Immigrati e sanità: ecco la classifica delle regioni “migrant friendly”
Dall’analisi comparativa con le altre regioni, il livello di avanzamento della politica sanitaria sull’immigrazione in Sicilia risulta intermedio tra regioni virtuose e regioni inadempienti. Il reale impatto sul territorio di tale politica si attesta sulla sufficienza, come in Lombardia e Trentino Alto Adige, ma è ancora lontano dall'eccellenza rappresentata dalla Puglia. Sul fronte dell'accesso ai servizi per gli immigrati irregolari, l'Isola risulta tra quelle che si sono dotate di una direttiva centrale, a differenza di Basilicata, Calabria e Lombardia. In Sicilia non è ancora possibile per i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta prendere in carico gli immigrati irregolari, come avviene in Puglia, Umbria, provincia di Trento, mentre il Molise e il Friuli Venezia Giulia fanno riferimento ai soli pediatri di libera scelta per i minori.
Per quanto riguarda l’assistenza ai comunitari sprovvisti di copertura sanitaria, la Sicilia ha recepito la normativa nazionale del 2008 con un decreto assessorile emanato a febbraio 2009. Solo l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria e la Valle d’Aosta non hanno emesso alcun atto a riguardo, mentre Campania, Lazio, Marche, Piemonte, Toscana hanno avuto un approccio sanitario più inclusivo rispetto alle indicazioni nazionali. La Sicilia passa l’esame anche per quanto riguarda la formulazione della normativa per l'accesso ai servizi per la popolazione straniera: è tra le cinque regioni italiane che hanno sviluppato delle vere e proprie linee guida, approvate ad agosto 2003. Rimane però critico il versante dell'analisi del bisogno di salute degli immigrati. Nell’Isola manca l'osservatorio per il monitoraggio e la valutazione del fenomeno migratorio, presente nella metà delle regioni italiane, e nei documenti programmatici non esiste nessun riferimento alla necessità di analizzare il bisogno di salute degli immigrati, per intercettarlo prima anche laddove non si esprima in domanda di assistenza. Lo stesso avviene in Abruzzo, Calabria, Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano.
Dal punto di vista della prevenzione e promozione della salute degli immigrati, la Sicilia è ancora a una fase iniziale, indietro rispetto a Puglia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna. Non raggiunge la sufficienza nemmeno sul fronte della salute materno-infantile, rispetto alla quale non esiste un focus specifico o ci si limita a pochi cenni. Sotto questo profilo, risultano all'avanguardia solo Emilia-Romagna, Marche, Puglia, Sardegna, Toscana e Provincia autonoma di Trento.
Per quanto concerne la formazione degli operatori sugli aspetti inerenti la salute degli stranieri, la medicina delle migrazioni e l’approccio transculturale, la Sicilia è ancora a una fase embrionale. Come nella maggioranza delle regioni, le indicazioni sono di tipo generico, non esplicitano le modalità con cui tale formazione dovrebbe essere realizzata, i temi da trattare, la tipologia degli operatori da coinvolgere o i metodi didattici. Solo la Calabria, la Campania e la provincia autonoma di Bolzano non hanno riferimenti in quest’ambito. (set)