Inclusione scolastica, “priorità è ritorno in classe. Piano di Colao carente”
ROMA – Nel Piano presentato da Colao e dalla sua task force c'è anche l'inclusione degli studenti con disabilità (paragrafo 82), ma “è come se non ci fosse: scritto senza un pensiero dietro, non è centrato ed è poco comprensibile”. E' severo il giudizio di Dario Ianes, pedagogista esperto di inclusione scolastica, docente di Pedagogia e Didattica Speciale all'Università di Bolzano e tra i fondatori del Centro Studi Erickson di Trento. “E' una scheda misera, che sembra guardare indietro più che avanti. Il primo punto chiede di rafforzare il gruppo di lavoro e la task force con rappresentanti dell'associazionismo, ma parliamo di un gruppo destinato a chiudersi presto, quindi sembra più un modo per rispondere a una richiesta di partecipazione dell'associazionismo che un'indicazione concreta”.
C'è poi un punto sulle prove d'esame, in cui si chiede “di basare sul lavoro svolto per realizzare i Pei. Ma è evidente che, in presenza di un Pei, questo avvenga”, commenta Ianes. I successivi tre punti parlano di tecnologie e del loro rafforzamento: per Ianes “sembrano guardare alla scuola degli ultimi tre mesi più che a quella che riaprirà – speriamo – a settembre. Le tecnologie dovranno esserci anche domani, è evidente, ma dovranno essere aumentative, non sostitutive. Ci sono competenze acquisite e condivise da insegnanti e genitori in questo periodo, di cui dovremo fare tesoro. Ma deve essere chiaro che la scuola debba tornare ad essere fatta in classe”.
Parola d'ordine: "Più scuola"
Questa è per Ianes la priorità assoluta, soprattutto per gli studenti con disabilità. “La parola d'ordine deve essere 'più scuola', anche per colmare le possibili regressioni nelle autonomie e nelle competenze e non solo negli apprendimenti, che molti studenti con disabilità potrebbero presentare. Quindi a settembre, qualsiasi sia l'organizzazione, l'alunno con disabilità dovrà essere in classe”.
Ripetere la classe? “Più un pericolo che un'opportunità”
Riguardo al dibattito sulla possibilità, prevista dal decreto Scuola, di “reiscrizione al medesimo anno”, Ianes è critico: “Questa opportunità andrebbe valutata bene, caso per caso. Io personalmente vedo più svantaggi che vantaggi nell'eventuale scelta di far ripetere l'anno, soprattutto o dopo questo periodo di chiusura. Si saldano due eventi: la chiusura e il cambiamento di classe e compagni. Mi pare sia una combinazione molto dura da sopportare, soprattutto per un ragazzo con disabilità”.
Certo è che un problema da risolvere esiste e la permanenza a scuola, specialmente per gli studenti degli ultimi anni, può rappresentare un'ancora di salvezza dal vuoto che spesso attende il giovane adulto con disabilità, una volta fuori dal circuito scolastico. “Sicuramente per il genitore di un ragazzo con disabilità, la fine del percorso scolastico è un momento d'ansia forte, perché nella scuola il figlio è comunque dentro un binario d'integrazione, in un percorso istituzionale forte. Una volta uscito, sarà in balia di una serie di situazioni frammentate e poco integrative. Io per anni ho lavorato in centri diurni per disabili adulti – racconta Ianes – Mi sono resto conto che dopo la scuola questi ragazzi entrano in struttura fatta di 30-40 adulti dai 30 ai 60 anni, per cui quell'integrazione per cui la famiglia aveva lottato per tanti anni rischia di andare in fumo. Prolungare la permanenza a scuola, facendo ripetere uno o più anni, non può essere però la soluzione”.
Quattro “ingredienti” per riaprire la scuola
Guardando al prossimo settembre, Ianes indica alcuni elementi chiave per permette agli studenti, soprattutto a quelli con disabilità, di tornare in classe. “Innanzitutto le classi dovrebbero essere divise in piccoli gruppi eterogenei, gestiti anche dall'insegnante di sostegno. Avremmo così il doppio vantaggio di garantire la distanza fisica e rendere finalmente l'insegnante di sostegno davvero contitolare della classe”.
Il secondo punto riguarda gli spazi: “Le aule di sostegno vanno eliminate e riutilizzate come spazi per un'articolazione più ampia dell'attività scolastica. Sappiamo che queste aule ancora esistono e sono una vergogna nella nostra scuola dell'inclusione – afferma Ianes – Sono un retaggio di quelle scuole speciali che ci vantiamo di aver eliminato ma che in modo ipocrita invece abbiamo reintrodotto senza dirlo”.
Il terzo punto è la “cordata”: Ianes chiama così quei “gruppi di tre bambini, anche questi eterogenei, in cui la classe dovrebbe essere suddivisa. Come in montagna, se uno di loro si fermerà o sarà in difficoltà, gli altri saranno pronti a sostenerlo. Immagino queste cellule di aiuto reciproco e vicinanza come un elemento fondamentale per una ripartenza che riesca a recuperare il tempo e le competenze perdute in questi mesi e per riaprire una scuola che sia migliore di quella chiusa a marzo”.
Il quarto punto riguarda gli assistenti all'autonomia e alla comunicazione, “figure professionali che devono diventare il fulcro del Pei, con un ruolo di ponte tra scuola e famiglia. Naturalmente il loro status giuridico e contrattuale andrà stabilizzato e regolarizzato da chi di dovere, ma è urgente valorizzare queste figure nel processo inclusivo che vogliamo realizzare a scuola”.
Infine c'è una parola chiave, che deve ispirare tutto questo processo: “Coraggio. Nella ripartenza ci vuole coraggio – ribadisce Ianes – ed è questo che mi pare sia mancato nella scuola italiana finora: è stata la prima a chiudere e l'ultima a ripartire, con dirigenti che ancora ieri hanno vietato agli insegnanti di organizzare cacce al tesoro nel parco o altre attività all'aperto per salutare i loro alunni. Mi pare inspiegabile e fuori contesto: in un Paese in cui tutto sta rapidamente ripartendo, anche solo pensare che la scuola a settembre possa essere 'a distanza' è inaccettabile. E dobbiamo essere tutti determinati nell'impedire che questo accada”.