13 luglio 2022 ore: 12:48
Famiglia

Interruzione volontaria di gravidanza, “consultori determinanti per l’imponente riduzione del ricorso all’aborto”

I dati e le considerazioni dell’Indagine nazionale sui consultori familiari dell’Iss. “Negli anni si è osservato un andamento in costante diminuzione del ricorso all’IVG in Italia, dopo un aumento iniziale del fenomeno dovuto all’emersione del fenomeno dalla clandestinità. Si è passati da 187.457 interruzioni volontarie di gravidanza nel 1979 a un massimo di 234.801 nel 1982 e al progressivo calo, fino a 73.207 nel 2019”
Famiglia, maternità: donna incinta di profilo. Gravidanza, figli

ROMA – “Come sottolineato dalle Nazioni Unite e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità l’accesso all’aborto sicuro protegge la salute e i diritti umani di donne e ragazze. L’accesso a cure legali, sicure e complete per l’aborto, comprese le cure post-aborto, è essenziale per il raggiungimento del più alto livello possibile di salute sessuale e riproduttiva. L’aborto non sicuro può portare a rischi immediati per la salute, compresa la morte, nonché a complicazioni a lungo termine, che influiscono sulla salute fisica e mentale e sul benessere delle donne per tutto il corso della loro vita”. Così l’indagine dell’Iss, che ha fotografato la rete degli oltre 1800 consultori distribuiti sull’intero territorio nazionale e si sofferma in un capitolo sull’interruzione volontaria di gravidanza e sulla contraccezione.

La legge 194/78 affida ai Consultori Familiari (CF), strutture istituite dal 1975 con la Legge 405, un ruolo importante per la prevenzione del fenomeno e lo svolgimento delle procedure pree post-intervento, citandoli in diversi suoi articoli. Il Sistema di Sorveglianza sull’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), implementato nel 1980 presso l’Istituto Superiore di Sanità, ha sempre fornito i dati per la Relazione annuale al Parlamento del ministro della Salute sull’attuazione della Legge 194/1978, documentando il lavoro svolto in questi anni dai CF per il counselling pre e post-intervento e il rilascio del documento/certificato necessari per l’Ivg. “Si tratta di passaggi molto importanti per la donna (e la coppia), accompagnata nelle sue decisioni e correttamente informata, nella prospettiva di una azione strategica di promozione della salute al fine di aumentare consapevolezza e competenze nel controllo autonomo della fecondità”, si afferma.

Nel 2019 quasi la metà dei documenti/certificati (44,2%) sono stati rilasciati dai CF, valore in crescita negli anni e più alto rispetto alle altre strutture o professionisti abilitati al suo rilascio.
Le cittadine straniere rispetto alle italiane si rivolgono più frequentemente al consultorio per il rilascio del documento/certificato (55% nel 2019), probabilmente facilitate dalla bassa soglia di accesso e dalla disponibilità del mediatore culturale più frequente rispetto ad altri servizi.
I dati della sorveglianza mostrano anche una notevole variabilità nella percentuale di documenti/certificati erogati dai CF nelle diverse Regioni (da 0,7% in Valle d’Aosta a 73,2% a Trento e 70,8% in Emilia-Romagna). “In generale si osservano percentuali inferiori al Sud del Paese. La recente indagine nazionale sull’attività consultoriale coordinata dall’ISS, i cui risultati sono riportati in questo rapporto – si sottolinea -, ha confermato l’impegno diffuso nell’ambito dell’IVG da parte di queste strutture, anche se emergono degli aspetti suscettibili di miglioramento”.

Infatti, se quasi tutti i CF offrono il counselling prima della procedura e forniscono informazioni sulla tecnica di intervento, senza differenze per area geografica, non tutti riescono ad offrire un counselling psicosociale, specie al Centro-Sud, probabilmente per carenza di personale. Più del 90% garantisce il documento/certificato necessario per prenotare l’intervento ma solo poco più della metà è in grado di fare la prenotazione dell’intervento presso un ospedale o clinica autorizzata, indicatore di uno scarso collegamento e integrazione tra strutture. Uno dei primi studi coordinato dall’Iss cui si fa riferimento in un rapporto dedicato alle IVG e alle possibilità di prevenzione ha dimostrato che, quando il consultorio familiare garantisce la prenotazione dell’intervento, quasi il 100% delle donne sceglie questa struttura per le procedure prima dell’IVG e la gran parte vi ritorna per il controllo post intervento.

