Il nuovo Sprar? "Un'opportunità, ma se fatto in fretta e con regole certe"
ROMA – Il nuovo modello Sprar è un’opportunità da non sprecare, ma va fatto partire in fretta e con regole certe. Gli esperti di immigrazione, riuniti a Brescia in occasione della Summer school di Europa asilo, lo hanno detto chiaramente nella prima giornata di incontri. “L’obiettivo ora è alleggerire il sistema dei Cas e aumentare invece lo Sprar, secondo un piano che vedrà una distribuzione proporzionale dei -posti nei territori, in modo che l’accoglienza sia sostenibile – sottolinea Daniela Di Capua, direttrice centrale del Sistema nazionale per la protezione dei richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) – Non deve crearsi la situazione in cui ci sia uno svantaggio di un sindaco rispetto a un altro, anche per questo il ministero ha inserito una clausola di salvaguardia rispetto all’apertura di nuovi Cas nei comuni che aderiscono allo Sprar. Credo che questo sia un importante passo avanti ma può rischiare di essere un flop se non si riesce a metterlo immediatamente in pratica. Attendere ancora perché sia fattibile lo renderà un fallimento e non riesco ad immaginare come si farà poi a ripartire di nuovo”.
Sulla stessa linea anche Gianfranco Schiavone di Asgi (Associazione studi giurudici per l’immigrazione). “E’ importante che alcune cose stiano maturando – ha aggiunto - ma c’è anche un problema di regolamentazione, anche per capire se quello che c’è già sul territorio sia assorbibile oppure no. Di certo siamo di fronte a un sistema su cui se non si agisce presto si rischia un logoramento”. Schiavone ha ricordato che anche se il numero di migranti e richiedenti protezione in accoglienza è aumentato non siamo ancora vicini al limite. Di certo, “bisogna assorbire lo straordinario nell’ordinario, un modello questo che chiama in causa anche l’integrazione – ha detto – l’accoglienza non è l’unica misura di integrazione, ma una misura minima necessaria. Fuori dal sistema Sprar oggi vige la più completa confusione”.
Di malaccoglienza e malaintegrazione ha parlato Giuseppe De Mola, di Medici senza frontiere, illustrando alcune delle situazione raccontate nel rapporto “Fuori campo”. “Non c’è integrazione in Italia. Noi abbiamo provato a capire cosa succede fuori dal sistema di accoglienza e abbiamo visto che pur facendo una stima al ribasso, oggi ci sono diecimila persone fuori dal sistema. La stragrande maggioranza sono titolari di protezione umanitaria”. Carmen Cosentino, viceprefetto libertà civili e immigrazione ha spiegato che il ministero sta costruendo un piano per l’integrazione. Nel frattempo oltre a rendere più facile l’accesso allo Sprar abbiamo fatto un protocollo con confcooperative, gli enti gestori, affincè adottino criteri di prestazione dello Sprar in tutti i centri per evitare che ci siano figli e figliastri”. (ec)