21 marzo 2015 ore: 18:12
Economia

Il reddito di cittadinanza come argine alla povertà e alle mafie. Parte la petizione

Si chiede al Parlamento di approvare in 100 giorni un a legge che introduca il reddito minimo di cittadinanza anche in Italia. Se ne è discusso nel seminario organizzato da Libera all’interno della giornata nazionale contro le mafie che si è svolta a Bologna
Reddito cittadinanza, manifestazione Bologna

BOLOGNA - Restituire la dignità alle persone consentendogli di non temere la povertà e l’esclusione sociale. È il senso del seminario “Un reddito per la dignità. Contro la povertà e le mafie” organizzato da Libera all’interno della giornata nazionale contro le mafie che si è svolta oggi a Bologna.
Eliminare la condizione di ricattabilità legata all’assenza di lavoro con cui, troppo spesso, si trovano a dover fare i conti le persone in cerca di un’occupazione, le famiglie indigenti, i precari e i tanti migranti che arrivano in Italia. Uno strumento, insomma, che permetta a chi ha bisogno di poter costruire il proprio futuro senza dover cedere a compromessi ingiusti per vivere. E allo stesso tempo un mezzo per combattere le organizzazioni criminali che approfittano della difficoltà che in questo periodo di crisi economica colpisce sempre più persone.

Al centro del seminario la piattaforma realizzata dalle associazioni Bin Italia, Libera e altre associazioni in cui sono inseriti i passaggi di come dovrebbe essere strutturato e a chi andrebbe rivolto un reddito minimo di cittadinanza. “Rispetto al resto dell’Europa noi siamo in ritardo - dice Sandro Gobbetti di BIN Italia - è importante non aspettare e per questo abbiamo lanciato una petizione per chiedere al Parlamento di realizzare una legge in 100 giorni”.
In altri paesi europei, infatti, il reddito minimo di cittadinanza esiste ormai da diverso tempo ed è inteso come un argine contro il rischio povertà. Un modo per consentire alle persone di avere la possibilità di vivere una vita dignitosa. “Molto spesso si dice che costa molto avere un reddito di cittadinanza. Invece bisognerebbe riflettere sull’esatto contrario. E cioè su quanto costa non averlo – continua Sandro Gobetti -. In termini sociali sono molte le persone che vivono in condizioni di indigenza o sono a rischio povertà. Tutti loro sono ricattabili perché senza lavoro o possibilità di trovarlo. Il reddito minimo consentirebbe a molti di poter aver il tempo necessario a trovare lavoro e non avere paura del futuro”.

Uno strumento che dovrebbe essere rivolto a persone residenti sul territorio, che si trovino in difficoltà economiche e che necessitano di un aiuto concreto. Da prestarsi in un tempo limitato e con riferimento alla capacità delle persone di trovare un lavoro adatto alle proprie competenze. “Non un reddito di povertà che dia soldi come se si facesse la carità – continua Gobetti – ma un vero e proprio reddito che permetta di non ledere la dignità umana”.
Un punto su cui insiste anche Gaetano Azzariti, professore di diritto costituzionale all’università La Sapienza: “Molto spesso si associa, in maniera rozza, il reddito di cittadinanza a un sussidio che incentiva la passività. Invece non è così. Questo strumento è un modo per dare attuazione ai principi di eguaglianza e solidarietà della nostra Costituzione”.
Garantire la dignità, e per farlo ripartire da un modello di società diversa che ponga al centro il lavoro e la possibilità di poterlo cercare in maniera libera e senza condizionamenti. Un punto su cui Maurizio Landini, segretario della Fiom, ha insistito molto. “Fino a che si smantellano diritti e si continua a precarizzare il lavoro il risultato è una svalorizzazione del lavoro. C’è chi accatta qualsiasi condizione pur di lavorare e chi invece paga per farlo. Dobbiamo spezzare questa logica e garantire un reddito minimo di cittadinanza è un modo per farlo”.
Un messaggio che ha scandito a gran voce anche don Ciotti: "Introducete il reddito di cittadinanza, cancellate il vitalizio ai deputati e senatori condannati in via definitiva per mafia e corruzione. Noi saremo al fianco di chiunque ci mette la faccia nella lotta per la giustizia sociale".

Una giornata, quella del 21 marzo, iniziata presto e che ha visto circa 200 mila persone sfilare lungo le strade del centro di Bologna al grido “No alla mafia”. Un fiume umano che dalla periferia ha invaso vicoli e piazze della città riempiendola di colori, cori e suoni per finire in piazza VIII agosto dove esponenti delle istituzioni e semplici cittadini hanno letto i tanti nomi delle vittimi di mafia. A guidare questa marea umana proveniente da ogni angolo d’Italia il fondatore di Libera che dal palco ha lanciato il suo messaggio alla politica: “Nella lotta alla mafia bisogna avere più coraggio e sulla corruzione e il falso in bilancio occorrono leggi più determinate. La corruzione e la mafia sono due facce della stessa medaglia, lo dicono qui migliaia di giovani. E noi oggi Siamo qui non per commemorare ma per graffiare dentro le coscienze di tutti". (Dino Collazzo)

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