Immigrati, lezione di accoglienza e di italiano alla ''Penny Wirton''
ROMA – Arrivano per lo più da Bangladesh e Egitto, poi da Ucraina, Afghanistan e Albania, Turchia, Romania, Polonia, Filippine, Moldavia. Siria, Pakistan, Bulgaria, Ghana. E ancora da Gambia e Mauritania, Mali e Somalia e dal Senegal, Iran, Marocco, Tunisia, Nicaragua, Liberia, Cechia e Cina. Sono 258 le persone, di diverse età, che nell’anno 2012-2013, da settembre a maggio, hanno frequentato la scuola Penny Wirton di Roma. La gran parte ragazzi, mentre sono 37 i nomi femminili. Gli insegnanti sono stati 75. Effettuate 62 giornate di lezione, pari a 124 ore. Data la caratteristica di accettare chiunque sempre, fino all'ultima lezione, ci sono stati anche studenti di un giorno solo, o di due o tre, accanto ad altri che hanno totalizzato 100 ore di lezione.
E’ una scuola particolare, la Penny Wirton, fondata sulla possibilità di imparare l’italiano da parte di tutti coloro che non lo conoscono, in particolare da parte di chi, arrivato nel nostro paese senza riferimenti familiari, nell’acquisizione della lingua del paese ospitante ha la prima reale possibilità di inserimento sociale. Scrive Eraldo Affinati, scrittore, insegnante e fondatore della scuola: “Specialisti della lontananza: ecco chi sono i miei ragazzi. Tecnici del distacco. Esperti dell’assenza. Conoscitori del lutto. Piante cresciute fuori dal fusto. In mancanza d’altro, si legano mani e piedi a poche verità essenziali, stringendo forte, col nodo doppio” (La città dei ragazzi, Mondadori 2008).
L’idea di una scuola così deriva dall’esperienza di insegnamento di Affinati alla Città dei ragazzi di Roma. Nata dopo la seconda guerra mondiale per i giovani orfani, l’Opera nazionale per le città dei ragazzi si propone di provvedere all’assistenza, all’educazione sociale e professionale dei ragazzi privi di un valido supporto familiare e a rischio di devianza. Fu fondata da monsignor John Patrick Carroll-Abbing con la denominazione di Opera per il ragazzo della strada (proprio quest’anno ricorrono i 60 anni dalla fondazione che si celebreranno ad ottobre con un convegno). Oggi la Città dei ragazzi ospita soprattutto giovani immigrati, “minorenni non accompagnati”, e l’obiettivo resta quello di “promuovere, attraverso il metodo pedagogico dell’autogoverno, una crescita armoniosa della personalità, migliorando la capacità di auto-determinazione”. Spiega Affinati: “Da lì mi è venuta l’idea di una scuola con un rapporto insegnanti e ragazzi di uno a uno. I padri gesuiti ci hanno offerto di stare nel monastero di San Saba, sull’Aventino, e da 5 anni ci incontriamo ogni martedì pomeriggio”. C’è un’altra caratteristica che distingue questa scuola dalle altre: “Qui siamo tutti volontari. Ci accorgiamo che i ragazzi apprezzano e sentono il valore di questa gratuità, sperimentano l'accoglienza che genera benessere. quindi dobbiamo proseguire e intensificare”. Aggiunge Anna Luce Lenzi, insegnante e autrice di testi e antologie scolastiche, moglie di Affinati e co-fondatrice della scuola: “Qui non si rifiuta nessuno, ognuno dà quel che può e non si chiede più di quello che uno può dare”. E così facendo avviene che il processo di integrazione sia compiuto contemporaneamente da stranieri e italiani. E non solo gli allievi si passano parola tra loro, ma “per fortuna anche i volontari aumentano, chiamati da altri insegnanti volontari”. Diversi di loro sono docenti in pensione.
“Penny Wirton e sua madre” è un romanzo per ragazzi di Silvio D’Arzo, scritto nel 1948, che racconta di un ragazzo orfano di padre. “I Penny di oggi sono Omar, Farìs, Alì, Kaled – dice Affinati – che hanno perso la famiglia e devono imparare a inserirsi in una nuova terra”. Questa scuola di italiano e di accoglienza è “senza voti né registri, senza classi e burocrazie. E’ basata sul rapporto umano”. E Affinati va oltre: “Questo ‘a tu per tu’ dovrebbe essere l’avanguardia di ogni possibile relazione umana. Se noi riuscissimo a realizzare anche nelle città, in Italia, questo ‘a tu per tu’, saremmo capaci di uscire dai nostri pregiudizi condizionamenti paure: avremmo realizzato l’unica possibile rivoluzione tra quelle fallite nel XX secolo”.
Un video realizzato quest’anno da Elisabetta Angelillo ha raccolto le voci di alcuni insegnanti volontari: “L’approccio gratuito e spontaneo è importante: la comunità dove sei arrivato pensa a te e si vuole mischiare con te”, sono le parole di Francesco Davì. Angela Pagano mette in evidenza la presenza di adulti tra gli allievi: diverse le donne ucraine e romene venute in Italia a svolgere lavoro di cura nelle case o le suore straniere che raggiungono via San Saba da monasteri e conventi della capitale. Il video riporta anche le voci degli studenti, quella di Fidela, di Olga, di Tao che dice “Qua è buonissimo”.
“Questi ragazzi stranieri ricompongono i cocci della loro vita nella nostra lingua, è come se l’italiano avesse un ruolo ortopedico” sono ancora le parole di Affinati, che di recente ha compiuto un viaggio “a ritroso”, su invito di due suoi studenti, Omar e Farìs: li ha accompagnati nel loro Paese, da cui mancavano da 4 anni, ed è stato testimone dell’abbraccio con i padri. “Molto spesso questi ragazzi non trovano le parole per raccontare il loro vissuto. Riuscire a trovarle, scritte o orali, è un modo anche per riuscire a sanare le ferite”. E “quello che accade in aula – aggiunge – produce effetti indelebili: è la potenza dell’insegnamento”.
Come si intercettano i ragazzi? Sono aperti i contatti con realtà come i Cpim (Centri pronto intervento minori istituiti dalla Caritas di Roma) “che solitamente stanno con noi un paio di mesi e poi vengono trasferiti in case famiglia”. E la tendenza è quella che “continuano a frequentarci anche dopo il trasferimento, a volte affrontando un’ora e più di viaggio per raggiungerci: dalla Città dei ragazzi, dal Casilino, da Lunghezza, da Aranova, un ragazzo perfino da Sezze. Non solo: molti di loro portano con sé amici incontrati nella nuova sistemazione. In questo modo abbiamo aperto i contatti con diverse strutture per minori, che prevediamo ci invieranno altri allievi”. A Roma si cerca una sede stabile perché gli studenti aumentano. E intanto la Penny Wirton ha generato realtà analoghe a Torino e in diverse località della Calabria.
Mentre l’appuntamento con i nuovi corsi è al 17 settembre, sabato prossimo ad Assisi Eraldo Affinati porterà l’esperienza della Penny Wirton ai convegnisti del 71° corso di studi cristiani della Pro Civitate dal titolo “Comunità, trauma e sogno nel mondo plurale”. Racconterà di cosa succede quando si decide di “uscire dal mansionario” dell’insegnamento: “E’ come mettere le mani sul fuoco. Ti puoi bruciare. Però cominci a capire qualcosa di te stesso e degli altri che, se non fosse così vicino alla fiamma, ti sfuggirebbe”. (Elisabetta Proietti)