9 settembre 2013 ore: 13:24
Immigrazione

Il papa al Centro Astalli incontra i rifugiati siriani

Il pontefice incontrerà oltre 700 persone nella Chiesa del Gesù e nella mensa. Tra loro i profughi di Egitto e Siria, che racconteranno l'esperienza della guerra
Stefano Dal Pozzolo/Contrasto Papa Francesco

ROMA – Ci saranno anche alcune famiglie scappate dal conflitto in Siria tra gli oltre 700 rifugiati che riceveranno domani la visita di Papa Francesco al Centro Astalli di Roma. Una tappa importante “di un cammino che il pontefice sta facendo fare a tutta la Chiesa portando l’attenzione sui più deboli, sui rifugiati e su quanti sono costretti a scappare dal loro paese a causa della guerra”. Lo sottolinea il presidente del Centro Astalli padre Giovanni La Manna, che ricorda come quella di domani non sia una visita episodica, ma un incontro che si inserisce in un percorso tracciato da Bergoglio dall’inizio del suo pontificato. “In maniera più forte e più evidente che in passato il Papa ha invitato tutti noi, tutta la chiesa a essere al servizi dei più poveri–sottolinea padre La Manna –. Lo ha fatto parlando e stimolando le nostre coscienze col messaggio lanciato in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, visitando poi Lampedusa, e continuando a lanciare appelli contro la guerra fino alla veglia di sabato, dove abbiamo pregato e digiunato per scongiurare il conflitto in Siria. Papa Francesco ha, dunque, tracciato un percorso e ci sta accompagnando con la sua testimonianza su una  strada che mira a farci rimanere al fianco di coloro che sono in difficoltà, per arrivare a pacificare il mondo, a evitare l’uso di armi e  impedire che persone innocenti muoiano e altre siano costrette a lasciare il loro paese rischiando la vita per arrivare in Europa”.

La visita inizierà nel pomeriggio, alle 15,30. Trecento rifugiati aspetteranno il pontefice nella chiesa del Gesù, luogo fortemente simbolico, perché lì si trova la tomba di Padre Pedro Arrupe, fondatore del servizio dei gesuiti per i rifugiati. Quattrocento, invece, saranno i profughi che incontreranno Papa Francesco nella mensa dove quotidianamente si recano per consumare un pasto caldo. Molti saranno quelli provenienti da Egitto e Siria. Con loro anche gli utenti dello sportello socio-legale e dell'ambulatorio, gli altri rifugiati che vivono nei quattro centri d'accoglienza e i volontari che prestano servizio  al Centro Astalli . “Sono arrivate e continuano ad arrivare molte persone dalla Siria con racconti e storie drammatiche alle spalle, e sono loro che il Papa incontrerà domani –continua padre La Manna -. Abbiamo cercando di favorire questo incontro perché possano raccontare al Santo Padre la loro esperienza umana, la loro fatica nell’aver dovuto lasciare il paese fino al viaggio per arrivare da noi. Roma è la seconda città di approdo in Italia, dopo Lampedusa.”

La visita, secondo il presidente del Centro Astalli, deve anche far riflettere le istituzioni sul tipo di accoglienza che ricevono i migranti nel nostro paese. “Queste persone arrivano a Lampedusa con la contentezza di essere giunte vive e con la speranza di poter ricominciare e trovare una stabilità –aggiunge – purtroppo per povertà umana e per un lavoro, frutto di anni di politica cieca, sono stati marchiati come clandestini  e criminalizzati. Varrebbe la pena chiedersi come mai l’Italia e altri paesi riconoscano il diritto d’asilo ma nessuno garantisca a queste persone di arrivare in sicurezza. Mentre ci preoccupiamo di loro solo quando hanno la fortuna di arrivare da noi vivi”. Per padre La Manna dovrebbero essere invece costituiti canali umanitari sicuri e si dovrebbe rivedere anche il sistema di accoglienza. “Oggi abbiamo un sistema senza progettualità –aggiunge –siamo arrivati al paradosso che i migranti che arrivano da noi non vogliono essere identificati perché vogliono andare in altri paesi. Serve un sistema unico che ci uniformi agli standard europei. Abbiamo accolto favorevolmente l’annuncio di aumentare i posti dello Sprar,  ma se le persone poi vengono parcheggiate nei centri non ha senso, non possiamo ripetere gli errori commessi con l’emergenza Nord Africa e continuare a offendere dignità di queste persone”. (ec)

 

 

 

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