8 ottobre 2014 ore: 12:35
Giustizia

Il carcere è meno affollato: calati diecimila detenuti in dieci mesi

Sono 54 mila a fronte di 49 mila posti. Forte diminuzione di stranieri e di non definitivi. Gonnella (Antigone): “Quadro migliorato ma il sovraffollamento resta e c’è il rischio di tornare indietro”. Pagano (Dap): “Riforma a 360 gradi, il cambiamento potrà sedimentarsi”
Carcere, corridoio con celle aperte

ROMA – Nelle carceri italiane si sta molto meno stretti: diecimila detenuti in meno nel giro di dieci mesi. È quanto emerge da un confronto tra gli ultimi dati diffusi dal Dap a fine settembre 2014 e quelli al 30 novembre 2013 riportati dal dossier di Antigone. Un calo di quasi mille ristretti al mese, perlopiù tra i detenuti stranieri e i non definitivi. Segno di un cambio di rotta dovuto alle recenti sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e a un’inversione di tendenza della legislazione italiana. Il sovraffollamento, però, è attenuato ma non archiviato, perché le presenze sono tuttora molto superiori ai posti disponibili.

Al 30 novembre 2013 si contavano 64.047 detenuti, mentre dieci mesi dopo sono 54.195, rispettivamente a fronte di una capienza di 47.649 posti stimati a fine 2013 e di 49.347 contati a fine settembre 2014. Quasi cinquemila i detenuti stranieri in meno: erano 22.434, ora scesi a 17.522. Oltre quota seimila il calo dei detenuti con sentenza non definitiva: da 23.923 a 17.818.

“Il quadro è evidentemente migliorato – ammette Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone -. Questo risultato è il frutto di una serie di norme introdotte nell’ultimo anno e della sentenza Torreggiani pronunciata l’8 gennaio 2013 dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, che costituisce una pesante condanna nei confronti dell’Italia e del suo sistema penitenziario”. Confrontando i dati, Gonnella sottolinea che “oggi i numeri della custodia cautelare sono più bassi e il calo complessivo degli stranieri è attribuibile a nuove norme che hanno favorito l’accesso alle misure alternative, insieme alla riduzione degli arresti per pochi giorni. L’abrogazione della legge Fini-Giovanardi per incostituzionalità, infine, ha consentito una rimodulazione individuale delle pene”.

Non si può però abbassare la guardia pensando che il peggio sia passato: “Il tasso di sovraffollamento permane – avvisa Gonnella - e comunque siamo ancora davanti a piccole riforme, in assenza di una visione di sistema alternativa, perciò c’è sempre il rischio di tornare indietro”. Antigone, infatti, si dice spaventata da “alcune idee di riforma che tentano di fare passi indietro, come le voci di scioglimento del Dap e l’affidamento della direzione delle carceri a personale proveniente dalla polizia: l’organizzazione della vita carceraria non è un compito di ordine pubblico ma prevede competenze diverse di management”. Gonnella incalza sulla mancata nomina del capo del Dap, che “non aiuta il processo riformatore. Speriamo si arrivi più spesso alla nomina di persona competente con un programma chiaro”.

D’accordo sull’interpretazione dei dati, ma più ottimista sugli scenari futuri è Luigi Pagano, vice capo vicario del Dap: “Le recenti disposizioni legislative, da Severino a Cancellieri a Orlando, hanno limitato le normative che incidevano sulla custodia cautelare e hanno favorito l’accesso alle misure alternative. Oggi siamo a circa 31mila persone in esecuzione penale esterna”. E aggiunge: “Stiamo cercando di lavorare anche nell’ottica di un principio di territorializzazione: in Sardegna abbiamo 700 posti vuoti, ma mandare un detenuto lì da Roma non è possibile. Teniamo conto che deve ancora realizzarsi il piano carceri, perciò nei prossimi anni possiamo riuscire ad avere un numero di detenuti pari ai posti disponibili”. Per Pagano, quindi, siamo solo all’inizio di un processo: “Il miglioramento è reso evidente dai numeri. Abbiamo più detenuti definitivi, meno misure cautelari, più misure alternative. E un sistema che sta diventando più coerente e armonico”. In quest’ottica il vice capo non teme possibili regressioni: “Perché dovremmo tornare indietro? È evidente che se stiamo rivoluzionando un sistema non possiamo fare tutto in un giorno. Il sistema penitenziario oggi conta su una grande attenzione da parte del Dap, del governo, degli enti locali, del Parlamento… Se c’è la possibilità di avere davanti a noi un po’ di tempo, questo cambiamento potrà sedimentarsi. Non sono pessimista perché stavolta si è agito a 360 gradi”. (gig)

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