Dall’indagine Iss i controlli medici e il counselling contraccettivo post-IVG risultano offerti dalla quasi totalità dei CF, senza differenze per area geografica. Tuttavia, nell’ultima relazione disponibile sull’applicazione della legge, dalla ricognizione fatta dal ministero della Salute sul 69% dei CF italiani, risulta che solo una parte (47,4%) delle donne che si rivolgono al consultorio per il documento/certificato ritorna alla struttura per il controllo post IVG.
“Negli anni si è osservato un andamento in costante diminuzione del ricorso all’IVG in Italia – si sottolinea -, dopo un aumento iniziale del fenomeno dovuto all’emersione del fenomeno dalla clandestinità e al miglioramento del flusso dati. Si è passati da 187.457 IVG nel 1979 a un massimo di 234.801 IVG nel 1982 e al successivo progressivo calo fino a 73.207 nel 2019 (ultimo dato definitivo disponibile). Anche il tasso di abortività, principale indicatore del ricorso all’IVG che mette in relazione il numero di interventi con il numero di donne che sono a rischio di effettuarlo, è diminuito da 17,2 IVG per 1000 donne in età fertile (15-49 anni) del 1982 a 5,8 del 2019”.

Afferma l’Indagine: “Non è infondata l’ipotesi che la disponibilità dei CF e il loro impegno nella promozione della salute riproduttiva e sessuale rientrino tra i principali determinanti della imponente riduzione del ricorso all’aborto volontario registrata in Italia. Nonostante lo scarso investimento in termini di promozione e valorizzazione dei CF, il decremento delle IVG, che colloca l’Italia tra i Paesi con tassi di abortività tra i più bassi nel mondo industrializzato, è stato molto più consistente rispetto a quanto rilevato in altre nazioni a sviluppo economico avanzato. Le azioni offerte dall’équipe multi-professionale del consultorio familiare in questo ambito, non solo alle donne che richiedono l’IVG, ma soprattutto agli adolescenti e alle donne in gravidanza e in età riproduttiva che frequentano i servizi per gli screening o altre prestazioni sociosanitarie, hanno contribuito a prevenire gravidanze indesiderate e possibili IVG”.

“Secondo gli auspici delle leggi 194/1978 e 405/1975 i consultori, grazie alla multiprofessionalità delle équipe e alla vocazione alla promozione della salute, hanno infatti contribuito a migliorare le competenze e le consapevolezze delle donne e delle coppie che sono alla base di scelte consapevoli in ambito riproduttivo. Con la circolare di aggiornamento delle ‘Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine’, pubblicata dal ministero della Salute il 12 agosto 2020, sono cambiate le modalità di esecuzione dell’aborto farmacologico in Italia. A seguito di tale circolare l’IVG con mifepristone e prostaglandine può essere effettuata entro 63 giorni, pari a 9 settimane compiute di età gestazionale (non più entro 7 settimane). Inoltre, la procedura non richiede più l’ospedalizzazione e può essere eseguita in day hospital o presso i CF o strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale e autorizzate dalle Regioni. I consultori assumono quindi un ruolo sempre più importante nel percorso IVG e l’augurio è che possano garantire un miglioramento qualitativo dell’assistenza alle donne che decidono di abortire”.

