23 settembre 2014 ore: 15:28
Immigrazione

Il direttore di Frontex: con Mare nostrum più arrivi, credo che l’Italia la chiuderà

Il responsabile dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere, atteso domani a Roma, fa il punto sull’operazione Triton, che dovrebbe partire a novembre con un budget di 3 milioni al mese, “ma che non sostituirà Mare nostrum: la chiusura di quest’ultima spetta all’Italia”
Operazione Mare nostrum, sbarchi, salvataggio immigrati
Gil Arias Fernandez
Gil Arias Fernandez

BRUXELLES – Come cambierà il controllo dell’immigrazione irregolare in Europa, quale sarà il futuro di Mare nostrum e come si evolve il progetto “Triton” (inizialmente denominata Frontex plus) di cui si è parlato a lungo nelle scorse settimane e su cui l’attenzione sembra ora drasticamente calata. Alla vigilia del consiglio di amministrazione di Frontex, previsto domani a Roma e a margine del quale si svolgerà un incontro con le autorità italiane, Gil Arias Fernandez, spagnolo, 55 anni, direttore esecutivo dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere (che ha sede a Varsavia), accetta di rispondere alle nostre domande. Proprio a partire dalla nuova operazione che Frontex lancerà nei prossimi mesi.

A che punto siamo con Triton?
A inizio settembre abbiamo cominciato a lavorare all’operazione. Abbiamo spedito una bozza di piano alle autorità italiane, al ministero dell’Interno principalmente ma anche alla Guardia di finanza e alla Guardia costiera. Domani a Roma speriamo di raggiungere un accordo definitivo sul piano operativo. Sui media si è detto che Triton partirà a novembre, e la cosa è stata anche ripresa da alcuni parlamentari europei, ma la data precisa ancora non la sappiamo né la possiamo decidere. Dipenderà molto da come continueranno le discussioni con le autorità italiane. Abbiamo poi avuto la disponibilità a collaborare anche da parte della marina maltese a certe condizioni, quindi dobbiamo valutare la portata di questa offerta. Inoltre ribadisco che Triton non sostituirà Mare Nostrum, se e quando Mare nostrum finirà dipende da una decisione delle autorità italiane e non da noi.

Di che risorse dispone attualmente Triton?
Abbiamo una stima dei costi e delle risorse tecniche e finanziarie necessarie per l’operazione di circa tre milioni di euro al mese. Per quanto riguarda la disponibilità di mezzi, dipenderà dagli impegni presi dagli stati membri se arriveremo a questa cifra o no. Tenendo però conto che nelle operazioni Hermes ed Aeneas (quelle che Frontex già sta conducendo nel Mediterraneo n.d.r.) partecipano già fra i sedici e i diciotto stati membri, diamo per scontato che almeno lo stesso numero di paesi se non di più daranno la loro disponibilità per Triton. Una volta che avremo redatto il piano definitivo con le autorità italiane, chiederemo alla Commissione il budget necessario per il 2014. Siamo invece preoccupati che nel 2015 dovremmo ridimensionare l’operazione, se non ci verranno dati fondi extra da Bruxelles. Per ora la Commissione non ci ha detto quanto intende destinare a Triton, perché preferisce che Frontex e le autorità italiane presentino il loro preventivo per poi finanziarlo.

Si era parlato di fondi extra rispetto a questi circa tre milioni al mese, che la Commissione avrebbe a disposizione ma non sa se sbloccarli. Le risulta?
Penso sia improbabile che la Commissione finanzi più di quello che sarà la stima dei costi che faremo per Triton. Quello che potranno fare, invece, è stanziare ulteriori fondi per misure aggiuntive che coinvolgano ad esempio l’Italia. Una di queste misure potrebbe essere un rafforzamento dei pattugliamenti per evitare che alcuni pescatori tunisini recuperino i relitti delle imbarcazioni usate per il traffico degli immigrati, le riparino e ne permettano di nuovo l’utilizzo agli scafisti. Questa è un’attività che Frontex non può intraprendere, ma l’Italia sì.

Prima di tornare agli aspetti del finanziamento dell’operazione, quali sono i dettagli che ancora mancano per finalizzare il piano operativo di Triton?
Si tratta principalmente dei mezzi di cui Triton potrà disporre, quante navi, aerei ed elicotteri, di che tipo, se i mezzi debbano essere messi a disposizione dall’Italia o da altri paesi etc. Una volta che finalizzeremo questi dettagli, speriamo che avverrà domani, faremo una call per gli stati membri che avranno un paio di settimane per dare ufficialmente le loro adesioni. Verrà data una deadline ufficiale, ma ripeto daremo circa due settimane di tempo. Noi comunque abbiamo il sentore che non avremo problemi ad avere la partecipazione di molti paesi. A parte quelli che hanno già dato la loro disponibilità spontanea (Spagna, Germania, Francia e ovviamente Italia n.d.r) e Malta, di cui già parlavamo, ce ne sono molti altri pronti a farlo.

