Immigrati, "per più di un italiano su tre sono un pericolo”
ROMA - Cresce la percezione degli immigrati come un “pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone” in Italia: lo pensa più di un italiano su tre. È quanto emerge dall’ottava edizione del rapporto dell’Osservatorio Europeo sulla sicurezza realizzato da Demos & Pi e Osservatorio di Pavia per Fondazione Unipolis “Nella terra di mezzo fra terrore globale e paure quotidiane”. Secondo lo studio, inoltre, aumenta, anche se di poco, anche la percezione dell’immigrato come minaccia per l’occupazione (dal 33 al 35 per cento degli intervistati), mentre si contrae in misura più significativa quella dell’immigrato come “risorsa per la nostra economia” (dal 44 al 38,5 per cento).
Non solo sicurezza. Il tema dell’immigrazione, spiega il report, non poteva non tornare alla ribalta dopo gli attentati di Parigi e la cosiddetta “emergenza sbarchi” del 2014. Tuttavia, le preoccupazioni degli italiani non riguardano solo la sicurezza. “La mancanza di lavoro ha spinto i cittadini a prestare maggiore attenzione alla questione occupazionale – spiega il report -, riaccendendo la concorrenza con gli immigrati. A condividere questa preoccupazione sono, infatti, soprattutto le persone di media età (35-54 anni), in possesso di un titolo di studio più basso; in particolare, i disoccupati, gli operai, i residenti in aree a più alta disoccupazione”. Un opinione complessiva caratterizzata da trend diversi e spaccata sul tema degli sbarchi, “sulla quale l’opinione pubblica si divide quasi equamente tra logica dell’accoglienza (46 per cento degli intevistati) e logica dei respingimenti (45 per cento)”.
Crescono di sei punti percentuali le paure di matrice culturale. Riguardano quasi il 30 per cento degli italiani, secondo cui gli immigrati costituiscono un “pericolo per la nostra cultura, la nostra identità e la nostra religione”. Scende dal 56 al 46 per cento (ben dieci punti percentuali) la quota di persone che vede nei nuovi arrivati una occasione di apertura per il nostro paese. Tuttavia, se da un lato cresce la paura negli “stranieri”, l’apertura sul piano dei diritti di cittadinanza sociale e politica sembrano resistere meglio. “Tutti gli indicatori forniti del rapporto, sebbene in parziale arretramento rispetto allo scorso anno, confermano una generale disponibilità da parte dei cittadini italiani. Il 72 per cento è favorevole a concedere la cittadinanza a figli di immigrati nati in Italia. Per la quasi totalità del campione (95 per cento), gli immigrati, se sono regolari e pagano le tasse, è giusto che abbiano diritto all’assistenza sanitaria”. Anche la partecipazione politica viene vista in modo positivo: per l’84 per cento è giusto che votino alle elezioni amministrative del comune dove abitano e per il 78 per cento anche alle elezioni politiche.
Arabi e rom, le paure dettate dagli stereotipi. Il dossier, infine, ha allargato la ricerca al contesto europeo (negli altri cinque paesi in cui è stato condotto il sondaggio: Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Polonia), soprattutto per capire quali siano le culture, le provenienze o le religioni che generino maggiori sospetti. Secondo i ricercatori, i maggiori sospetti si concentrano, un po’ ovunque, sulle persone nate in un paese arabo e in particolare sui rom. “Definizioni entrambe ampie e un po’ indefinite – spiega lo studio -, ma proprio per questo utili a catturare stereotipi e posizioni di maggiore diffidenza”. Secondo il rapporto, infatti, hanno fiducia negli “arabi” il 27 per cento degli intervistati in Italia, il 24 per cento in Germania, il 15 per cento in Polonia. Negli stessi tre paesi si registrano, al contempo, gli atteggiamenti di maggiore chiusura verso i rom, con livelli di fiducia che oscillano tra il 10 e il 15 per cento. C’è infine quella che lo studio individua come “questione islamica”, che però non trova una stretta associazione con l’effettiva presenza musulmana sul territorio. “Paesi dove l’incidenza di tale credo religioso, sulla popolazione, è piuttosto elevato – spiega il report -, formulano giudizi divergenti sull’Islam. Piuttosto positivi, in Francia e Regno Unito, molto più severi in Germania e Polonia. Spagna e Italia si collocano, infine, in posizione intermedia”.(ga)