17 settembre 2014 ore: 13:21
Disabilità

Insettopia home: il dopo di noi per figli autistici, nel “format” di Nicoletti

Un “format” grazie a cui famiglie con ragazzi autistici possano organizzarsi come in una piccola azienda, mettendo in comune risorse pubbliche e personali e vivendo in case ecocompatibili e “superdomotiche”. E’ uno dei progetti che sarà presentato domani, insieme all’ultimo libro
Giulia Macchiavercesi Tommy, il figlio di Gianluca Nicoletti affetto da autismo

boxROMA – “Che ne sarà di mio figlio autistico quando non sarò più al suo fianco?”. È la domanda, drammatica e cruciale, a cui Gianluca Nicoletti, nella duplice veste di giornalista e papà di Tommy, prova a rispondere nelle duecento pagine del suo ultimo libro. La risposta è nel titolo del volume, “Alla fine qualcosa ci inventeremo”, che sarà presentato domani pomeriggio a Roma, presso la sede del Cnr. Una risposta volutamente e significativamente vaga, indefinita, ma non disperata, anzi piena di propositi, di intenzioni, di quelle “idee folli” con cui a Nicoletti e ai suoi amici e colleghi piace “giocare”. 

“Insettopia house”. Qualcosa, per la verità, Nicoletti se lo sta già inventando: dopo la nascita della “città ideale per gli autistici”, Insettopia, per ora solo sul web, oggi Nicoletti “spara” in rete un’idea che è molto concreta, che è già quasi un progetto, una risposta all’interrogativo suo e di tanti altri: dove vorremmo immaginare nostro figlio quando non ci saremo più? In quale luogo fisico, in quale contesto sociale, in quale ambiente a lui adatto vorremmo vederlo? Il progetto si chiama “Insettopia house” ed è un’idea un po’ giuridica, un po’ architettonica, un po’ ingegneristica e un po’ informatica. Un’idea multidisciplinare, insomma, come multidisciplinare e multiforme deve essere la risposta a un interrogativo tanto complesso. “Ho massima fiducia che le istituzioni presto ci risolveranno con ottime leggi il dilemma del ‘dopo di noi’ – spiega Nicoletti - ma mentre aspetto (e il tempo passa) per non annoiarmi troppo ho deciso di coinvolgere qualche amico di consumata esperienza giuridica e qualche altro che s’ intenda d’ ingegneria dell’organizzazione aziendale e d’informatica  e altri ancora esperti in autocostruzione di ambienti ecorilassanti, loro ancora non lo sanno, ma saranno le menti eccelse di un progetto ‘dadaista’ che intendo sperimentare di persona  assieme a un manipolo fidato di miei colleghi d’autismo”. 

Un “format” per il dopo di noi. L’idea, concretamente, è quella di un “format”, come lo definisce Nicoletti, in cui “gruppi di sette, otto famiglie al massimo, con similari problemi di gestione di un figlio autistico (stessa fascia d’ età simile livello di disabilità) di organizzarsi come se fossero a tutti gli effetti una piccola azienda, mettendo in comune risorse pubbliche e personali, educatori, eventuali seconde case disponibili, per costruire un progetto di vita attiva e felice per i propri figli”. A comporre questa specie di “città ideale”, ci sarebbero case strutturalmente adeguate, “Insettopia houses” appunto, che siano ecocompatibili e “iperdomotiche”. Il lavoro è tutto “in progress”, ma la squadra è già fatta, con nomi, cognomi e persino le “facce” di chi si è messo a disposizione di questa idea: l’avvocato Gianettore Gassani, la bioarchitetta Cristina Marchi e l’ingegnere Nicola Frega. 

“L’immaginazione sul futuro dopo di me”. A pochi giorni dalla chiusura del suo ultimo libro, quindi, Nicoletti sta già scrivendo nuove pagine di una storia da cui cerca di allontanare il più possibile la parola “fine”. Una storia che, con Tommy sempre accanto, alimenta ogni giorno di nuove esperienze, di nuovi tentativi, di nuovi progetti. “Ci penso spesso a Tommy senza di me – scrive Nicoletti nel suo libro – sempre più di frequente da quando mi guardo allo specchio e ammetto di essere vicino a quella rappresentazione di un uomo che ho sempre attribuito alla vecchiaia. Non ho molto tempo, devo sbrigarmi a rendere concreta ogni mia immaginazione su un suo futuro dopo di me”. Ed è così da questa inquietudine, da questo turbinio, che prendono vita i progetti e le idee, alcuni dei quali saranno presentati domani, insieme al libro. 

“Noi dobbiamo procedere senza far caso al paesaggio che cambia, al tempo che passa, ai pensieri che si dissolvono – scrive Nicoletti in una delle ultime pagine – Dobbiamo camminare e sentirci forte nei muscoli, pronti sempre a combattere, voraci nel predare ogni barlume di piacere che scorgiamo lungo il nostro sentiero. (…) Sarà necessario per noi restare vivi il più possibile, ce lo impone l’unico compagno con cui divideremo fino in fondo il nostro viaggio. Che, di sicuro, non ci lascerà mai soli”. E’ l’immagine di questa simbiosi, quasi mitologica, che chiude anche questo secondo volume. Come il libro precedente ("Una notte ho sognato che parlavi", Mondadori 2013) si chiudeva con la figura di Tommy che porta sulle spalle il vecchio padre, nuovi Enea ed Anchise, fermi al semaforo rosso, così questo secondo libro si conclude con una simile immagine di prossimità, di dipendenza reciproca, di unione di cui è difficile anche soltanto immaginare una rottura: “Nessuno potrebbe tenerci in allenamento a ben vivere come lui, che ci corre a fianco sempre più veloce; anche se tu senti che stai rallentando. Sai che un giorno ti fermerai per naturale andamento delle cose, ma lui non potrà mai oltrepassarti. Quando sarai fermo lo sarà anche lui e ti aspetterà. Ti aspetterà anche se tu ti fossi fermato per sempre”. Fino ad allora, però, restare vivi è d’obbligo: vivi e pieni d’immaginazione. (cl)

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