Il sistema d'accoglienza milanese non regge e i profughi dormono in stazione
MILANO – Nella notte tra domenica 10 e lunedì 11 maggio, 125 profughi hanno dormito in Stazione Centrale. Mai un numero tanto alto lo scorso anno. È l'epilogo di un weekend di arrivi senza fine alle banchine milanesi. "Lo scorso anno non c'erano i 600 posti destinati all'accoglienza ma c'erano solo temporanei – commenta il presidente di Fondazione Progetto Arca Onlus Alberto Sinigallia -. Noi ne avremmo 80 ma non li abbiamo aperti perché altrimenti dovremmo mandare via altre famiglie". Il totale fa circa 580: sono in 200 nel centro di via Mambretti, riattivato dopo la chiusura del piano freddo in fretta e furia, a cui si aggiungono altri 380 in via Aldini.
Su dieci nuovi arrivi, in media otto sono eritrei e tra loro il 20% è composto da giovani donne. Raggiungono Milano per le vie più diverse e si ritrovano tutti nel quartiere eritreo di Porta Venezia, dove le associazioni Arcobaleno e Cambio Passo e la Comunità di Sant'Egidio danno loro un primo aiuto. Al tramonto, portano i profughi in Stazione Centrale, dove trovano un pasto al mezzanino, nonostante il Comune abbia ufficialmente smantellato il vecchio modello di accoglienza. Come previsto dai volontari, però, con i numeri alti il mezzanino torna ad essere il centro del sistema di accoglienza milanese.
Non tutti i profughi arrivano in treno: ormai le rotte per Milano si sono moltiplicate. Soprattutto da quando la maggior parte dei profughi in arrivo è eritrea. "Sono molto scesi gli arrivi dei siriani dalla Libia", commenta Sinigallia. Un via Aldini c'è stato poi il caso di 30 profughi (di cui 18 bambini) rientrati a quanto pare in quanto "casi Dublino": in Germania le autorità si sarebbero accorte che i profughi hanno già lasciato le impronte digitali qui. Il fatto strano però è che siano rientrati di nuovo in treno, invece che con il più consueto aereo, dopo essere stati imbarcati dalla polizia tedesca. (lb)