12 luglio 2015 ore: 12:52
Immigrazione

Il dramma dimenticato degli eritrei: 50 mila in fuga ogni anno verso l'Europa

Il 23% dei richiedenti asilo in Italia proviene dall’Eritrea, una diaspora silenziosa che non trova spazio nel dibattito pubblico e mediatico. Nel libro “Migranti e Territori”, Emilio Drudi e Marco Omizzolo raccontano le storie dei giovani che scappano dalla dittatura di Afewerki
Rifugiati eritrei

ROMA - L’Eritrea è il Paese con la dittatura peggiore al mondo eppure il dramma che migliaia di persone vivono quotidianamente resta invisibile. Nel libro “Migranti e Territori”, il giornalista Emilio Drudi e il sociologo Marco Omizzolo ripercorrono la diaspora silenziosa del popolo eritreo in fuga dal regime di Isaias Afewerki. “Esiste un servizio militare a tempo indeterminato che dura fino ai 55 o 60 anni. E’ per questo che un giovane su otto scappa.  E’ uno Stato che si sta svuotando delle proprie energie, anche se nessuno parla di questo orrore”, afferma Drudi. Le 500 pagine del rapporto dell’Onu pubblicato lo scorso mese parlano chiaro: il dittatore eritreo non ha solo violato i diritti umani imponendo un servizio militare obbligatorio, ma ha negato qualsiasi forma di protesta, creando un “clima di terrore in cui il dissenso è sistematicamente represso, la popolazione è costretta al lavoro forzato e a carcerazioni arbitrarie, tanto da poter parlare di crimini contro l'umanità”, affermano i Commissari dell’Onu. Un rapporto che per Drudi rappresenta un passo importante: “Ora nessuno può dire di non sapere”. Come racconta un richiedente asilo nel libro: “In Eritrea le nostre madri ci partoriscono per essere servi e schiavi del regime. Siamo scappati per poter avere figli e questi figli essere nostri e non da usurare nelle mani del regime…”.

L’Italia ha le sue responsabilità: “Abbiamo un debito enorme verso questo Paese: lo abbiamo colonizzato, portando solo miseria e razzismo. I figli nati dai nostri soldati e dalle donne del posto erano considerati un’offesa alla stirpe e non potevano essere riconosciuti. Non abbiamo mai fatto i conti con questo passato, non abbiamo mai chiesto scusa”. Oggi l’Eritrea è in guerra dal 1998 con l’Etiopia: sono eritrei il 23 per cento dei profughi arrivati in Italia nel 2014. Nell’ultimo anno 50 mila persone scappate da Afewerki hanno chiesto asilo alla Fortezza Europa. Tra queste c’erano anche i 366 migranti annegati nella strage del 3 ottobre 2013. “La domanda che ci dobbiamo fare è: perché l’Europa non affronta questo problema? Forse conviene fare affari con queste dittature”. Per il deputato di Sel Erasmo Palazzotto presente alla presentazione del libro: “E’ vergognoso che il console eritreo abbia partecipato ai funerali dei giovani annegati per scappare dal suo regime. Servono politiche strutturali per impedire nuove stragi che alimentano solo il business della disperazione. Nessuno si chiede perché tanti eritrei arrivano nel nostro Paese, è un argomento cancellato dal dibattito pubblico e mediatico. E’ più facile pensare alle famiglie siriane che a questi profughi disperati in ugual misura”.

Il governo italiano è promotore del Processo di Khartoum, un piano di cooperazione tra Paesi dell’Unione europea e del Corno d’Africa per prevenire la tratta di esseri umani. Al tavolo di discussione è però presente anche il governo eritreo da cui fuggono tanti richiedenti asilo. L’Onu ha chiesto di avviare un percorso di democrazia perché “nessuna forma di aiuto economico o di cooperazione servirà a migliorare la situazione fino a quando non si rispetteranno le libertà fondamentali”. (Maria Gabriella Lanza)

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