Frontex è stata spesso criticata per occuparsi troppo di controllare i confini e poco del rispetto dei diritti umani. Come risponde a queste critiche?
Il nostro approccio tiene sempre conto dei diritti umani. Noi non siamo un’agenzia che si occupa del salvataggio di vite in mare, questo spetta agli Stati membri. In Ue non c’è un ente unitario né un coordinamento che si occupi delle operazioni cosiddette di “search and rescue”, che ricadono sotto la responsabilità dei singoli paesi. Detto questo, però, siccome salvare vite umane è una priorità e soprattutto un obbligo sancito dal diritto internazionale, anche se siamo un’agenzia che si occupa di controllare le frontiere, quando in un’operazione ci troviamo di fronte a persone in pericolo o quando a una nave di Frontex le autorità nazionali chiedono di partecipare a un’operazione di search and rescue, ovviamente lo facciamo. E molte delle nostre operazioni, de facto, diventano più operazioni di soccorso e salvataggio che non operazioni di controllo delle frontiere. Ma questo, lo ripeto, è un principio del diritto internazionale, non del mandato di Frontex. Aggiungo che il rispetto dei diritti umani è parte integrante della nostra mission, abbiamo adottato una strategia per i diritti fondamentali da utilizzare durante le nostre operazioni, abbiamo un “fundamental rights officer” (funzionario per i diritti fondamentali, n.d.r.) che si occupa proprio di verificare in maniera indipendente che non vi siano violazioni a tali diritti, abbiamo un forum consultivo di cui fanno parte ong e organizzazioni della società civile, insomma per noi il rispetto dei diritti umani è condizione indispensabile in qualsiasi tipo di operazione.

Torniamo a parlare di risorse. Avete spesso lanciato un grido d’allarme per quanto riguarda il vostro bilancio ridotto e una coperta che è sempre troppo corta.
Be’, in effetti la coperta è corta. Prima di decidere di lanciare Triton, avevamo già deciso di prolungare l’operazione Hermes, che doveva scadere a fine settembre, di due mesi. Quindi ora Hermes è attiva nel mediterraneo fino a fine novembre. Questo ha voluto dire spostare fondi extra (circa 2,4 milioni di Euro n.d.r), prima utilizzati per altre operazioni, sul prolungamento di Hermes. ma ciò è stato necessario visto che la pressione migratoria nel Mediterraneo resta molto alta. Abbiamo quindi dovuto fare dei tagli, per permetterci di riallocare fondi, ma speriamo che per novembre potremo sostituire Hermes con Triton. Per quanto riguarda i prossimi anni, il bilancio di Frontex aumenterà ma non in maniera considerevole: passeremo dagli 81 milioni che la Commissione ci ha dato nel 2014 a 95 milioni di Euro nel 2020. Questo senza considerare i contributi degli altri paesi dell’area Schengen. Quello che però noi chiediamo non è tanto un aumento del bilancio in sé, quanto la possibilità di avere riserve a disposizione da sbloccare in casi di emergenza. Per il 2013 abbiamo dovuto chiedere già fondi extra alla Commissione, vista la tragedia di Lampedusa, e c’è tutto un processo burocratico per l’approvazione di tali fondi. Ormai è quasi la regola, negli ultimi anni, ricorrere a queste risorse aggiuntive e dovremo probabilmente farlo anche per il 2014; allora ci chiediamo perché non sia possibile prevedere tali fondi extra come riserve, in modo che - se ne abbiamo bisogno - possiamo utilizzarli senza troppe lungaggini burocratiche e senza emendamenti al bilancio. Questo sarebbe ottimo per affrontare meglio le situazioni di emergenza.

Siete già in contatto con la nuova Commissione?
Ancora no, la nostra referente per ora resta la commissaria Malmstrom. Una volta che il nuovo commissario all’Immigrazione Avramopoulos avrà ricevuto l’approvazione del Parlamento e che si insedierà, ci relazioneremo con lui. Ma in ogni caso il direttore generale del servizio che, in Commissione, si occupa di Affari interni, resta il nostro referente e non cambia fra un commissario e l’altro. Questo assicura una certa continuità nelle nostre relazioni con Bruxelles.

Da Frontex sono venute critiche a Mare Nostrum perché favorirebbe il lavoro degli scafisti, cosa si sente di dire?
Come ho detto non sono io a decidere se e quando Mare Nostrum debba essere messa in pensione né se Mare Nostrum sia o no una buona operazione. Immagino che dalle parole del ministro Alfano si possa dedurre che prima o poi questa operazione finirà. Non so che impatto potrà avere sulle nostre attività, una volta che Mare Nostrum non ci sarà più. Lo valuteremo se sarà il caso, intanto lanceremo Triton che è un’operazione indipendente. Ma faremo le valutazioni solo a tempo debito, d’altra parte apportiamo sempre cambiamenti alle nostre operazioni in corsa, quindi non sarebbe la prima volta. Per quanto riguarda un giudizio su Mare Nostrum, non sta a noi darlo, però quello che abbiamo rilevato è una graduale crescita del numero di arrivi da quando l’operazione è stata lanciata, e soprattutto che gli scafisti stanno mettendo meno carburante, acqua e cibo nelle barche e stanno usando imbarcazioni sempre meno sicure perché tanto sanno che poco dopo esser partiti dalle coste libiche gli immigrati verranno soccorsi dalla marina italiana. Questo è quello che sappiamo dalle analisi delle imbarcazioni e dai risultati delle interviste che abbiamo condotto con i migranti.

Ma quando Mare Nostrum, che ha salvato 120 mila vite, verrà interrotta, chi soccorrerà i migranti in difficoltà in mare? E se già abbiamo avuto quasi tremila morti quest’anno, cosa succederà senza Mare Nostrum?
Io non ho né le informazioni né le competenze adatte per rispondere a questa domanda. Non spetta a me farlo, questa è una decisione che lascio ai politici.

Cosa pensa della proposta da alcuni eurodeputati italiani di spostare la sede di Frontex in Sicilia?
Io vengo da un paese mediterraneo e personalmente sarei contentissimo di lavorare in Sicilia, ma se vogliamo essere seri, credo che non cambierebbe niente dal punto di vista pratico. Le sedi delle agenzie sono state decise all’unanimità anni fa e cambiarle è molto difficile, per non parlare dei costi che ciò implicherebbe senza dare nessun vantaggio. (Maurizio Molinari)

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