Il Papa: "Parrocchie e santuari aprano le porte alle famiglie di profughi"
box ROMA - “Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia di profughi incominciando dalla mia diocesi di Roma”. Così Papa Francesco durante l’Angelus in piazza San Pietro ha rilanciato l’appello alla comunità cattolica di aprire le porte ai profughi, come nel 2013. Un’appello che il papa lancia dopo l’esodo di questi giorni dei profughi siriani verso Germania e Austria dall’Ungheria, le cui immagini hanno fatto il giro del mondo. Stavolta, però, Bergoglio chiede ad ogni parrocchia, comunità o monastero di accogliere una famiglia di profughi.
Un impegno, quello che chiede Francesco, in vista del prossimo Giubileo. “Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame e sono in cammino verso una speranza di vita - spiega Papa Francesco -, il Vangelo ci chiama e ci chiede di essere prossimi dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire loro coraggio, pazienza. La speranza cristiana è combattiva con la tenacia di chi va verso una meta sicura. Pertanto, in prossimità del Giubileo della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all’anno santo della Misericordia”.
Ai vescovi di tutta Europa, Francesco chiede che possano essere cassa di risonanza delle sue parole. “Mi rivolgo ai miei fratelli vescovi d’Europa, veri pastori - aggiunge Bergoglio -, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello ricordando che misericordia è il secondo nome dell’amore. 'Tutto quello che avete fatto ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me' ”. A dare l’esempio, conclude Papa Francesco, sarà proprio il Vaticano. “Anche le due parrocchie del Vaticano - ha detto il Papa - accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi”. (ga)