30 aprile 2016 ore: 13:39
Giustizia

In Italia 15 mila detenuti lavorano. Ma per averne di più serve una riforma

Il 1 maggio si celebra anche in carcere, per quei detenuti che hanno un lavoro. Un numero sempre in crescita negli ultimi anni, con ben 267 progetti avviati nel 2015. Ma per Santi Consolo, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, bisogna cambiare le regole per incentivare queste esperienze
Carcere: corridoio con porta aperta

ROMA – “È quanto mai urgente una riforma della disciplina del lavoro penitenziario. Una riforma da fare subito e anche in anticipo rispetto a quella dell’ordinamento se vogliamo continuare con i risultati positivi che abbiamo ottenuto”. A chiedere un intervento rapido sul mondo del lavoro in carcere è Santi Consolo, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che in vista della festa dei lavoratori del primo maggio affida a Redattore sociale un’analisi sui dati positivi raccolti negli ultimi anni dall’amministrazione sul fronte del lavoro, nonostante vecchie e nuove difficoltà. Di fronte ad una popolazione penitenziaria lontana dagli anni della condanna Torreggiani, ma che negli ultimi mesi ha fatto segnare nuovamente un trend in aumento, Consolo chiede al governo di accelerare almeno su questo tema. “Deve essere una disciplina chiara, semplice e con parametri simili a quelle che sono le retribuzioni della media europea – aggiunge Consolo -. Una disciplina che non deve dare luogo a conflitti tra datore di lavoro e lavoratore. Deve essere tutto molto semplificato”.

box Gli ultimi dati presentati in Parlamento dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, parlano chiaro: negli ultimi tre anni sono aumentati i detenuti che lavorano e al contempo anche le risorse messe a disposizione. Nella relazione presentata da Orlando, al 30 giugno 2015 sono 14.570 i detenuti che lavorano, mentre il budget per la remunerazione dei detenuti impiegati nella gestione quotidiana nel 2015 è stato di 60 milioni circa, contro i 49,6 milioni del 2013. Un trend positivo che per Consolo è un “dato di maggiore attenzione” da parte della politica e delle istituzioni e che dallo scorso anno è stato implementato anche con l’impegno della Cassa delle Ammende. “Se i dati sono migliorati lo si deve in maniera significativa anche all’attività svolta da Cassa Ammende – spiega Consolo -. Nell’arco del 2015 abbiamo approvato 267 progetti finanziati con un importo complessivo di 10,8 milioni e un quarto di questa somma (poco più di 2,6 milioni, ndr) è stata destinata al pagamento della manodopera dei detenuti. In forza di questi progetti sono stati impegnati in attività lavorativa 1.393 detenuti. Per effetto di questi progetti si ha un recupero di posti detentivi di 257 unità”. I progetti approvati riguardano interventi su oltre 5,7 mila camere di pernottamento, in 841 stanze verranno realizzate docce per i detenuti, si eseguiranno lavori in 25 aree verdi, 61 sale colloqui, 7 refettori, 15 palestre, 85 aree passeggi, 19 impianti, 600 aree trattamentali e altri 32 campi sportivi. Gli interventi più corposi in Liguria (con oltre 2 milioni), in Sicilia (1,5 milioni) e Campania (quasi 1 milione).

Si tratta di progetti approvati nel 2015, continua Consolo, “già finanziati, in molti casi già avviati e ora stiamo verificando lo stato di avanzamento dei lavori”. Da sottolineare l’enorme risparmio per la spesa pubblica. “Basta confrontare le cifre con quelle dei pubblici appalti per opere pubbliche. Non avremmo realizzato nemmeno un decimo di quanto abbiamo fatto. Il tutto si trova pubblicato online ed è verificabile da tutti per ragioni di trasparenza”. Risparmi che, per il capo del Dap, vanno reinvestiti per incentivare ulteriormente questo tipo di esperienze. “Si possono fare tante cose – racconta Consolo -. A volte anche impensabili. Come l’autofficina e autocarrozzeria di Bollate e Sant’Angelo dei Lombardi: con la collaborazione di tutto il personale dell’amministrazione penitenziaria e della Polizia penitenziaria riusciamo a riparare le auto e a certificarne la correttezza delle riparazioni. Lo facciamo per noi, ma vorremmo farlo anche per tutte le altre forze di polizia e per altre auto pubbliche. Non solo. Ci sono tanti altri settori come il calzaturificio di Pescara che sta rinnovando le scarpe a tutto il corpo della Polizia Penitenziaria: sono scarpe di ottima qualità a costi enormemente contenuti”. E il vantaggio non è solo economico. “Bisogna dare questa opportunità che determina delle economie, ma sono iniziative di un valore sociale unico perché queste abbattono notevolmente il rischio recidiva. Danno opportunità vere, serie e alternative una volta che una persona torna libera”.

Anche l’esperienza del Giubileo ha dato i suoi frutti. Dagli iniziali 98 detenuti da coinvolgere nella manutenzione degli spazi verdi, si è arrivati a circa 130 detenuti. Per Consolo si tratta di un’esperienza “replicabile” in tutti i comuni d’Italia. “Sicuramente andrà a beneficio della fruizione delle aree pubbliche delle nostre città – aggiunge -. Il tutto senza compromettere la sicurezza e l’ordine pubblico perché sono coinvolti detenuti in art. 21 e cioè con autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente o previa approvazione da parte del magistrato di sorveglianza che ne vaglia l’affidabilità. Non compromettiamo quindi né l’ordine né la sicurezza dei cittadini”.

L’incremento delle esperienze lavorative, però, da sole non bastano per far sì che il sistema penitenziario funzioni al meglio. “Il trend della popolazione detentiva nell’arco di questo inizio di anno è in aumento, anche se non di molto – chiarisce Consolo -. Questo ci preoccupa perché noi lavoriamo per una inversione, per implementare le misure alternative e deflazionare la presenza detentiva nei nostri istituti. Di recente ho fatto una circolare a tutti i direttori degli istituti affinché promuovano d’ufficio le misure alternative per i detenuti che non ne hanno fatto richiesta”. Tuttavia, conclude Consolo, occorre intervenire anche “sotto il profilo della premialità”. Per il capo del Dap, infatti, “il lavoro è un elemento importante del trattamento. Chi manifesta disponibilità a lavorare o a qualificarsi professionalmente è giusto che ne abbia un vantaggio. Chi è ammesso al lavoro o ad attività di formazione professionale all’esterno degli istituti penitenziari, in relazione al periodo di attività effettivamente svolto, dovrebbe beneficiare di un ulteriore periodo, oltre a quello previsto dalle leggi attuali, di liberazione anticipata”.(ga)

 

 

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