Il “naufragio fantasma” sulla rotta libica: 320 i morti a Zuwara
Kinsgley oggi vive in un centro di accoglienza del nord Italia. E ci ha raccontato come sono andate le cose quella notte. Il tempo all'inizio era buono. I due pescherecci navigavano affiancati uno all'altro, verso nord. Ma già prima del tramonto il cielo si oscurò e il mare si fece grosso.
“Eravamo in mezzo alla tempesta, la barca ogni volta che andava giù sembrava sprofondare nel mare, eravamo circondati da montagne di acqua, e le onde sbattevano sul ponte. Eravamo tutti fradici e infreddoliti, al buio. A un certo punto abbiamo sentito gli altri iniziare a gridare. Dicevano 'Aiuto, aiutateci! Si rompe! Si rompe!'. Sentivamo quelle grida in mezzo all'oscurità, senza capire da dove provenissero, se fossero davanti, a destra o a sinistra. Non vedevamo niente. C'è stata una grossa discussione a bordo. Alcuni dicevano che dovevamo aiutarli. Altri facevano notare che non c'era neanche il posto per noi a bordo, dove li avremmo messi? Rischiavamo di morire tutti per andarli a salvare”.
Alla fine decisero di non intervenire e di allontanarsi per evitare di schiantarsi contro l'altra imbarcazione. La scena che videro alle prime luci dell'alba era terrificante.
“Il mare era cosparso di pezzi di plastica, sacchetti, vestiti, jilet di salvataggio. E in lontananza abbiamo visto anche dei corpi a galla ondeggiare. La barca si era spezzata ed era colata a picco portandosi con sé tutti i 320 passeggeri. Nessun superstite. Eravamo terrorizzati, e per non cadere nel panico, abbiamo deciso di passarci alla larga per non vedere tutta la scena del massacro.” (gdg)