Il decreto Pillon e quei figli "ridotti a trolley": ecco i nodi critici
Roma - “Il disegno di legge Pillon su temi come affido condiviso, mantenimento diretto e bigenitorialità rischia di far fare al nostro Paese un salto all’indietro di decenni e porta con sé non pochi rischi per i figli ed in generale per tutti coloro che si trovano ad affrontare il non facile momento della separazione. E’ un testo incongruente e dannoso per i minorenni e, nella attuale formulazione, del tutto inaccettabile". E' il commento di Gianmario Gazzi, Presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali, sul disegno di legge presentato dal senatore Pillon.
Il presidente Gazzi si dice pronto, quando il provvedimento inizierà il suo iter nelle Commissioni, a portare nelle audizioni il contributo di esperienze degli assistenti sociali italiani che "da sempre sono chiamati a svolgere in tema di minori e famiglie un ruolo decisivo". "Quanti hanno contribuito a scrivere il testo del ddl sembrano voler indossare i panni di Re Salomone - sottolinea Gazzi - senza però possedere quella sapienza che quest’ultimo, quasi 3mila anni fa, aveva mostrato, nei fatti, indicando che alla “bigenitorialità perfetta” non si arriva tagliando il bambino in due pezzi".
“Il testo del provvedimento su cui si è finalmente aperto un dibattito pubblico vista l’importanza e la delicatezza del tema e i problemi che cerca di affrontare - spiega ancora Gazzi - presenta tutta una serie di criticità che debbono essere affrontate: di fatto ignora del tutto il minore come soggetto di diritti e di volontà, che debbono anche essere rappresentate in giudizio attraverso un curatore speciale, subordinandoli a quelli dei genitori; riduce i figli a “trolley” imponendo loro il doppio domicilio dovendo abitare ora nella casa dell’uno ora nella casa dell’altro con tutte le inevitabili conseguenze di natura economica e organizzativa; prevede la cancellazione dell’assegno di mantenimento trasformandolo nella sola contribuzione delle spese a favore dei figli addirittura con la loro suddivisione per tipologia e capitoli di spesa”.
“E’ anche molto grave che venga introdotto l’istituto della mediazione familiare obbligatoria che, oltre ad essere un ulteriore costo aggiuntivo, - prosegue - è formalmente vietata dalla convenzione di Istanbul in presenza di violenza domestica; che sia demandato al solo giudice la valutazione sulla “disfunzione relazionale”, asserendo implicitamente che la definizione degli aspetti pratici (attraverso il piano genitoriale, la suddivisione di compiti e spese, ecc.) e le possibili sanzioni ventilate possano magicamente risolvere il conflitto e sciogliere i nodi della comunicazione disfunzionale fra i due genitori. E’ anche gravissimo minacciare il ricorso al collocamento in comunità di quei minori vittime dei comportamenti pregiudizievoli dei genitori, in controtendenza a rispetto a tutta la cultura di protezione sviluppata negli ultimi anni che ritiene doveroso allontanare l’abusante piuttosto che colpevolizzare il bambino. L’allontanamento e il collocamento in comunità come minaccia sono gli stereotipi contro i quali gli assistenti sociali si battono da anni e non rappresentano certo la leva del cambiamento di genitori inadeguati”.
“Il rischio concreto che questo provvedimento porta con sé - conclude Gazzi - è che il coniuge debole, quasi sempre la donna, lo diventi sempre di più anche per i rischi maggiori che corre nel caso di violenza domestica che, per essere condannata, ora deve essere sistematica pur prevedendosi che le pene relative siano diminuite. Nel suo complesso il ddl Pillon - quasi punendole - disincentiva le donne che vogliono uscire da una relazione e che, nel nostro Paese, non possono più fruire, essendo stati praticamente aboliti, quei pochi servizi sul territorio, come i consultori, che una volta rappresentavano per loro un possibile punto di riferimento”.