In coma e dopo il coma, Leonardi (Besta): “Si attui subito la mozione approvata”
ROMA - “Vogliamo un tavolo e lo vogliamo domattina! La disparità territoriale nell'accesso alle cure per chi è in coma e soprattutto per chi ne emerge è inaccettabile, a un anno dall'approvazione all'unanimità della mozione!”. Lo chiede con veemenza Matilde Leonardi, direttore di Neurologia nell'Unità di Salute Pubblica, Disabilità e Centro di Ricerca sul Coma dell'Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano. La veemenza di chi sente l'urgenza di una questione che ha a cuore e che riguarda, in Italia, migliaia di persone e le loro famiglie. “Come direttore del Centro per il coma – rilancia – voglio l'attuazione della mozione parlamentare portata avanti dall'onorevole Fabiola Bologna, a nome delle società scientifiche e delle associazioni dei familiari, coordinata dal Besta e approvata all'unanimità il 26 ottobre del 2021: il ministero della Salute ha dato parere favorevole eppure, a un anno esatto di distanza, ciò che chiedevamo con precisione e chiarezza non è ancora stato preso in carico. E' una mozione nata in un momento difficile, nell'ambito di un periodo di pandemia che per chi era ricoverato in una struttura era particolarmente drammatico e complicato: è in quel momento che abbiamo chiesto, innanzitutto, l'attivazione di fondi e un coordinamento che ponga fine a quella discrepanze regionali che si traducono in un'inaccettabile disparità nell'accesso alle cure. Lo abbiamo fatto con una mozione, ma lo hanno fatto anche le famiglie, con la prima e la seconda 'Conferenza nazionale di consenso delle associazioni che rappresentano familiari che assistono una persona in coma, stato vegetativo, minima coscienza e GCA' (la prima nel 2019, la seconda nel 2022), che avanzano le stesse richieste contenute nella mozione”.
Quali sono le principali richieste contenute nella mozione?
Innanzitutto, la libertà di scelta del luogo di cura, visto che la mobilità è un diritto costituzionale. Questa è una priorità, almeno fintanto che persistono queste forti discrepanze regionali: una famiglia deve poter scegliere dove far curare il proprio caro, sia questo in stato vegetativo, di minima coscienza o emerso dal coma. Preciso che questa mobilità deve essere limitata all'Italia, che ha ottime professionalità e strutture: siamo contrari al pericolosissimo 'doctor shopping', con viaggi della speranza in giro per l'Europa. Altra richiesta fondamentale è quella di destinare fondi adeguati alla ricerca: noi non vogliamo restare indietro, soprattutto su un tema così delicato. L'innovazione nella ricerca terapeutica è un ambito in cui vogliamo essere avanti. Anche perché su questo tema, c'è ancora tanto da scoprire, da studiare, da ripensare: tante persone che erano state dichiarate in coma irreversibile si sono poi risvegliate e, con un'adeguata riabilitazione, hanno riconquistato una buona qualità della vita. E' quello che vogliamo e dobbiamo garantire a questi pazienti, ma per questo è necessario che la ricerca sia finanziata. La morte tragica di Eluana Englaro servì a suscitare attenzione intorno a questo tema, tanto che vennero pubblicati ben sei bandi per la ricerca in questo campo. Quell'attenzione si è spenta e oggi i fondi per la ricerca sono insufficienti, ma noi scienziati abbiamo bisogno di continuare a migliorare, imparando dagli errori: ora sappiamo che molti pazienti in stato vegetativo non lo sono o possono uscirne, così come alcuni pazienti in stato di minima coscienza hanno in realtà la capacità di essere connessi. Siamo noi che dobbiamo imparare a comunicare con loro, anche tramite le nuove forme di tecnologie della comunicazione. E' un campo vasto e complesso, che dobbiamo e vogliamo esplorare e approfondire.
Qual è il percorso “standard” previsto per questi pazienti?
