27 maggio 2014 ore: 09:51
Immigrazione

Io sto con la sposa. “3 mila km e nessun controllo. Così abbiamo bucato la Fortezza”

Gli autori del documentario raccontano come sono riusciti ad arrivare in Svezia beffando i controlli alla frontiera. “I siriani a Milano si affidano ai contrabbandieri per mille euro a testa. Ma abbiamo dimostrato come l’Europa sia molto più libera nei fatti che nelle regole”
Marco Garofalo Io sto con la sposa - backstage e le foto di gruppo 14

Copenhagen (DK) - Un momento di svago tra una ripresa e l'altra

Il piano per passare la frontiera tedesca. Guarda il video.
Io sto con la sposa foto video 3

ROMA – Tremila chilometri, cinque passaggi di frontiera (dall’Italia alla Francia, passando per il Lussemburgo, la Germania, la Danimarca e infine l’arrivo in Svezia) e nessun controllo. Le rotte percorse dai protagonisti del film-documentario “Io sto con la sposa” sono le stesse che abitualmente battono i contrabbandieri per portare i profughi, che arrivano nel nostro paese, nel Nord Europa. Viaggi che costano ai migranti anche mille euro, senza la garanzia di arrivare a destinazione, e che spesso si interrompono al primo controllo di polizia. Ma per il finto corteo nuziale che ha portato a Stoccolma cinque palestinesi siriani, il problema di dover esibire i documenti non c’è stato. 

“Nessuno ci ha fermato durante il viaggio – racconta Gabriele Del Grande, uno degli autori del film – ogni tanto incrociavamo una pattuglia di polizia, ma più che chiederci i documenti ci faceva gli auguri per il matrimonio”. Ma il piano per arrivare fino alla punta estrema dell’Europa era ben studiato. Per realizzare il documentario, infatti, i tre registi (oltre a Del Grande, Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry) hanno raccolto le testimonianze dei tanti migranti, in particolare siriani e palestinesi, arrivati dallo scorso anno in Italia e che hanno già fatto il viaggio verso la Svezia, mettendo il loro destino nelle mani dei trafficanti.  “Fino al 2013 di siriani a Lampedusa non ne erano mai arrivati – racconta Del Grande, autore anche blog Fortress Europe –ma  dopo lo scoppio della guerra sono in tanti quelli che hanno deciso di imbarcarsi verso l’Italia, che per loro è però solo un paese di transito. L’obiettivo infatti è il nord Europa, non a caso la maggior parte di loro si trova in Germania e in Svezia. Ma il flusso di immigrazione parte da Milano, considerata la vera porta dell’Europa, perché qui ci sono i contrabbandieri che gli assicurano di arrivare a destinazione”.

Un contrabbando che negli ultimi tempi ha allertato paesi di confine, come la Svizzera e l’Austria, più rigidi nei controlli rispetto alle altre nazione europee. “Prima per i migranti era più facile andare al nord- aggiunge Del grande – se riuscivano a non farsi prendere le impronte digitali, prendevano semplicemente un treno alla stazione e arrivavano dove volevano. Ma ormai non è più possibile, perché sui mezzi di trasporto i controlli sono aumentati. Una situazione che, di contro,  favorisce il contrabbando. Non avendo un mezzo proprio, infatti, queste persone non possono che affidarsi ai trafficanti, pagando cifre anche molto alte. Ma di fatto come abbiamo dimostrato non ci sono controlli seri, l’Europa è più aperta nei fatti di quanto si creda”.

Ed è proprio il viaggio dei contrabbandieri che i protagonisti del film hanno voluto replicare. “Dalle nostre informazioni sapevamo che era più facile farla franca facendo il giro largo, passando cioè per il Lussemburgo e la Germania – aggiunge l’autore – Ed è così che abbiano fatto: siamo andati in macchina fino a Ventimiglia, abbiamo poi passato a piedi il passo della morte per risalire in auto e dirigerci verso Marsiglia per poi passare le frontiere di Lussemburgo e Germania”. Un passaggio raccontato nel secondo estratto del film reso noto dagli autori. Qui si vede l’intero corteo che a Nancy, in un’area di sosta decide la strategia per passare clandestinamente il confine tedesco. Si decide allora che una macchina, con solo italiani a bordo, andrà avanti. E’ la cosiddetta “autosonda” che viaggia con mezz’ora di anticipo sul resto del gruppo e verifica che non ci siano posti di blocco. In caso di rischio avverte gli altri. “E’ la stessa tecnica che usano i trafficanti – spiega Del Grande –. Ma al passaggio di frontiera, noi che trafficanti non siamo, eravamo tutti molto tesi perché sapevamo che i rischio era alto: per i profughi di essere rimandati indietro, senza più la possibilità di varcare i confini. Per noi invece di finire in galera, con l’accusa di essere dei contrabbandieri”. Nel breve filmato reso noto dagli autori, si vede anche il piccolo Manar dare consigli su come beffare i poliziotti. Nonostante abbia solo dodici anni, infatti, ha già intrapreso una volta un viaggio fallimentare con i contrabbandieri verso la Svezia insieme a suo padre. “È meglio che uno degli arabi non stia dietro al’autista – suggerisce– perché la polizia non va da chi è seduto accanto al guidatore ma chiede direttamente a chi sta dietro. E se lì c’è uno che parla italiano non controllano tutti”. Consiglio accettato dalla troupe che schernisce il giovane rapper: “ragioni proprio come un contrabbandiere, hai un futuro”, gli dicono in coro.

Da Nancy a Malmo il viaggio del corteo fila liscio. Dopo aver attraversato il Lussemburgo i 23 partecipanti al corteo arrivano a Bochum, in una vecchia cascina di campagna in Germania, dove ad aspettarli c’è un poeta siriano amico di uno degli autori, Khaled Soliman Al Nassiry. La serata, spezzata la tensione del viaggio, continua tra racconti, letture di poesie e canti. Il corteo riparte poi il giorno seguente in direzione Copenaghen, dove con un treno, i finti sposi e  i relativi invitati, raggiungono la meta: la Svezia. “Arrivati a Malmo ci siamo sciolti tutti in abbracci e pianti liberatori, – racconta ancora Del Grande – E’ incredibile come si sia creato uno spirito di condivisione così forte anche a fronte di un rischio per tutti molto alto. Ma forse è proprio questo rischio che ci ha unito, in un rapporto di fiducia quasi inspiegabile, ma che al tempo stesso ci ha permesso di realizzare questo progetto così importante”. Io sto con la sposa è un film totalmente autoprodotto. Per sostenere il progetto gli autori hanno lanciato un crowdfunding e in una settimana hanno già raccolto 24.500 euro grazie all’aiuto di 800 donatori. I soldi raccolti finora serviranno a coprire le spese di viaggio, il noleggio di 3 telecamere Canon, ottiche, radiomicrofoni e il salario dell’intera troupe. (ec) 

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