Immigrati, in due casi su tre la discriminazione è su base etnico razziale
Discriminazione - razzismo. Volti
ROMA - “Clandestini”, “zingari”, “negri”: su oltre 1.142 casi di discriminazione registrati dall’Unar nel 2013 la stragrande maggioranza (784 cioè il 68,7 per cento) è costituita da insulti, atteggiamenti e comportamenti xenofobi che discriminano su base etnico-razziale. A sottolinearlo è il dossier immigrazione 2014, realizzato dal centro studi e ricerche Idos, in collaborazione con lo stesso Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali e presentato oggi a Roma. In particolare il dossier mette in rilievo come molto spesso queste discriminazioni siano veicolate dai mezzi di informazione, ma anche dai social network, fino ai casi di vera e propria discriminazione istituzionale.
Picco di casi dopo la nomina di Cécile Kyenge. Nello specifico il rapporto sottolinea come un picco di segnalazioni di discriminazione attraverso i media si sia registrato a seguito della nomina della ministra Cécile Kyenge (34,2 per cento dei casi rispetto al 19,6 dell’anno precedente). Ma oltre alle discriminazioni su base etnico-razziale, che riguardano oltre due terzi delle segnalazioni pertinenti (68,7 per cento), non mancano i casi legati alla discriminazione per orientamento sessuale (10 per cento del totale), seguiti dalle disparità contro persone disabili (9,2 per cento) e le discriminazioni per età (8,9 per cento). Consistenti sono anche i casi di discriminazione nei contesti di vita pubblica (20,4 per cento del totale), il 7 per cento dei casi riguarda poi le discriminazioni nell’accesso al lavoro e ai servizi pubblici, mentre il 5,1 per cento ha riguardato l’accesso alla casa. Valori percentuali minori, ma non trascurabili riguardano le discriminazioni a scuola e delle forze pubbliche, che si fermano al 4 per cento dei casi.
I social network al centro delle nuove pratiche xenofobe. Secondo il rapporto,nel corso del 2013 la dimensioneeconomica, politica e istituzionale che negli scorsi anni aveva avuto un forte ruolo nell’alimentare o legittimare le discriminazioni, appare ridimensionata rispetto al peso ricoperto dai canali dei social network e dalle tensioni ed attriti sociali e interpersonali. “Il dato fa ipotizzare che, in un contesto storico di profondo disagio economico e precarietà delle opportunità per tutti, si assista ad un innalzamento della xenofobia come chiave di canalizzazione di un malessere sociale più ampio, filtrato e orientato da pregiudizi e stereotipi” si legge nel rapporto. Per il quarto anno consecutivo i mass-media rappresentano il fronte più frequente di identificazione o segnalazione all’Unar di casi di discriminazione, arrivando al 34,2 per cento degli eventi, ma questo incremento, riscontrato soprattutto nei new media, fa riflettere sulla forza dirompente che l’odio razziale può assumerenell’anonimato del Web.
Discriminazione sportiva, 55 episodi di razzismo fuori e dentro il campo. Il dossier immigrazione 2014 spiega come in diverse circostanze sia stato possibile superare la diversità di trattamento solo a seguito dell’azione giudiziaria, del ricorso alla normativa comunitaria e alla Corte di Giustizia di Lussemburgo. Tra i casi segnalati quello della tutela del diritto alle prestazioni di invalidità e all’indennità di accompagnamento, o dell’accesso all’edilizia residenziale pubblica. Ma non sono mancati anche i casi di discriminazione in ambito sportivo: durante il campionato professionistico di calcio 2013/2014 l’Osservatorio su razzismo e antirazzismo nel calcio ha monitorato anche 55 episodi di razzismo (di cui 14 in campo) nel calcio dilettantistico, che coinvolge un numero maggiore di giocatori stranieri o di origine straniera. “Molto resta da fare per eliminare le discriminazioni istituzionali - si legge nel rapporto - che impediscono agli stranieri, inclusi quelli di seconda generazione l’accesso al calcio professionistico”.