I passaggi sono questi e devono essere compiuti in quest'ordine: terapia intensiva, sub-intensiva, riabilitazione, lungodegenza ed eventualmente rientro a domicilio. Il venir meno di uno di questi passaggi è illegale e deve essere denunciato, anche tramite le associazioni dei familiari. Purtroppo, con la pandemia, è accaduto spesso che i passaggi siano saltati. Di fatto, in molte regioni, questo percorso non è affatto lineare e garantito.
Servono nuove leggi?
Iniziamo a utilizzare quelle già esistenti: pensiamo soprattutto alla legge sul caregiver e al relativo fondo. E' chiaro che questi strumenti vanno utilizzati a favore delle famiglie di questi pazienti, soprattutto quando questi tornino a domicilio. Di fatto, se queste persone si risvegliano e rientrano a casa dalle strutture, sono in carico al comune di residenza e questo crea una grave disparità: siamo spesso in presenza di gravissime disabilità, spesso con problemi cognitivi e comportamentali. Non possono essere lasciati sulle spalle delle famiglie, come attualmente, di fatto, accade. E' lo stesso problema che si presenta in altri ambiti, come per esempio la salute mentale grave: c'è carenza di pensiero e di strutture. Una carenza che il covid ha evidenziato e drammatizzato: non c'è stato alcun fruttuoso ripensamento del percorso di presa in carico, nessuna riorganizzazione. I percorsi sono oggi poco chiari, complicati, differenti da territorio a territorio. Abbiamo detto e scritto tanto: è ora di metterlo in pratica.
C'è chi si domanda se vite come quelle di Eluana possano considerarsi vite: se sia giusto ostinarsi a dare giorni alla vita, piuttosto che dare vita ai giorni..
E' una domanda sbagliata: ci sono tante persone sanissime che hanno una vita piena di sofferenza, ma per loro non ci poniamo lo stesso quesito. Dobbiamo dare vita ai giorni e anche giorni alla vita. Dal 2010 a oggi, abbiamo fatto passi da giganti rispetto allo studio della coscienza, le nuove terapie, ecc. Non dico che il cervello possa tornare come prima, resterà come una cicatrice, ma questo non impedisce di vivere una vita dignitosa e di qualità, se ci sono percorsi assistenziali e riabilitativi adeguati. La domanda che dobbiamo farci, allora, non è se dare giorni alla vita, ma come comportarci con i fragili nel nostro Paese. Dopo la pandemia, rispetto a questo interrogativo, si è verificato un lassismo etico mondiale che ha fatto sì che, solo nelle prime tre settimane di covid, abbiamo buttato via 20 anni, forse 30, di ragionamenti su come debba una paese civile comportarsi nei confronti dei suoi cittadini fragili: abbiamo risposto che i vecchi dovevano morire, che i disabili non dovevano avere accesso alle cure. Un piccolo virus ha spazzato via in pochi giorni decenni di lavoro, oltre che Convenzioni Onu e leggi nazionali. Ora stiamo recuperando le macerie e dobbiamo accelerare il passo, con una progettazione sanitaria e sociale che non sia cucita intorno al maschio quarantenne sano, ma che riparta proprio dalle fragilità e da questi pazienti. La nostra mozione deve essere inclusa nelle legge 227/2021 sulla disabilità, che deve essere attuata entro agosto 2023: allora, in assenza di decreti, perderemo i soldi destinati a questa norma. La ministra Locatelli ha 8 mesi di tempo, sono pochi: noi siamo pronti fin da subito per un confronto, che oggi sollecitiamo. Anzi, voglio fare di più, voglio ipotizzare già una road map per la realizzazione degli impegni presi, in tempi brevi ma possibili: entro una settimana, riuniamo il tavolo, entro due settimane si convoca la Conferenza Stato Regioni per riorganizzare i percorsi, poi entro tre settimane di inseriscono questi percorsi nella legge per il caregiver. Questo ci permetterebbe di raggiungere importanti obiettivi già entro Natale, per il miglioramento della qualità della vita di questi pazienti. Noi siamo pronti a collaborare, a completa disposizione del ministero della Salute: dateci un segno!”.