Il Piemonte dichiara guerra al gioco d'azzardo. Irap ridotta per chi dismette le slot
TORINO - Una spesa annua in continua crescita , che ha ormai superato i cinque miliardi di euro; e almeno quaranta centri, dislocati lungo il territorio sabaudo, per il supporto e il recupero dei giocatori patologici. I quali, secondo l’assessore regionale alla sanità Antonio Saitta, sarebbero negli ultimi anni “più che quadruplicati”. I numeri del gioco d’azzardo in Piemonte parlano chiaro; ciò che mostrano è un’emergenza in costante espansione, che non conosce crisi e che di crisi sembra invece nutrirsi.
Proprio per questo la neo-Giunta regionale guidata dall’ex sindaco torinese Sergio Chiamparino si appresta a passare al contrattacco, con l’annuncio di un piano in dirittura d’arrivo che servirà a contrastare la diffusione del fenomeno. Ad annunciarlo sono gli stessi Saitta e Chiamparino, secondo i quali “intervenire su questuo settore, che rovina centinaia di famiglie ogni anno, è ormai un dovere morale”. L’iniziativa raccoglie l’eredità della vecchia amministrazione Cota, che all’articolo 7 dell’ultima finanziaria regionale ha sancito la presentazione “di un piano triennale per prevenire e ridurre il rischio dal gioco d'azzardo patologico (GAP) ed il contrasto alla dipendenza; ma anche per il trattamento terapeutico ed il recupero sociale dei soggetti affetti da sindrome da GAP, promuovendo la consapevolezza dei rischi correlati al gioco, ancorché lecito, per salvaguardare le fasce più deboli e maggiormente vulnerabili della popolazione, nonché la cultura del gioco misurato”.
Box Attualmente in fase di definizione, il piano della giunta Chiamparino “sarà pronto entro l’anno”, assicura l’assessore Saitta. “Stiamo cercando - spiega - di coinvolgere tutti gli attori regionali impegnati nella lotta al gioco: parliamo quindi di Comuni e scuole, con le quali stiamo studiando una serie di attività volte alla prevenzione; ma anche di banche e istituiti di credito. E soprattutto lavoreremo a stretto contatto con le associazioni, che parteciperanno attivamente alla stesura del progetto. Tra i nostri primi interlocutori, però, dovranno necessariamente esserci gli esercenti”. Il riferimento è alla norma, a sua volta contenuta nell’ultima finanziaria regionale, che a partire dal 2015 comporterà una riduzione dell’aliquota Irap per i commercianti che provvederanno volontariamente alla completa dismissione degli apparecchi da gioco; nonché un rincaro, nella stessa misura, per quanti vorranno invece conservarle. Una legge che, nelle intenzioni della Giunta, dovrà essere uno dei perni sui quali sviluppare l’azione di contrasto; e che ha già scatenato le ire delle associazioni di settore, prima tra tutte la Sapar - acronimo per Sezione apparecchi pubbliche attività ricreative, una sigla che rappresenta oltre 1.500 tra gestori e produttori di macchine da intrattenimento - Il cui presidente Raffaele Curcio ha dichiarato nei giorni scorsi come in Piemonte “si stia puntando semplicemente a punire chi lavora nel rispetto delle regole e delle leggi fissate dallo Stato”.
E ben vedere, in effetti, il nocciolo della questione è tutto qui: perché il gioco, pur con tutto il carico di miseria umana che continua a produrre, resta per le casse statali un affare da 90 miliardi di euro l’anno. Soldi che si trasformano però invariabilmente in costi sociali per regioni ed enti locali: a tal proposito è sufficiente considerare che “nel solo Piemonte - ricorda Saitta - ogni dipartimento per le dipendenze ha dovuto dotarsi di programmi di recupero per giocatori patologici, con oltre 200 operatori impegnati a fronte di oltre 1200 utenti in trattamento in tutta la regione. Se pensiamo che mediamente un paziente in carico ai SerD costa oltre 2mila euro l’anno, una stima che non tiene conto di eventuali costi aggiuntivi per ricoveri in strutture residenziali specialistiche, e che in un anno i nuovi utenti sono stati quasi 600, ci rendiamo conto di quanto sia urgente intervenire per impedire il più possibile il diffondersi del fenomeno”.
Per questo Saitta è fermamente intenzionato a procedere “nel rispetto di una legge che, è bene ricordarlo, non è mai stata impugnata dal Governo”. “L’applicazione del principio di incentivo e disincentivo economico - sottolinea - è fuori discussione: resta semmai da definire la platea che ne sarà interessata; ma a tal proposito siamo intenzionati a raccogliere suggerimenti dalle realtà più attive nel settore, come Libera di Don Ciotti”.
Ma proprio secondo Leopoldo Grosso, neo-presidente onorario dell’organizzazione, la vera priorità sarebbe “smettere di concedere nuove licenze per i grandi esercizi che lavorano nel campo del gioco, dal momento che questi sono aumentati a dismisura negli ultimi anni. Il problema - chiarisce - è che questa esigenza si è finora scontrata con una legge nazionale, che non da ai Comuni la possibilità di concedere licenze”. In realtà, però, anche su questo fronte qualcosa comincia a muoversi, come sia Grosso che Saitta sanno bene: con la sentenza 220 del 2014, la Corte costituzionale ha riconosciuto ai Comuni il diritto di introdurre vincoli alla proliferazione delle sale da gioco, “purché connessi - sottolinea l’Assessore - alla tutela della salute dei cittadini, dei lavoratori, dell’ambiente”. “Allora - continua Saitta - possiamo pensare di partire da qui: gli oltre mille sindaci del Piemonte diventano i nostri primi interlocutori per definire sull’intero territorio piemontese le azioni comuni”. Proprio per questo, il neo-governatore Chiamparino afferma di voler sollecitare i sindaci del Piemonte “ad assumere decisioni sull'insediamento dei locali dove si gioca, per evitare che siano presenti intorno a luoghi sensibili, come le scuole”.
La regione ha inoltre annunciato lo stanziamento di due milioni di euro da destinare a una serie di campagne di sensibilizzazione sul tema; che andranno ad aggiungersi a un’analoga iniziativa che nello scorso anno scolastico ha già raggiunto oltre 8mila studenti delle scuole medie e superiori: nonostante l’età media dei giocatori si attesti sui 47 anni, infatti, secondo una recente indagine in Piemonte il 40 per cento dei giovani tra i 14 e i 19 anni ha ammesso di aver provato almeno una volta l’esperienza del gioco. “Per questo - conclude Saitta - riteniamo necessario il coinvolgimento delle scuole. Ma anche in questo caso, vogliamo studiare delle misure che vadano oltre la retorica e che riescano a colpire nel segno. L’intero piano si sta sviluppando secondo una logica di stretto pragmatismo: vale a dire che a noi interessa riuscire a produrre dei risultati, più che stilare un ennesimo documento programmatico. Per questo motivo, abbiamo già messo in calendario una serie di simulazioni da effettuare prima che il programma diventi operativo, per cercare di avere una stima realistica di quali potranno essere i suoi effetti” (ams)