Il montascale no, è troppo brutto. E l’accessibilità diventa una “opzione”
ROMA – “Abbiamo deciso di scartare questa opzione in quanto agli architetti non piace l’estetica dei montascale in una zona così di passaggio come le scale a sinistra dell’androne. Anche in considerazione del fatto che vorremmo migliorare l’estetica di androne e vano scale con una nuova tinteggiatura”. L’accessibilità, a quanto pare, è solo un’”opzione”, possibilmente da scartare. E lo dimostra questa mail, che la nostra redazione, da mesi in cerca di una nuova sede a Roma, rigorosamente accessibile alle pertsone disabili, ha ricevuto dal proprietario di un palazzo “di pregio” a via di Castro Pretorio. Che liquidava così la possibilità di installare un montascale sulla rampa presente tra il piano terra e il piano rialzato, dove si trova il papabile ufficio.
Ma questa è solo la penultima puntata di quello che sembra un vero e proprio tour de force: perché tale è, a Roma, la ricerca di un ufficio che anche un lavoratore disabile possa facilmente raggiungere. L’ultima puntata si gira in un istituto religioso, anche questo a pochi metri dalla stazione Termini: qui l’accessibilità è totale, dall’ascensore ai bagni. E qui, si è deciso, la nostra redazione si sposterà. Perché sull’accessibilità non si può negoziare, soprattutto se ci si occupa ogni giorno di sociale, denunciando casi di discriminazioni e mancate inclusioni.
- Ed è il motivo per cui abbiamo deciso che questa storia va raccontata: la storia di una società che, per alcuni mesi, cerca a Roma, nel centro di Roma, un locale in cui spostare la propria sede. Senza grandi pretese, anche piccola va bene, se c’è poca luce non importa: accessibile però deve esserlo, perché chiunque possa entrare, anche una persona con disabilità, magari un collaboratore in carrozzina: perché di inclusione non possiamo solo parlare, o scrivere.
Si comincia dai piani terra allora, dove è più probabile che non ci siano barriere. E’ solo un’ipotesi, però: perché piano strada non significa sempre accessibile. Due o tre gradini all’ingresso ci sono quasi sempre, soprattutto se la soluzione è “indipendente”. Oppure, c’è il problema del bagno: trovarne uno “a norma” è praticamente impossibile, soprattutto nei locali di piccole dimensioni: quasi sempre al “servizio” viene riservato uno spazio angusto, più ridotto possibile, dove una sedia a ruote entrerebbe a mala pena chiusa! E i lavori per ingrandirlo, spostare il tramezzo, ricollocare i sanitari in modo razionale ed effettuare tutti gli interventi di adeguamento costano quanto un anno di locazione. Il proprietario, poi, non sempre vede di buon occhio un intervento così invasivo: soprattutto se si tratta di un “appartamento uso ufficio”, la vasca fa più comodo della doccia e un bagno troppo grande toglie spazio agli altri ambienti. L’agente immobiliare, così, storce il naso di fronte a questa insolita richiesta e, pochi giorni dopo, ci fa sapere che l’appartamento non è più disponibile.
Proviamo quindi a esaminare qualche piano alto, dal primo fino al quinto: ma nella maggior parte dei casi basta una telefonata all’agenzia immobiliare per capire che non c’è speranza. Alla domanda: “l’ascensore è accessibile?”, spesso tradotta in “entra una carrozzina?”, la risposta è quasi sempre: “No, è un vecchio ascensore, sicuramente troppo piccolo”. Infatti, non è facile trovare un ascensore che abbia un’apertura di almeno 75 centimetri e un’ampiezza interna di 80. Accade solo nei palazzi più nuovi, che al centro di Roma non esistono. O nei palazzi vecchi, con un ascensore realizzato recentemente.
Come è quello di via Castro Pretorio, penultima tappa del nostro lungo e tribolato peregrinare. Il palazzo è antico, signorile, ma vanta, nell’androne, un efficiente ascensore ultima generazione: non bellissimo, forse, ma indubbiamente funzionale, capace di caricare “perfino” una carrozzina. Sfortuna vuole, però, che alcuni appartamenti si trovino al piano rialzato, proprio al di sopra di quattro gradini e non raggiungibile con l’efficiente ascensore. Quattro gradini, però, si risolvono facilmente: basta un montascale, di cui siamo perfino disposti a farci carico economicamente. Per l’accessibilità, questo e altro. Ma non è bello, il montascale: a questo non avevamo proprio pensato. Ci hanno pensato, invece, i solerti architetti, che hanno ben consigliato il proprietario del palazzo, di tutto il palazzo: perché rovinare l’estetica di un androne tanto signorile con un rozzo montascale? E la proprietà non esita a scriverlo nero su bianco: “non ci piace l’estetica dei montascale in una zona così di passaggio”. Come a dire, tra accessibilità e barriere, meglio le barriere: l’accessibilità è brutta, le barriere sono belle. Il lavoratore disabile resti pure a casa, magari con un bel telelavoro. (cl)