Non va dimenticato che la prevenzione dell’IVG riguarda tutte le donne in età fertile e non solo quelle che si rivolgono alla struttura per l’intervento, come chiaramente indicato nel Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI) e in altri documenti ufficiali dell’Iss e del Ministero della Salute, che raccomandano l’offerta attiva di counselling sul controllo della fecondità per prevenire gravidanze indesiderate in tutte le occasioni di incontro con le donne/coppie in particolare in occasione dei tre programmi strategici: percorso nascita, screening oncologici e adolescenti.
“L’importanza di tale raccomandazione è confermata dai risultati dell’indagine sul percorso nascita in Italia del 2009-2011 che mostrano un aumento considerevole dell’uso di metodi per evitare gravidanze indesiderate alla ripresa dei rapporti sessuali dopo il parto tra le donne che hanno ricevuto informazioni al riguardo. L’uso di metodi contraccettivi efficaci infatti risulta significativamente maggiore tra le donne che hanno ricevuto un counselling sulla pianificazione familiare rispetto a chi non ne ha avuto l’opportunità. Tale associazione è stata evidenziata tra le donne italiane (73% vs. 53%) e ancor di più tra le donne straniere (76% vs. 46%), a conferma del ruolo dell’accesso all’informazione nel ridurre gli effetti delle disuguaglianze sociali sulla salute. Ancora molto si può fare se si tiene conto che solo poco più del 50% delle donne aveva ricevuto il counselling e, paradossalmente, che le donne con minore livello di istruzione avevano avuto minori opportunità”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) afferma che la garanzia di accesso a informazioni e servizi di alta qualità per la contraccezione rientra tra gli interventi a sostegno del più alto standard di salute per tutti. Gli elementi di valutazione della qualità di tale offerta includono la possibilità di scelta tra un’ampia gamma di metodi contraccettivi; informazioni evidence-based sull’efficacia, sui rischi e sui benefici dei diversi metodi; operatori sanitari competenti e formati; rapporti operatore-utente basati sul rispetto per una scelta informata, la privacy e la riservatezza; appropriata costellazione di servizi disponibili nella stessa località. “Purtroppo, l’Italia, secondo lo European Contraception Policy Atlas 2020, che esamina i dati di accesso alla contraccezione e i livelli di informazione reperibili in 45 Paesi europei, si colloca al 21° posto nella classifica, un ritardo ascrivibile a molteplici fattori tra i quali la scarsa presenza di politiche per la gratuità dei contraccettivi e l’assenza di un sito istituzionale ‘user friendliness’ dove reperire informazioni sulle moderne tecniche contraccettive – si afferma -. Risulta invece buona la possibilità di usufruire di counselling dedicati e di accesso senza prescrizione alla contraccezione ormonale di emergenza”.

Questi dati trovano conferma nei risultati dell’indagine Iss che mostrano come, a fronte di un’attività di counselling offerta dalla quasi totalità dei consultori, il 64,5% non offre gratuitamente i contraccettivi, circa il 10% li offre gratuitamente a tutti, e i rimanenti solo a definite fasce di popolazione come i giovani e/o popolazione a basso reddito. Inoltre, i dati raccolti dall’indagine Iss sul tipo di contraccettivi offerti gratuitamente dai CF evidenziano limiti alle opportunità di scelta dei diversi anticoncezionali in base all’area geografica di residenza. La pillola è offerta dal 92,5% dei CF del Sud, dal 34,2% al Nord e solo dal 9,2% dei CF del Centro mentre per la spirale (IUD, Intra-Uterin Device) le percentuali sono invertite, 17,9%, 72,6% e 97,3% rispettivamente al Sud, Nord e Centro; per il profilattico le percentuali sono 40,2% al Nord, 15,1% al Sud e 13,3% al Centro; la contraccezione di emergenza è offerta gratuitamente dal 63,2% dei CF del Nord e dal 24-25% dei CF del Centro e del Sud. Dati che delineano scelte non omogenee e in contrasto con l’abituale inclusione di questi metodi in tutti i programmi nazionali di pianificazione familiare e con l’OMS che afferma che tutte le donne e le ragazze a rischio di una gravidanza non desiderata hanno il diritto di accedere alla contraccezione d’emergenza.

Anche sugli aspetti relativi alla promozione della salute riproduttiva i CF hanno ampi spazi di intervento e di miglioramento, specie alla luce di due considerazioni emerse dallo Studio Nazionale Fertilità: la scarsa conoscenza e lo scarso uso dei CF da parte degli adolescenti (il 22% dichiara di conoscerli e meno del 10% li ha frequentati) e la preferenza espressa dal 63% dei ragazzi intervistati per il personale esterno alla scuola quale figura di riferimento per i corsi di informazione da organizzare in ambiente scolastico.
“Da quanto esposto si comprende l’importanza della legge 34/96 che stabilisce la disponibilità di un consultorio ogni ventimila abitanti per garantire l’offerta attiva di interventi di promozione della salute e di prevenzione delle malattie in grado di anticipare i bisogni di salute della popolazione in linea con quanto previsto dal Progetto Obiettivo Materno Infantile che definisce programmi strategici, obiettivi misurabili con specifici indicatori di processo, di risultato e di esito e le risorse strutturali, infrastrutturali e professionali necessarie per la loro realizzazione”, conclude l’indagine.
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