Immigrati, ''senza rispetto dei confini fra Eritrea e Etiopia la tragedia continuerà''
boxROMA - “Giustizia e verità, questo chiediamo”. Tisfazghi Yemane, membro della chiesa copta ortodossa eritrea, e della comunità che si riunisce alla chiesa di San Salvatore al Campo a Roma, sposta il punto di vista sulla tragedia di Lampedusa. “E' un dolore fortissimo per tutti noi che siamo una famiglia – spiega -, non dipende da parentele, fratelli, cugini o figli. Ora vorremmo capire se hanno messo le bare tutte insieme e dove, per poter pregare, e per poterle rimandare in patria”. La scorsa domenica hanno pregato insieme, con le candele in piazza davanti alla chiesa.
La questione, secondo Yemane, è che la comunità internazionale deve aprire gli occhi sulle cause di questo esodo, piuttosto che piangere i morti quando ormai non c'è più nulla da fare. “Il problema però non è una questione umanitaria. Ora se ne parla perché è accaduto un grande incidente qui vicino, ma si tratta solo di una piccola parte dei morti delle traversate. Si muore al confine col Sudan, rapine e violenze nel deserto, torture in Libia: quando sei arrivato al mare ti sembra che il peggio sia già successo, hai lasciato tanti morti di cui non si saprà mai nulla lungo la strada, il rischio di morire su un barcone sembra il minimo”.
“Il problema è che, dopo una guerra fra Etiopia e Eritrea durata 30 anni, i confini non sono ancora rispettati, e la gente vive in guerra, e i giovani, piuttosto che fare il servizio militare, scappano”. Yemane racconta come i ragazzi siano convinti che qualunque cosa sia meglio che lì, fuggono per andare in Europa, dove i diritti sono tutelati, anche se in Italia la situazione non è rosea: “Inutile dire che qui non c'è lavoro, e che a parte la popolazione che si è prodigata per salvare, nutrire e vestire i sopravvissuti, per il resto parlano e basta. La gente scappa, è presa per il collo dai trafficanti, considera l'Italia solo un passaggio. Ma finché la comunità internazionale non farà rispettare gli accordi, continuerà così. Ci sono anche etiopi che si fanno passare per eritrei per chiedere l'asilo, la situazione è uguale”.