Quasi 1 giovane di seconda generazione su 4 non ha la cittadinanza italiana e 4 su 5 sentono di avere un’identità inedita. Quasi la metà degli intervistati è praticante e un’altra metà pensa che gli italiani siano razzisti
Rete della Cittadinanza a Montecitorio
ROMA - Le seconde generazioni riempiono le culle e le classi. Negli ultimi 20 anni in Italia sono nati complessivamente 1.881.180 figli di coppie formate da almeno un genitore straniero (il 17,7% del totale). Nell’ultimo anno i figli di almeno un genitore straniero sono stati 82.216, pari al 20,9% del totale dei nati. Come dire che oggi 1 neonato su 5 ha almeno un genitore di origini straniere. Nell’anno scolastico 2023-2024 risultavano iscritti a scuola 931.323 alunni stranieri, pari all’11,6% del totale degli iscritti, quota che raggiunge il 13,7% nella scuola primaria e il 12,7% nella scuola dell’infanzia. In Italia risiedono oltre 5 milioni di cittadini stranieri: si tratta di una minoranza consistente e silenziosa che vive nella quotidianità dei nostri territori, ma di cui si sa troppo poco. Con il Primo Quaderno sui nuovi italiani, giovani che hanno i genitori con un passato migratorio, il Censis avvia un nuovo progetto di ricerca.
Italiani a tutti gli effetti, ma non dimenticano il paese di origine
Il 77,4% dei giovani intervistati dal Censis è nato in Italia e il 22,6% è arrivato nel nostro Paese in età prescolare. Il 76,6% ha la cittadinanza italiana, quota che sale all’80,4% tra chi è nato in Italia; il 23,4% ha la cittadinanza straniera, quota che sale al 36,3% tra i nati all’estero.L’80,0% degli intervistati desidera apprendere la storia e le tradizioni del proprio Paese d’origine e il 91% lo ha visitato almeno una volta. Con il Paese dei genitori hanno un rapporto profondo che è alimentato dalla presenza sul posto di parenti (91,4%) e di amici (72,8%). Il legame con il proprio Paese di origine si traduce per l’80,2% in un sentimento di orgoglio e per il 49,4% nella consapevolezza di avere un valore aggiunto e un punto di forza rispetto ai coetanei.
Identità inedite attitudini globali
Iper relazionali.Hanno un mondo di relazioni vario e complesso in cui coesistono amicizie con giovani italiani e di origine straniera: il 92,8% ha amici italiani e l’89,4% ha amici stranieri. Il 93,4% trascorre il tempo libero con gli amici. Il 96% è attivo sui social media. Il 71,8% ha o ha avuto una relazione sentimentale con un italiano/a. Il mix culturale che caratterizza questi giovani determina, nel 45,4% dei casi, la percezione di possedere un’identità inedita, che integra elementi che provengono da altre culture con elementi più propriamente italiani, mentre il 40% si sente solo italiano e il 14,6% sente di appartenere al Paese di origine. Viaggiano da quando sono nati e conoscono in media 4 lingue: tutti parlano l’italiano (il 69,6% si definisce madrelingua) e l’inglese, oltre il 60% conosce lo spagnolo e il francese. Il 37,4% pensa che rimarrà in Italia, ma il 37,6% ha in mente di trasferirsi all’estero. Anche per loro si genera il paradosso per cui un Paese che ha sempre meno giovani come l’Italia non riesce a trattenere i pochi giovani rimasti.
La centralità della dimensione religiosa e il razzismo
La religione, anche quella praticata, sembra mantenere centralità nei nuovi italiani. Il 78% dei giovani intervistati dichiara di avere una religione di appartenenza e il 22% si dichiara ateo o agnostico. Tra chi si definisce religioso, il 60,5% è anche praticante: dunque il 47,2% dei giovani di seconda generazione è praticante.Il 52,2% dei giovani intervistati con un retroterra migratorio sostiene che gli italiani sono razzisti, il 62,4% ha subito comportamenti razzisti e il 26,0% li subisce tuttora, il 64,4% pensa che il razzismo sia in crescita. Razzismo che si traduce in comportamenti concreti: il 76,4% dei giovani intervistati è convinto che gli stranieri abbiano maggiori difficoltà a trovare una casa, il 72% sostiene che i cittadini stranieri hanno più difficoltà a trovare un lavoro e il 64,6% ritiene che in genere siano pagati meno degli italiani. Secondo il 57,8% il colore della pelle è l’elemento che più di ogni altro determina il pregiudizio e la discriminazione.