31 agosto 2016 ore: 13:20
Immigrazione

Il Moas compie due anni, soccorsi in mare oltre 25 mila migranti

Era il 30 agosto 2014 quando la Phoenix I, l’imbarcazione di soccorso dei coniugi Catrambone, portò in salvo 250 tra siriani e palestinesi. A due anni dal lancio delle attività, l’appello ai leader mondiali in vista dei summit di settembre: “Mettere fine ai viaggi della morte”
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MOAS/Darrin Zammit Lupi

ROMA – Oltre 25 mila tra uomini, donne e bambini soccorsi in mare: il Migrant offshore aid station (Moas), un’organizzazione umanitaria fondata per rispondere alle conseguenze terribili dello storico flusso migratorio in mare, compie due anni di attività e rilancia con una nuova campagna per mettere fine ai viaggi della morte. Era il 30 agosto 2014 quando il Moas portò in salvo con la sua prima operazione in mare circa 250 persone tra siriani e palestinesi, di cui 40 bambini. Partita da Malta, la Phoenix I è stata la prima imbarcazione avviata per le missioni di recupero migranti in difficoltà nel Mediterraneo. Ad acquistarla e renderla operativa, costituendo un vero e proprio team di soccorso, una coppia residente sull’isola maltese, Christopher and Regina Catrambone, che investirono nel progetto di tasca propria per poi raccogliere una solidarietà proveniente da tutte le parti del mondo.

Dopo il Canale di Sicilia, le operazioni di soccorso del Moas hanno interessanto anche il mar Egeo, tra Turchia e Grecia, e il suo modello di intervento ha lasciato così un segno nella storia dei soccorsi ai migranti. Tuttavia,dopo due anni di operazioni, i flussi migratori non permettono ancora di tirare il fiato. “Lunedì 29 Agosto, 6.500 persone sono state soccorse nel Mediterraneo in un solo giorno – spiega il Moas -. Se le navi di ricerca e soccorso non fossero state già presenti, oggi saremmo qui, ancora una volta, a inorridirci per l’ennesima, evitabile, tragedia”. Una storia che si ripete negli anni e che ancora oggi non ha soluzioni. “Dopo due anni, stiamo ancora fronteggiando le stesse conseguenze dello storico flusso migratorio in mare – aggiunge la nota - e soluzioni sostenibili devono ancora essere trovate. Quel che è peggio, controlli più rigidi alle frontiere, deterioramento delle condizioni nei paesi di transito, come la Libia, la Turchia e la Grecia, e la mancanza di alternative, stanno costringendo i richiedenti asilo ad intraprendere percorsi sempre più pericolosi, sia per mare che per terra”.

Per il Moas è tempo di “ripensare, in maniera radicale, l’attuale crisi migratoria globale” ed è per questo che presenta la campagna #SafeAndLegalRoutes. “Gli orrori di cui Moas è stata testimone sono serviti a rinforzare la nostra convinzione che nessuno merita di morire in mare – si legge in una nota dell’organizzazione -. Oggi, dopo due anni di esperienza in prima linea nella più grande catastrofe umanitaria in mare del nostro tempo, Moas lancia l’appello per la creazione di alternative sicure e legali ai viaggi della morte; per assicurare, a coloro che cercano di ottenere il diritto d’asilo, la possibilità di farlo senza dover rischiare la vita”. L’appello è rivolto ai leader mondiali che a settembre si troveranno in due summit per discutere sul tema delle migrazioni. “Moas fa appello a tutti i rappresentanti a pensare non in termini di numeri – conclude la nota -, ma piuttosto di focalizzarsi sulla personale, tangibile esperienza che Moas vive quotidianamente. Solo adottando un approccio umanitario all’agenda politica internazionale è possibile trovare soluzioni sostenibili e nel rispetto della dignità umana”.

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