29 ottobre 2014 ore: 10:54
Immigrazione

Immigrati in Italia: una forza lavoro indispensabile, ma ancora subalterna

Dossier Idos-Unar. I 2,4 occupati stranieri costituiscono oltre il 10% della forza lavoro complessiva (era il 3,2 nel 2001). Vittime di disoccupazione più degli italiani, svolgono mansioni spesso poco qualificate e inferiori al loro titolo di studio. E hanno versano nel 2013 8,9 miliardi all’Inps
Lavoro, operaio immigrato

ROMA - Una forza lavoro indispensabile, ma ancora subalterna. Così il Dossier statistico immigrazione 2104 a cura del Centro studi Idos e Unar - presentato oggi a Roma - definisce l'occupazione straniera in Italia. I dati di riferimento analizzati dal Dossier sono quelli dell'Istat: secondo l’ultima indagine sono 2,4 milioni gli occupati stranieri, oltre un decimo del totale.

Aumenta la disoccupazione. L’incidenza degli stranieri sul totale degli occupati era del 3,2% nel 2001 ed è diventata di oltre il 10% nel 2011. L’87,1% svolge un lavoro dipendente, seppure con notevoli differenze tra le varie collettività. Prevale l’occupazione nei servizi (63,6%) su quella nell’industria (31,7%, con il 13,3% nelle sole costruzioni) e in agricoltura (4,7%).
Tra gli stranieri il tasso di disoccupazione è salito nel 2013 al 17,3% (493 mila unità), mentre tra gli italiani all’11,5%; viceversa, il tasso di occupazione è sceso al 58,1% tra gli stranieri e al 55,3% tra gli italiani. Nel periodo della crisi (2008-2013), inoltre, il tasso di disoccupazione degli stranieri è aumentato di 5,7 punti percentuali (tra gli italiani di 3,6 punti). Nel 2013 i visti per lavoro subordinato sono stati 25.683. L'incidenza degli stranieri sul totale degli infortuni per lavoro è pari al 14,6%.

Cresce il divario nella retribuzione. Nel 2013, è cresciuto anche il divario della retribuzione netta mensilepercepita in media dagli stranieri: 959 euro, cioè -27% rispetto ai 1.313 euro dei lavoratori italiani, così come tra i primi risulta più elevata l’incidenza dei sottoccupati. Più di un terzo (35,3%) degli occupati stranieri svolge professioni non qualificate (in particolare nei servizi domestici e alberghieri)e quasi altrettanti sono impiegati come operai (32,6%), mentre il 26,0% lavora da impiegato o addetto ad attività commerciali o nei servizi e solo il 6,1% svolge professioni qualificate (tra gli italiani il 37,3%). Il superamento di questa posizione subalterna non avviene neanche dopo una lunga permanenza in Italia, né a fronte di un livello di formazione avanzato: 1 milione di stranieri, pari al 41,1% degli occupati, possiede un grado di istruzione più elevato rispetto alle mansioni che svolge (tra gli italiani si tratta, invece, del 18,5%).

Imprese straniere continuano a nascere durante la crisi. Il buon andamento delle imprese esportatrici non è bastato a sostenere l’economia italiana (-1,9% del Pil nel 2013 e -0,3% previsto per il 2014) né il livello occupazionale e, come attesta la ripresa dell’emigrazione italiana, manca una riqualificazione del sistema produttivo nazionale. A quest’ultimo hanno assicurato un indubbio sostegno le persone nate all’estero, con le loro imprese (497.080), cresciute anche in periodo di crisi (circa 20 mila aziende in più all’anno nell’ultimo biennio).

Le rimesse diminuiscono, ma tengono: 5,5 miliardi dall’Italia. Nonostante la crisi gli immigrati, in quanto produttori di reddito, hanno continuato a sostenere i loro paesi di origine e le loro famiglie attraverso l’invio delle rimesse, che sono state, nel 2013, pari a 542 miliardi di dollari a livello mondiale e a 5,5 miliardi di euro in Italia (in calo per via della crisi, rispetto ai 6,8 miliardi del 2012).

Istruzione elevata. Il grado di istruzione della popolazione straniera è, nel complesso, piuttosto elevato. Considerando la popolazione di 6 anni ed oltre, la quota di stranieri che nel 2011 possiede almeno la licenza media è pari al 77,3%; di questi il 32,4% ha un diploma di scuola superiore e il 10,3% una laurea. I dati confermano che una parte consistente di coloro che scelgono di emigrare possiede gli strumenti culturali che fungono da spinta nel tentativo di migliorare le proprie condizioni di vita. Facendo un’analisi territoriale, emerge che chi vive al centro Italia possiede un livello di istruzione più elevato rispetto agli stranieri che vivono nel resto del paese, ma soprattutto rispetto a coloro che sono residenti nel sud e nelle isole. Gli stranieri più istruiti, in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di titolo universitario, provengono soprattutto dall’Europa, dall’America e dall’Oceania, mentre tra gli africani e gli asiatici sono numerosi coloro i quali non posseggono nessun titolo di studio o al massimo la licenza elementare.

Contribuiscono alla previdenza, ma non ne beneficiano. Un ruolo particolarmente positivo continua a essere svolto dagli immigrati sul piano previdenziale, grazie alla loro più giovane età (in media 31,1 anni contro i 44,2 degli italiani al Censimento 2011), che ne fa dei fruitori marginali del sistema pensionistico. Secondo l'ultimo dato ufficiale Inps (2009), sono stati versati circa 8,9 miliardi di euro di contributi da lavoratori stranieri e in futuro, secondo le stime di Idos, l’incidenza degli stranieri tra quanti raggiungeranno l’età pensionabile sarà del 2,6% nel 2016, del 4,3% nel 2020 e del 6,0% nel 2025, quando tra i residenti stranieri i pensionati saranno all’incirca 1 ogni 25 (oggi tra gli italiani sono 1 ogni 3).
Il Dossier si interroga anche sulle prestazioni che gli immigrati si aspettano dal sistema previdenziale e assicurativo italiano. In questa difficile congiuntura, il 12,6% delle famiglie in Italia si trova in condizione di povertà relativa e il 7,9% in condizione di povertà assoluta (quota che sale al 9,9% tra gli individui). Le famiglie con almeno un componente straniero sono 2.354.000 (il 7,1% del totale delle famiglie) e al loro interno la disoccupazione desta preoccupazione non solo perché cresciuta rapidamente, ma perché coinvolge maggiormente individui adulti che ricoprono un ruolo determinante nella costituzione dei redditi familiari. Ne deriva un maggiore ricorso alle prestazioni di sostegno socioprevidenziale, che però si scontra spesso con forti e illegittime chiusure a livello comunale, regionale e nazionale.

Quanti pagano le tasse. Nel 2012 i contribuenti nati all'estero erano poco più di 3,5 milioni, l'8,5% dei contribuenti totali (41.414.154) e hanno dichiarato redditi per 44,7 miliardi (mediamente 12.930 euro a persona) su un totale di 800 miliardi, incidendo per il 5,6% sulla intera ricchezza prodotta. I paesi con più contribuenti sono la Romania, l'Albania e il Marocco. I paesi dell'Est Europa vedono redditi medi inferiori a 10 mila euro: Romania, Ucraina, Moldavia e Polonia.

© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news