzato dalla Delegazione regionale Carits con quella della Fondazione Migrantes e presentata oggi a Napoli, che riunisce i dati di sedici diocesi. Secondo i dati del Dossier 2016 sono innanzitutto aumentati gli utenti dei centri di ascolto Caritas passando dagli 11.444 del 2014 ai 12.266 del 2015, anche se quelle aiutate indirettamente (tenendo conto dei nuclei familiari) sono circa 40mila. La maggioranza degli utenti - il 70,5% - vive in famiglia e tre persone su quattro erano unite da un vincolo matrimoniale ma attualmente solo la metà di loro risulta ancora sposata. Nel 2015 l’incidenza del cosiddetto “nucleo spezzato” (vedovanza, separazione legale e divorzio) raggiunge il 23,4%. I poveri in Campania, inoltre, non sono senza dimora: hanno un domicilio oltre nove utenti su dieci anche se molto spesso vivono in abitazioni precarie ed inadeguate. Rispetto alle situazioni di totale esclusione sociale predomina un profondo disagio sociale, confermato dai dati economici regionali che mostrano che la Campania ha un reddito pro capite pari a 17.077 euro che equivale appena al 63,4% di quello italiano (26.946 euro).
“In Campania – spiega Ciro Grassini, coordinatore del Dossier - su dieci persone in età lavorativa neanche quattro lavorano: diventa una povertà impossibile da combattere. Come pure la questione femminile è fortissima, il 27,4% per cento delle donne in età lavorativa non ha effettivamente un lavoro e per poter lavorare deve andare via, come pure circa il 40 per cento dei nostri giovani non lavora, non studia, probabilmente non ha neanche un futuro dalla sua parte. Ma anche avere un lavoro non esclude dal divario sociale: i poveri sono i cinquantenni disoccupati, le casalinghe, i pensionati che hanno un reddito insufficiente rispetto ai loro bisogni quotidiani”.
Lo svantaggio per le famiglie cresce in quelle numerose: se la famiglia è composta da 2 persone l’incidenza della povertà assoluta è del 3,8%, mentre se raggiunge o supera i 5 componenti si arriva al 17,2%. Cresce anche l’incidenza di quelle con 2 figli minori (9,0% nel 2014, 11,2% nel 2015) e si conferma l’enorme divario laddove vi sono almeno 3 o più figli minori (18,6% nel 2014, 18,3% nel 2015), con percentuali doppie e triple rispetto alle altre tipologie. Per quanto riguarda la condizione lavorativa, la più diffusa è quella di disoccupato, che riguarda il 72,0% degli utenti nel 2015. I tassi ufficiali di occupazione confermano questo dato ed evidenziano un’Italia divisa a metà, con un Mezzogiorno (42,5%) che presenta valori inferiori rispetto al Centro-Nord (63,8%) di oltre 20 punti percentuali, dove la Campania è fanalino di coda con il 39,6 per cento e un’incidenza del tasso di occupazione totale inferiore di 3 punti, con un tasso di occupazione femminile del 27,4%, il più basso in assoluto a livello nazionale.
I poveri in Campania sono perlopiù italiani, con la componente italiana del 61,6% nel 2014 e del 61,0% nel 2015, anche se dall’inizio della crisi economia - per la prima volta dal 2008 - la percentuale degli stranieri è tornata a crescere. Tra le richieste principali ai centri ascolto Caritas, quelle di beni materiali quali viveri e vestiario, oltre che del lavoro e di sussidi economici per il pagamento di utenze e fitti. “Non c’è niente di tanto nuovo nei dati – dice Antonio Di Donna, vescovo delegato Caritas Campania - siamo ancora nella crisi che non finisce e durerà a lungo. Si allarga sempre di più la forbice tra ricchezza e povertà e spesso le istituzioni civili per dare delle risposte ai bisogni inviano alle Caritas che rischiano di smarrire la loro identità: la Caritas ha un compito pedagogico, non deve diventare un welfare. Forse la vera novità è nell’approccio: la povertà è analizzata tenendo conto della mancanza di lavoro, dei flussi dei migrandi e dei danni ambientali”. (ip)